Santa Fizzarotti Selvaggi (intervista): "La parola evangelica lenisce la sofferenza"
PIERO CHIMENTI - Ospite del Giornale di Puglia è la scrittrice e poetessa, nonché psicologa-psicoterapeuta Santa Fizzarotti Selvaggi, ideatrice e curatrice di mostre d'arte contemporanea in tutto il mondo e che in passato ha avuto tra le sue collaborazioni anche quella con la Rai ed altre emittenti locali. La professionista barese ha pubblicato in questo anno particolare un libro dal titolo: 'Il Sogno di Dio - Da Eva a Maria', che offre al lettore la visione francescana della vita, in quanto secondo la Fizzarrotti la parola evangelica lenisce le sofferenza dell'esistere.
Nelle riflessioni della Fizzarotti, non poteva mancare un pensiero sul lockdown che in questi mesi ha distrutto i rapporti sociali, facendo aumentare soprattutto tra i giovani casi di depressione. Per venire fuori da questa situazione la scrittrice chiama all'appello il ruolo genitoriale, allo scopo di "insegnare a vivere creativamente".
A conclusione della nostra intervista la Fizzarotti, che è anche esperta degli aspetti psicologici e culturali della donazioni degli organi, ha voluto esprimere la sua opinione sul poco lodevole 14° posto della Puglia nella classifica della donazione degli organi.
Il tuo ultimo libro si chiama 'Il Sogno di Dio'. Com'è nato questo progetto?
"Ritengo che non ci sia niente di più straordinario della parola evangelica che lenisce la sofferenza dell’esistere in quanto tale. Dio dall’impronunciabile Nome è per me Luce e Tenebre, Caos e Armonia perché l’Armonia nasce dalle infinite combinazioni del Caos. Nel corso della mia vita ho esperito che quando si ama l’Altissimo si ama ogni aspetto dell' essere umano. E attraverso l’Imitatio Khristi si può tendere ad Agape pur nelle inevitabili difficoltà della vita. Penso che siamo tutti vicini a Dio, tutti, ognuno Lo chiama vuole. Io Lo chiamo il Creatore come Lo chiamava mio padre. Questo mio recente lavoro ha radici antiche perché mia mamma, Carmelina, e mia zia, Tina, avevano una fede incrollabile e una grande devozione a Nostra Signora del Carmelo tanto da dedicare il giardino avito di fine ottocento alla Madonna del Carmelo. Ho vissuto molte straordinarie esperienze negli anni della giovinezza trascorsi dapprima con le Suore della Beata Maria De Mattias, in seguito con i padri Gesuiti ai quali devo le grandi riflessioni sullo Spirito Santo. Ma fu una crisi profonda che mi avvicinò alla spiritualità francescana. Invero fu un giovane Frate cappuccino padre Diego Pedone che mi ha fatto vivere i Sacri Testi in modo palpitante. E riflettendo nel silenzio del giardino ho immaginato che il Signore Dio, quando ha creato gli universi stava sognando di poter essere visto e conosciuto nel Suo splendore da tutti gli esseri viventi, Sue creature. In questo Suo sogno c’erano Eva e Maria: i due aspetti della femminilità: e anche il Suo aspetto materno. Dal “No” di Eva al “Si” di Maria e tramite questo incondizionato “Si” la nostra salvezza dalla morte eterna e la possibilità di vederLo attraverso il Figlio, come scrive Giovanni. Non trova che è meraviglioso e che in questo senso la vita è un dono?".
Il libro 'Il Sogno di Dio' è un'opera dedicata a Padre Diego Pedone. Come mai l'esigenza di dedicargli un romanzo a 10 anni dalla sua scomparsa?
"Con padre Diego ho dialogato per circa trenta anni tutte le sere riflettendo sui Vangeli e su parti della Bibbia, sul ruolo femminile e le donne nella Bibbia. Mi ha insegnato il grande significato del profumo del nardo e facilitato diverse mie pubblicazioni come per esempio "Lungo la via del nardo. Verso Gerusalemme” (2010) sempre con Schena editore, dopo un mio pellegrinaggio in Terra Santa guidato dal SE.Mons. Cosimo Ruppi e organizzato dal prof. Filippo Maria Boscia, Presidente Medici Cattolici e mio amico di tutta la vita con il quale ho condiviso molti anni di formazione.
