MASSIMO FERSINI* - E’ il terzo Governo in meno di tre anni di legislatura. Non è così insolito per il nostro paese, abbiamo avuto numeri ben più critici in passato, ma l’intervento di un nuovo tecnico, quando è ancora vivo e indelebile in noi il ricordo di Mario Monti, ci porta ragionevolmente a dichiarare la sconfitta della politica italiana e dei suoi rappresentanti.
Dichiarare il fallimento della politica italiana è un argomento che appartiene a tutti noi italiani, sin da quando portavamo i calzoncini corti. Non ricordo periodi in cui al bar, in piazza e in ogni luogo, non abbiamo sentenziato almeno una volta il fallimento della politica italiana; è quasi come parlare di calcio e di donne, o al contrario di uomini. E allora nulla di nuovo. Ma la strada che ha portato al governo di Mario Draghi, ha una origine ben precisa che si è evoluta via via in questi anni di legislatura. Nasce nel 2019, causata dal fallimento della Lega all’avvio della Terza Repubblica.
Il governo cinque Stelle-Lega era stata la conseguente risposta alle indicazioni emerse dal voto del Marzo 2018, in cui i cittadini avevano indicato fortemente i due partiti, con la speranza di mettersi definitivamente alle spalle i disastri della Seconda Repubblica. Scelta che non era dispiaciuta affatto agli italiani e dopo soli otto, nove mesi di governo, si arrivò a parlare addirittura di una riduzione del debito pubblico di circa sette, otto miliardi. Questo fu reso possibile perché venne arginata la corruzione e il “rubare”. Poi l’introduzione del Reddito di Cittadinanza e Quota100 hanno immesso soldi nelle tasche dei cittadini e liberato posti di lavoro, dando speranza a giovani e disoccupati.
Per ultimo, condizione ancora più importante, si era creato un certo “entusiasmo” che in Italia non si vedeva dalla metà degli anni ’80. E come spiegano i migliori economisti, l’entusiasmo è una condizione necessaria per far crescere i numeri dell’economia, perché genera vivacità, voglia di fare, intraprendenza, investimenti, slancio… Insomma gli italiani pensavano davvero di essere entrati in una nuova fase; la Terza Repubblica. Purtroppo ciò non era nei piani di Salvini che insieme agli amici del centro destra volevano ritornare alle logiche della seconda Repubblica, vale a dire; spartizione degli appalti, corruzione, clientelismo, tutti quegli ingredienti che con la complicità del sinistrismo (per sinistrismo intendo la sinistra che negli anni si è resa protagonista senza scrupoli del malaffare) avevano fatto sprofondare l’Italia nella voragine di 2.500 miliardi di deficit.
Abortire sul nascere la Terza Repubblica è stato il peccato originale della Lega mai purificato, che ha innescato tutta una serie di storture nei mesi a venire.
La nascita del governo successivo tra Cinque Stelle e centro sinistra, non ha goduto di alcun entusiasmo da parte dei cittadini, ne della stampa, e le liti interne ai partiti non hanno certo aiutato. Allontanamenti e espulsioni da una parte, e contrasti in seno alle correnti dall’altro, hanno oscurato sempre di più i buoni propositi. Tuttavia il lavoro di Conte è stato ammirevole nel mantenere in vita la speranza di un progetto politico credibile. Difatti la popolarità del governo non è mai stata messa in discussione. Popolarità che è aumentata maggiormente con la scissione di Renzi, che è stato un evento determinante nella buona e cattiva sorte per il futuro del PD. Da una parte ha aperto la fase di crisi che si è conclusa con la caduta del governo, dall’altra, il Partito Democratico senza Renzi ha potuto ricostruire la propria immagine dopo gli anni del Sinistrismo. Lo dimostra il fatto che non ha mai perso consenso, semmai lo ha incrementato. Tutto questo è avvenuto in pochi mesi, poi è scoppiata la pandemia e sono saltati tutti i piani del governo e dell’Italia intera.
Ma non possiamo certo attribuire al Coronavirus la causa di quanto è accaduto nelle ultime settimane, bensì nel periodo di crisi pandemica sono esplose le idiosincrasie tra Renzi e il governo Conte a cui si sono aggiunte le ruggini mai risolte tra Conte e la Lega dopo la conclusione del loro governo; è ancora vivo il ricordo di Salvini bacchettato come uno scolaretto sui banchi del Parlamento. Lo stesso Renzi non sopportava più l’idea di essere spodestato come leader del centro sinistra da uno sconosciuto.
Ora tutti acclamano Renzi come vincitore. Io non ne sarei così certo. Come non ne sono usciti vincitori nemmeno Salvini e Berlusconi che hanno tacitamente incoraggiato Renzi.
