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ROMA - La cancellazione e il rinvio delle nozze a causa dell’emergenza covid nel 2020 ha provocato un crack di almeno 5 miliardi di euro, dai fiori alla tavola. E’ quanto stima la Coldiretti nel sottolineare che nell’anno della pandemia i matrimoni sono in calo del 50,3% a fronte dei 170mila celebrati nei primi dieci mesi del 2019 secondo i dati provvisori dell’Istat. La crisi generata dal Covid 19 – sottolinea la Coldiretti – ha stravolto i programmi di promessi sposi e famiglie e azzoppato i bilanci delle aziende: dal catering alla fotografia, dai trasporti al fiori, dai viaggi all’abbigliamento, dal trucco alle acconciature, dall’immobiliare fino alla vigilanza privata.
Prima il lockdown e poi l’incertezza sulla diffusione della pandemia hanno costretto le coppie pronte a convolare a nozze – continua Coldiretti – a contrattare rimborsi o voucher per riorganizzare il pronunciamento del fatidico sì. A rischio sono oltre un milione di lavoratori diretti ed indiretti impegnati nei settori collegati. Un settore che vede – precisa la Coldiretti – l’Italia all’avanguardia a livello internazionale con un elevato numero di stranieri che sceglieva proprio il Belpaese per celebrare l’esclusivo evento.
La presenza di ambientazioni uniche e l’alto livello dell’offerta enogastronomica rappresentano i fattori di successo del wedding Made in Italy insieme alla creatività organizzativa che condizionano le scelte dei futuri sposi. L’ultima tendenza nel Belpaese è quella dei matrimoni green con scelte sostenibili che vanno dalla location in campagna ai menu a chilometri zero con prodotti esclusivamente locali, dalle agribomboniere lavorate con lana di pecora o decorate con spighe alla torta nuziale della nonna fino agli addobbi floreali con essenze locali e al ritorno delle carrozze trainate dai cavalli con una spesa media che oscilla fra i 30 e i 60mila euro per il pacchetto completo del “giorno più bello”.
Proprio per questo – conclude la Coldiretti – oltre alle attività specializzate come gli abiti e accessori, i settori che hanno pagato il prezzo più alto all’emergenza sono quelli dell’agriturismo con le 24mila strutture presenti nel belpaese ma anche il florovivaismo con 27mila imprese.
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