Autismo, Di Renzo: "Nostro approccio cerca di raggiungere bimbo nei suoi 'luoghi'"

ROMA - “L’autismo è la più grande sfida alle professioni di aiuto di qualunque genere perché mette in scacco sia la relazione che la comunicazione, i principali strumenti terapeutici. Per questo sono necessari altri strumenti per poter approdare ai luoghi del bambino”. A dirlo è Magda Di Renzo, responsabile del servizio Terapie dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), aprendo la prima lezione del nuovo corso su ‘Autismo, progetto riabilitativo Tartaruga-DERBBI’, realizzato dall'Istituto in collaborazione con la Fondazione MITE e il patrocinio della Società italiana di pediatria.

Un corso dedicato a psicologi, pediatri, neuropsichiatri infantili, logopedisti, psicomotricisti, educatori professionali, insegnanti di sostegno e curriculari, pedagogisti, operatori del settore e genitori con l’obiettivo di rendere accessibile l’approccio evolutivo a mediazione corporea DERBBI – Developmental, Emotional Regulation and Body-Based Intervention, creato dall’IdO 20 anni fa per il trattamento dell'autismo. Oltre 3.200 le visualizzazioni totalizzate dalla prima lezione (che è possibile rivedere a questo link: https://www.youtube.com/watch?v=_I20ZdJY2lA) segno dell’interesse che l'argomento riscuote sia nelle famiglie, sia negli operatori sanitari.

Un corso “non sull'autismo- precisa Di Renzo- ma con la finalità di spiegare la modalità operativa del modello adottato dall’IdO”. Tre i punti cardine dell'approccio: complessità del disturbo, approccio multidisciplinare, personalizzazione dell’intervento. “La metafora che da sempre abbiamo utilizzato per cercare di sottolineare l’importanza del processo individuale di ciascun bambino è quella di ‘raggiungerlo nei suoi luoghi’- evidenzia la psicoterapeuta- è una metafora che vuole sottolineare il fatto che ogni bambino vive in maniera individuale quella determinata tappa di sviluppo e che ricorda anche un altro concetto fondamentale e cioè che il bambino manifesta i sintomi che sono possibili in base alla sua tappa di sviluppo”. E’ un concetto questo che ha guidato in modo importante la costruzione del modello DERBBI. “Il sintomo ci segnala il tipo di disagio che il bambino vive ma a volte, spesso secondo la nostra esperienza,– sottolinea ancora Di Renzo- segnala anche la potenzialità di cui il bambino è portatore, perché il bimbo manifesta inconsciamente il suo disagio attraverso quelli che sono i suoi canali migliori”. Dunque per Di Renzo è fondamentale una “visione a tutto tondo della patologia e una visione della psicopatologia che si fondi su una profonda conoscenza delle varie tappe dello sviluppo”.

Dunque, non è un corso per esperti quello dell’IdO “ma un corso che parla di terapia e nel quale abbiamo voluto coinvolgere anche i genitori- sottolinea Federico Bianchi di Castelbianco, direttore dell’IdO- perché riteniamo fondamentale che siano informati sul modello che gli viene proposto, un modello che abbiamo chiamato ‘Tartaruga’ proprio per sottolineare quanto il percorso sia lento e faticoso, senza dare false speranze”. Sabato 20 marzo, dalle 9 alle 13.30, è in programma la seconda lezione. Si parlerà di linee evolutive e predittori soffermandosi, in particolare, sugli strumenti per l'individuazione quali il Test del Contagio Emotivo (TCE), l’Understanding of Intention (UOI) e il gioco simbolico. La capacità di comprendere le intenzioni altrui, la capacità di essere all’interno di un contagio emotivo (predittore dell’empatia) e la strutturazione del gioco simbolico sono, infatti, tre predittori che consentono di individuare quelle potenzialità che attraverso un intervento evolutivo relazionale fondato sulla dimensione affettivo-corporea com’è il DERBBI “ci permettono di auspicare prognosi migliori”, spiega in conclusione Di Renzo.

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