“Non ne sono usciti vincitori perché hanno fatto i conti senza l’oste”; cioè il capo dello Stato. Il Presidente Mattarella non ha mai sopportato la crisi di governo innescata da Renzi in pieno di una crisi pandemica, economica e sociale come lui stesso le ha definite. In cuor suo sperava che si potesse risolvere tutto con l’aiuto di Forza Italia o qualcuno di loro. Così non è stato. Ma ciò che ha fatto perdere la pazienza al Presidente è stato il gioco messo in atto da Berlusconi e Renzi, che forti della convinzione che il Presidente aveva confidato loro di non indire elezioni, hanno pensato bene di coalizzarsi e bloccare la risoluzione della crisi. Da una parte Berlusconi ha impedito ai suoi di andare in soccorso a Conte, e Renzi ha aumentato sempre di più la posta, sapendo che le sue richieste erano inaccettabili. Inevitabilmente Mattarella ha aperto la strada al nuovo esecutivo.
La composizione del governo fatta da Draghi ci fa comprendere come Renzi e Berlusconi siano stati defilati ai margini del nuovo governo. A Forza Italia ha concesso tre ministeri senza portafoglio, a tre personalità che non erano tra quelle prescelte da Berlusconi e ciò lo ha infastidito molto. Di Renzi e del suo partito Italia Viva, nessuno si è accorto che è nella squadra di governo.
Non possiamo pensare che si sia trattata di una punizione da parte del capo dello Stato, tuttavia sono stati relegati a ruoli marginali nei limiti della convivenza democratica, necessaria alla formazione del governo.
Draghi ha preso subito la palla al balzo per tenere il più lontano possibile gli artefici del patto del Nazareno; sogno mai sopito dei due protagonisti, che non sono in nessun modo riusciti ad accettare la sonora sconfitta elettorale arrivata nel 2018. L’attacco di Renzi al Governo Conte e ai cinque stelle, e col Pd oramai sempre più distante, è stato un atto di rivalsa, una vendetta covata nel tempo. Tutto nasce da idiosincrasie personali, non da contenuti politici. Ad una analisi più attenta, il Governo Draghi non si discosta molto dal precedente. Rispetta pienamente le linee di Bruxelles che erano già tracciate da Conte. Il ruolo deIl’Europa è oramai sempre più determinante nelle scelte del nostro paese. L’Italia è completamente assoggettata all’Europa, pertanto o c’è Draghi o Conte o pincopallino, le linee di indirizzo sono sempre le stesse. Lo vediamo dai programmi che trapelano da questo governo che sono sostanzialmente gli stessi del precedente, suggellato dalla riconferma di nove ministri. Ciò dimostra che il governo Ursula tanto acclamato dai vari Renzi, Calenda, Bonino, Tajani… era già presente. Probabilmente dimenticavano che Ursula von der Leyen è diventata Presidente della Commissione Europea grazie ai voti dei cinque stelle e alla serietà e la fiducia che l’ex premier si era guadagnato nei suoi confronti.
Parlare di vincitori e vinti in questo governo è pura vanagloria. Al contrario gode di molto affiatamento la ditta “Draghi, Mattarella”. All’apertura del sipario hanno presentato alla ribalta del nuovo governo, i due attori feticcio; Daniele Franco all’economia e Marta Cartabia alla Giustizia. I due Ministeri che evidenziano maggiori novità. Il resto è una distribuzione equilibrata tra cinque Stelle e Centrosinistra in base alle loro richieste. Per ultimo sono stati creati ex novo due Ministeri “immagine”, (turismo e disabilità) per regalare due poltrone in più alla Lega. Dell’amico e stratega Giorgetti, Salvini sciorina frasi di encomio al limite dell’imbarazzo. Ma appare chiaro come sia stato incastonato e tenuto sotto tiro di colt dal Ministro Franco e lo stesso premier che non gli faranno fare un passo senza il loro placet.
L’obiettivo di costituire un governo dichiaratamente Europeista, sotto l’egida di Bruxelles è stato raggiunto. Il ruolo di Mario Draghi presenta i contorni di un alto Commissario blu stellato, sotto le cui vesti nasconde il fodero di una colt 45. Poche parole, pochi gesti. Dall’aspetto un po’ intellettuale, un po’ sceriffo. Dalla caratura dell’uomo solo al comando e fedeli gregari. Ma la domanda nasce spontanea; Per quanto tempo riusciranno i nostri eroi della politica a stare seduti al tavolo ecumenico del “facciamo il bene per l’Italia”? E poi, di questi eroi, chi sono i veri “amici” del nuovo Presidente? E’ difficile trovare una risposta. Lo scopriremo all’arrivo delle prime rondini di primavera; se la ditta “Draghi – Mattarella”, sarà ancora in grado di mantenere l’autorevolezza che ha dimostrato in questa fase.
