VITTORIO POLITO – Il 6 dicembre 1517, ricorrenza di San Nicola patrono di Bari, si sposa a Napoli, per procura, Bona Sforza, duchessa di Bari. Per l’occasione indossava un manto di raso turchino veneziano, cosparso di api d’oro e perle, mentre sessanta bellissimi cavalli con gualdrappe bianche e nere condotti da palafrenieri aprivano il corteo, seguiti da 18 carri carichi di casse contenenti il corredo della duchessa, scortati da 12 paggi a cavallo di corsieri di razza e ginnetti (cavalli di razza) spagnoli. Infine seguivano sessanta cavalieri e gentiluomini fra dignitari di corte, tra i quali il duca d’Atri, Fabrizio Colonna, Don Ferrante d’Avalos, il Viceré Don Raimondo de Cordova e la duchessa con abito intessuto d’oro e ornata di preziosi ricami raffiguranti palme augurali.
Ma cosa contenevano quelle casse? Un cronista dell’epoca, Giuliano Passero, rivelò sul “Giornale” sul quale scriveva, che in esse erano custodite: 20 paia di lenzuola, quasi tutte in tela d’Olanda finemente ricamate; 23 “sprovieri” o cuscini; 18 coltri e 2 “avanti letto”; 105 camicie, delle quali 30 per la notte di cui 19 riservate al re insieme a sei “pettenaturi” (camici usati per pettinarsi); 36 “scuffie” da notte, ed altre 60 “scuffie” erano riservate per la regina; 120 “moccaturi” o fazzoletti. Gonnelle” o abiti erano elencati secondo il tipo di tessuto o degli ornamenti e 61 cappellini o “barrette”. Al corredo non mancavano arazzi, tendaggi, paramenti vari per abbellire le stanze ed arredi per la cappella. Tra questi ultimi v’era un secchiello in argento per l’acqua santa, l’incensiere (o turibolo), un messale miniato in oro e ricoperto di velluto. Non mancavano neanche boccali, bacili, tazze, brocche, saliere, candelieri, 64 tovaglie ricamate. Infine, nobili e gentiluomini invitati alle nozze regali, deposero su 15 piatti i propri doni di nozze, consistenti in ducati d’oro, ma molti di questi risultarono “falsi et contraffatti”, nonostante la nobiltà degli offerenti.
La maggior parte dei cibi si ispirarono alle vivande tipiche della cucina pugliese preferita da Bona. Furono portate a tavola anche “pizze fiorentine, paonazze, bianche e sfogliate”. Queste ultime in realtà erano “lasagne verdi”, tipiche di Taranto, fatte di farina, lattuga tritata, grasso di maiale e pepe, le “nevole con procassa”, cioè le nostre cartellate, ricoperte di cannella, zucchero a velo e mandorle. Tra una portata e l’altra tutti gli ospiti potevano intingere le dita in “acqua di buono odore”, dal momento che si mangiava principalmente con le mani, era quindi necessario pulirle.
Ma cosa contenevano quelle casse? Un cronista dell’epoca, Giuliano Passero, rivelò sul “Giornale” sul quale scriveva, che in esse erano custodite: 20 paia di lenzuola, quasi tutte in tela d’Olanda finemente ricamate; 23 “sprovieri” o cuscini; 18 coltri e 2 “avanti letto”; 105 camicie, delle quali 30 per la notte di cui 19 riservate al re insieme a sei “pettenaturi” (camici usati per pettinarsi); 36 “scuffie” da notte, ed altre 60 “scuffie” erano riservate per la regina; 120 “moccaturi” o fazzoletti. Gonnelle” o abiti erano elencati secondo il tipo di tessuto o degli ornamenti e 61 cappellini o “barrette”. Al corredo non mancavano arazzi, tendaggi, paramenti vari per abbellire le stanze ed arredi per la cappella. Tra questi ultimi v’era un secchiello in argento per l’acqua santa, l’incensiere (o turibolo), un messale miniato in oro e ricoperto di velluto. Non mancavano neanche boccali, bacili, tazze, brocche, saliere, candelieri, 64 tovaglie ricamate. Infine, nobili e gentiluomini invitati alle nozze regali, deposero su 15 piatti i propri doni di nozze, consistenti in ducati d’oro, ma molti di questi risultarono “falsi et contraffatti”, nonostante la nobiltà degli offerenti.
Il solenne pranzo nuziale durò ben 9 ore e fu di un’opulenza memorabile, ben 26 portate furono servite ai commensali, intervallate da spettacoli allegorici, nel seguente ordine: Pinoli in gelatina (un dolce composto di pinoli, farina e zucchero), Insalata di erbe, Bollito con mostarda, Coppi (?) di piccioni, Arrosto, Pizze sfogliate, Bollito selvaggio alla ungherese, Pasticci di carne, Pavoni in salsa, Pizze fiorentine, Arrosto selvaggio e strangolapreti (i nostri cavatelli o megneuìcchie), Pastidelle (?) di carne, Zuppa nauma (?), Arrosto di fagiani, Almongiavare (torte ripiena di tuorli d’uovo battuti con zucchero), Capponi ricoperti, Pizze bianche, Conigli in salamoia, Guanti (?), Starne, Pasticci di cotogne, Pizze paonazze, Paste allo zucchero, Tartelle, Castagne di zucchero, Confetti.
La maggior parte dei cibi si ispirarono alle vivande tipiche della cucina pugliese preferita da Bona. Furono portate a tavola anche “pizze fiorentine, paonazze, bianche e sfogliate”. Queste ultime in realtà erano “lasagne verdi”, tipiche di Taranto, fatte di farina, lattuga tritata, grasso di maiale e pepe, le “nevole con procassa”, cioè le nostre cartellate, ricoperte di cannella, zucchero a velo e mandorle. Tra una portata e l’altra tutti gli ospiti potevano intingere le dita in “acqua di buono odore”, dal momento che si mangiava principalmente con le mani, era quindi necessario pulirle.
Tags
Bari