Padre Diego mi ha sempre dato fiducia invitandomi a organizzare e curare concerti per i bimbi in stato di fragilità, seminari di studio e formazione oltre ad approfondimenti su varie tematiche; mi ha sempre sostenuto e guidato. Ha officiato il rito canonico del mio matrimonio nel Santuario di Santa Fara. Insieme abbiamo organizzato un punto di preghiera presso la mia abitazione. A dieci anni dal suo transito in Cielo ho sentito di dedicare a lui questa piccola raccolta di pensieri scaturiti dal dialogo con padre Alfredo Marchello che ringrazio per non aver interrotto questo mio afflato nei confronti delle Sacre Scritture, della visione francescana della vita in cui ogni creatura è parte del grande meraviglioso mosaico dell’esistenza. Così come sono grata a S.E. R. Mons. Nicola Girasoli, Nunzio Apostolico nel Perù al quale devo una costante attenzione alla mia vita spirituale, a padre Mariano Bubbico, Frate cappuccino, che sempre ha condiviso con grande generosità le mie proposte, accompagnandomi sempre nei vari percorsi culturali con grande entusiasmo. Padre Mariano non mi ha mai lasciata nella solitudine intensa esperita dopo la dipartita della mamma e della zia Tina. Pensieri grati vanno a Padre Giovanni Distante, Priore della Basilica di San Nicola, per la generosa disponibilità".
Nel Congresso nazionale della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia è stato sottolineato che il Covid ha portato all'aumento della depressione a causa del lockdown. Come si può fronteggiare questo pericolo?
"E’ profondamente vero quanto affermato in ambito del Congresso nazionale della Società Italiana di Neuropsico-Farmacologia, è molto aumentato il consumo di psicofarmaci che in questo caso si pongono come protesi comunicativa. La chiusura forzata (mi rifiuto di usare il temine inglese ), e cioè una sorta di detenzione ha in molte persone lasciato affiorare problemi irrisolti e rimossi, colpe immaginarie da espiare e così via… Ci si è trovati da soli dinanzi a se stessi scoprendo una immagine di sé a volte difficile da riconoscere e accettare. Il mondo virtuale ha facilitato lo stato depressivo poiché molte persone, a causa di una istituzione scolastica spesso convergente con i sistemi dominanti e lobby economiche e di potere che tendono a indurre al consumismo più bieco, al pensiero unico, meglio dire binario si sono ritrovate senza risorse interne, con un senso lacerante di impotenza, forse quella “impotenza“ esperita durante i primi anni di vita, in una condizione di angosciante assoluta dipendenza. La famiglia, inutile negare, è cambiata: oscilla tra l’essere nucleare (padre madre figli) e non già patriarcale con la presenza di nonni e zie, e l’essere allargata, come si suol, dire, con tutti i pericoli connessi ma non è questa la sede per discuterne. E' sufficiente rileggere accuratamente la straordinaria tragedia di Euripide: “Medea“. Che fare? Urge ripensare le istituzioni formative e i ruoli genitoriali, gli unici in grado di insegnare a vivere creativamente, in piena autonomia senza protesi alcuna…".
Chi salverà il mondo dal Covid: l'Arte o la Psicologia?
"Bisogna essere chiari e non enfatizzare né l’arte né tanto meno la psicologia, che è solo una delle chiavi interpretative della realtà, una striscia sul mantello di zebra… Ciò che sembra utile è mutare ottica: formare le giovani generazioni a sviluppare il pensiero creativo e divergente".
Tra i tuoi interessi ci sono gli aspetti psicologici e culturali della donazioni degli organi. Cosa c'è da fare in Puglia, ferma al 14° posto per la dichiarazione di volontà sulla donazione degli organi e dei tessuti?