Si ha la sensazione che le mire di mettere le mani sui soldi del Recovery Found da parte dei soliti noti siano state subito freddate. E’ difficile credere che Draghi stia al gioco dei partiti nella spartizione dei danari. E’ sotto l’occhio vigile dell’Europa che ha già delineato il perimetro di investimento dei soldi. I ritardi e la mancanza di competenze nel delineare il Recovery Plan, erano tutte sciocchezze. La verità è che col governo precedente tutti volevano la loro fetta di torta. Un film già visto; cani sciolti a depredare l’ovile. Ma a differenza di quanto avveniva nella seconda Repubblica, l’Europa oggi chiede più controlli negli investimenti. La scure del nord Europa incombe su di noi. A questo punto Draghi sarà accondiscendente alle lusinghe dei suoi “amici italiani”, o rispetterà fedelmente il ruolo di Commissario di Bruxelles? In questo momento il ruolo di “Arlecchino servitore di due padroni” sarebbe alquanto improvvido e scellerato.
* Regista e docente
Abortire sul nascere la Terza Repubblica è stato il peccato originale della Lega mai purificato, che ha innescato tutta una serie di storture nei mesi a venire.
La nascita del governo successivo tra Cinque Stelle e centro sinistra, non ha goduto di alcun entusiasmo da parte dei cittadini, ne della stampa, e le liti interne ai partiti non hanno certo aiutato. Allontanamenti e espulsioni da una parte, e contrasti in seno alle correnti dall’altro, hanno oscurato sempre di più i buoni propositi. Tuttavia il lavoro di Conte è stato ammirevole nel mantenere in vita la speranza di un progetto politico credibile. Difatti la popolarità del governo non è mai stata messa in discussione. Popolarità che è aumentata maggiormente con la scissione di Renzi, che è stato un evento determinante nella buona e cattiva sorte per il futuro del PD. Da una parte ha aperto la fase di crisi che si è conclusa con la caduta del governo, dall’altra, il Partito Democratico senza Renzi ha potuto ricostruire la propria immagine dopo gli anni del Sinistrismo. Lo dimostra il fatto che non ha mai perso consenso, semmai lo ha incrementato. Tutto questo è avvenuto in pochi mesi, poi è scoppiata la pandemia e sono saltati tutti i piani del governo e dell’Italia intera.
Ma non possiamo certo attribuire al Coronavirus la causa di quanto è accaduto nelle ultime settimane, bensì nel periodo di crisi pandemica sono esplose le idiosincrasie tra Renzi e il governo Conte a cui si sono aggiunte le ruggini mai risolte tra Conte e la Lega dopo la conclusione del loro governo; è ancora vivo il ricordo di Salvini bacchettato come uno scolaretto sui banchi del Parlamento. Lo stesso Renzi non sopportava più l’idea di essere spodestato come leader del centro sinistra da uno sconosciuto.
Ora tutti acclamano Renzi come vincitore. Io non ne sarei così certo. Come non ne sono usciti vincitori nemmeno Salvini e Berlusconi che hanno tacitamente incoraggiato Renzi.
“Non ne sono usciti vincitori perché hanno fatto i conti senza l’oste”; cioè il capo dello Stato. Il Presidente Mattarella non ha mai sopportato la crisi di governo innescata da Renzi in pieno di una crisi pandemica, economica e sociale come lui stesso le ha definite. In cuor suo sperava che si potesse risolvere tutto con l’aiuto di Forza Italia o qualcuno di loro. Così non è stato. Ma ciò che ha fatto perdere la pazienza al Presidente è stato il gioco messo in atto da Berlusconi e Renzi, che forti della convinzione che il Presidente aveva confidato loro di non indire elezioni, hanno pensato bene di coalizzarsi e bloccare la risoluzione della crisi. Da una parte Berlusconi ha impedito ai suoi di andare in soccorso a Conte, e Renzi ha aumentato sempre di più la posta, sapendo che le sue richieste erano inaccettabili. Inevitabilmente Mattarella ha aperto la strada al nuovo esecutivo.
La composizione del governo fatta da Draghi ci fa comprendere come Renzi e Berlusconi siano stati defilati ai margini del nuovo governo. A Forza Italia ha concesso tre ministeri senza portafoglio, a tre personalità che non erano tra quelle prescelte da Berlusconi e ciò lo ha infastidito molto. Di Renzi e del suo partito Italia Viva, nessuno si è accorto che è nella squadra di governo.
Non possiamo pensare che si sia trattata di una punizione da parte del capo dello Stato, tuttavia sono stati relegati a ruoli marginali nei limiti della convivenza democratica, necessaria alla formazione del governo.
Draghi ha preso subito la palla al balzo per tenere il più lontano possibile gli artefici del patto del Nazareno; sogno mai sopito dei due protagonisti, che non sono in nessun modo riusciti ad accettare la sonora sconfitta elettorale arrivata nel 2018. L’attacco di Renzi al Governo Conte e ai cinque stelle, e col Pd oramai sempre più distante, è stato un atto di rivalsa, una vendetta covata nel tempo. Tutto nasce da idiosincrasie personali, non da contenuti politici. Ad una analisi più attenta, il Governo Draghi non si discosta molto dal precedente. Rispetta pienamente le linee di Bruxelles che erano già tracciate da Conte. Il ruolo deIl’Europa è oramai sempre più determinante nelle scelte del nostro paese. L’Italia è completamente assoggettata all’Europa, pertanto o c’è Draghi o Conte o pincopallino, le linee di indirizzo sono sempre le stesse. Lo vediamo dai programmi che trapelano da questo governo che sono sostanzialmente gli stessi del precedente, suggellato dalla riconferma di nove ministri. Ciò dimostra che il governo Ursula tanto acclamato dai vari Renzi, Calenda, Bonino, Tajani… era già presente. Probabilmente dimenticavano che Ursula von der Leyen è diventata Presidente della Commissione Europea grazie ai voti dei cinque stelle e alla serietà e la fiducia che l’ex premier si era guadagnato nei suoi confronti.
Parlare di vincitori e vinti in questo governo è pura vanagloria. Al contrario gode di molto affiatamento la ditta “Draghi, Mattarella”. All’apertura del sipario hanno presentato alla ribalta del nuovo governo, i due attori feticcio; Daniele Franco all’economia e Marta Cartabia alla Giustizia. I due Ministeri che evidenziano maggiori novità. Il resto è una distribuzione equilibrata tra cinque Stelle e Centrosinistra in base alle loro richieste. Per ultimo sono stati creati ex novo due Ministeri “immagine”, (turismo e disabilità) per regalare due poltrone in più alla Lega. Dell’amico e stratega Giorgetti, Salvini sciorina frasi di encomio al limite dell’imbarazzo. Ma appare chiaro come sia stato incastonato e tenuto sotto tiro di colt dal Ministro Franco e lo stesso premier che non gli faranno fare un passo senza il loro placet.
L’obiettivo di costituire un governo dichiaratamente Europeista, sotto l’egida di Bruxelles è stato raggiunto. Il ruolo di Mario Draghi presenta i contorni di un alto Commissario blu stellato, sotto le cui vesti nasconde il fodero di una colt 45. Poche parole, pochi gesti. Dall’aspetto un po’ intellettuale, un po’ sceriffo. Dalla caratura dell’uomo solo al comando e fedeli gregari. Ma la domanda nasce spontanea; Per quanto tempo riusciranno i nostri eroi della politica a stare seduti al tavolo ecumenico del “facciamo il bene per l’Italia”? E poi, di questi eroi, chi sono i veri “amici” del nuovo Presidente? E’ difficile trovare una risposta. Lo scopriremo all’arrivo delle prime rondini di primavera; se la ditta “Draghi – Mattarella”, sarà ancora in grado di mantenere l’autorevolezza che ha dimostrato in questa fase.
Si ha la sensazione che le mire di mettere le mani sui soldi del Recovery Found da parte dei soliti noti siano state subito freddate. E’ difficile credere che Draghi stia al gioco dei partiti nella spartizione dei danari. E’ sotto l’occhio vigile dell’Europa che ha già delineato il perimetro di investimento dei soldi. I ritardi e la mancanza di competenze nel delineare il Recovery Plan, erano tutte sciocchezze. La verità è che col governo precedente tutti volevano la loro fetta di torta. Un film già visto; cani sciolti a depredare l’ovile. Ma a differenza di quanto avveniva nella seconda Repubblica, l’Europa oggi chiede più controlli negli investimenti. La scure del nord Europa incombe su di noi. A questo punto Draghi sarà accondiscendente alle lusinghe dei suoi “amici italiani”, o rispetterà fedelmente il ruolo di Commissario di Bruxelles? In questo momento il ruolo di “Arlecchino servitore di due padroni” sarebbe alquanto improvvido e scellerato.
* Regista e docente