"Si, è vero mi sono sempre occupata della educazione alla cultura della Donazione di organi sin dagli anni Novanta quando nel Policlinico ricominciò l’attività trapiantologica. Mio marito, Francesco Paolo Selvaggi, come si sa è un pioniere nell’Italia meridionale dei Trapianti di rene (oltre 1000 trapianti effettuati) e in quel tempo mi accorsi delle difficoltà a donare da parte delle persone in genere e anche delle resistenze in altri ambiti di alcuni anestetisti rianimatori: vere opposizioni. Ho scritto molti saggi in materia, effettuato ricerche e formato operatori: ma ancor oggi l’opposizione non cede il posto alla generosità che vuol dire anche generatività (i due termini non a caso hanno la stessa radice).
Ovviamente esistono motivazioni serie che andrebbero considerate e soprattutto rispettate: la paura della morte, della perdita della propria identità, della dispersione degli organi… tutte motivazioni di assoluto rispetto. Il dono degli organi è valido solo ed esclusivamente se è libero e fatto in piena coscienza, altrimenti il tutto può risultare manipolatorio. Il che vale anche e soprattutto per i cosiddetti trapianti Cross over che, invero, mi lasciano perplessa. Andrebbero formati, come più volte ho detto i medici di base al discorso della giusta informazione ed educazione delle famiglie alla cultura del dono libero e consapevole. Avevo proposto, come Vice presidente della Associazione Crocerossine d’Italia Onlus sezione di Bari, la cui responsabile e’ la signora Grazia Andidero, al prof. Loreto Gesualdo, che con grande impegno coordina il Centro Regionale di Riferimento Trapianti di Organo, non solo iter formativi ma una stele o un obelisco dinanzi al Policlinico sulla quale poter scrivere soltanto i nomi (non il cognome) di coloro che generosamente hanno donato parte di sé, come simbolico segno di gratitudine. Non si dice grazie a chi ci dona soltanto un fiore? E perché non farlo a chi consente ad un altro una vita nuova?".
Sei stata insignita di numerosi premi scientifici e letterari: non senti mai un certo senso di appagamento nel tuo lavoro? Cosa ti spinge a dare sempre il massimo in tutto ciò che fai?
"Invero io sento di non sapere mai nulla e di essere poca cosa dinanzi alla conoscenza. Non sono mai paga: voglio conoscere sempre di più tutto ciò che mi circonda a cominciare da me stessa. Sono estremamente curiosa.
Sono grata per i premi e riconoscimenti ricevuti, e sono tanti, che mi spingono a fare sempre di più e meglio, ma ciò che amo in modo smisurato è la conoscenza. E sentendomi sempre poca cosa non uso mai alcun titolo accademico e ne ho diversi. Ma solo quando conosco e trovo e imparo cose nuove solo allora sono felice. D’altra parte Dante ci insegna che “fatti non foste a viver come bruti ma per seguire virtude e canoscenza”. Laddove virtude e’ intesa come Agape oltre che amore della conoscenza".
Sei stata insignita di numerosi premi scientifici e letterari: non senti mai un certo senso di appagamento nel tuo lavoro? Cosa ti spinge a dare sempre il massimo in tutto ciò che fai?
"Invero io sento di non sapere mai nulla e di essere poca cosa dinanzi alla conoscenza. Non sono mai paga: voglio conoscere sempre di più tutto ciò che mi circonda a cominciare da me stessa. Sono estremamente curiosa.
Sono grata per i premi e riconoscimenti ricevuti, e sono tanti, che mi spingono a fare sempre di più e meglio, ma ciò che amo in modo smisurato è la conoscenza. E sentendomi sempre poca cosa non uso mai alcun titolo accademico e ne ho diversi. Ma solo quando conosco e trovo e imparo cose nuove solo allora sono felice. D’altra parte Dante ci insegna che “fatti non foste a viver come bruti ma per seguire virtude e canoscenza”. Laddove virtude e’ intesa come Agape oltre che amore della conoscenza".
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