VITTORIO POLITO – Pasquale Sorrenti (1927-2003), è stato per lunghi anni animatore della vita culturale barese attraverso la sua storica libreria di Via Andrea da Bari, ritrovo di scrittori e intellettuali baresi.
Nel 1955 pubblica il primo opuscolo di liriche in dialetto barese “U mmìscke” (Laterza & Polo). Ha scritto una ventina di libri in lingua e in dialetto (alcuni dei quali in varie edizioni), trattando vari argomenti: storia, poesia, toponomastica, musicisti, bibliografie, romanzi e novelle. Non ha dimenticato neanche di dare un contributo ad una storia del futurismo attraverso uno dei suoi ultimi lavori “Il futurismo pugliese” (Levante), una pubblicazione accurata e completa, stimolante nel ricostruire epoche lontane seppur a noi così vicine. Non si è dimenticato neanche de “I Baresi” (Tipolitografia Mare), de “La Puglia e i suoi poeti dialettali” (De Tullio), e dei “Pittori, Scultori, Architetti e Artigiani Pugliesi dall’Antichità ai Nostri Giorni” (Levante). Pietro Marino che firma la presentazione, scrive: «Pasquale Sorrenti è da una vita un personaggio autentico di Bari. Il suo negozietto di libri usati è in realtà un vero covo della memoria, un piccolo tempio dei patrii lari. Ogni paese grande o piccolo ha i suoi cultori di storia: eruditi e appassionati custodi delle glorie della propria terra. È una tradizione che viene da lontano, sin dagli annalisti e cronisti medievali, e che ha consentito di non dissipare la trama che lega il passato e il presente di una comunità».
Egidio Pani così si esprime nella presentazione del libro di cui sopra: «Uomo di grande umanità, libraio (mestiere tenacemente amato con sapienza artigianale nell’epoca del libro usa-e-getta) Pasquale Sorrenti ha continuato a darci, senza stupirci, i suoi studi “segreti”: notturna e liberatoria passione che si fa “carta”, non più segreta ma leggibile e certa, di un incontenibile, popolare amore per l’arte».
Sorrenti è stato un uomo di successo per il semplice motivo che in oltre trent’anni di ricerche ha raccolto tanto materiale rendendo omaggio a tanta gente di “successo” che non pensava al “successo”. Mi riferisco alla pubblicazione “Pittori, scultori, architetti e artigiani pugliesi dall’antichità ai nostri giorni”, nel quale ha inserito migliaia di nomi di artisti e artigiani riportando per ciascuno date di nascita e di morte, note biografiche, opere realizzate ed anche alcune annotazioni bibliografiche. Inoltre ha riportato una sintetica storia delle arti in Puglia.
Franz Falanga (1933-2018), architetto e scrittore, in una lettera al quotidiano “Il Bari”, scriveva nel 2008 che «La sua libreria era diventata un cenacolo di appassionati di cultura che la frequentavano a qualsiasi ora. Un salto da Sorrenti non ce lo facevamo mai mancare, praticamente ogni giorno. Così ogni giorno si parlava di tutto, si circumnavigava l’esistenza. Gli amici di Sorrenti avevano la caratteristica di appartenere alle più diverse visioni della vita, mai che si alzasse la voce, mai che si uscisse con il muso lungo. La caratteristica più bella di questo grande episodio di civiltà era che la libreria era frequentata da padri e figli, io stesso ricordo mio padre come grande amico di Sorrenti. La cultura barese deve parecchio a questo signore mite e benevolo che aveva un sorriso per tutti».
E non va dimenticato neanche, tra i tanti, il suo libro di liriche in dialetto barese “Residui” (Schena), che si avvale della presentazione di Vito Carofiglio (1935-1996), francesista, poeta, critico e saggista, che scrive tra l’altro: «Questa è poesia lirica, ma non solo: è anche poesia della sicurezza interrogativa e sentenziale. Preminente appare il tema della salvezza – integrità – dell’uomo nel sentimento e nella comunicazione d’amore, anche se struggimento della distanza e separazione ineluttabile – mutazioni, contrarietà, morte – vengono a incidere e opacizzare il cristallo nel quale l’amore si mira e si esalta, si scompone e ricompone».
Sorrenti che è autore anche di un libro su Nazariantz, in una poesia a lui dedicata prima della morte, così scrive: «Se ti guardo, Poeta, e lo sguardo fisso nel tuo sguardo, scorgo malinconie remote e delusioni tali da precludermi i sogni. Oh, la tua Armenia! Oh, l’Ararat mitico! E morrai esule, Poeta senza il canto dei trovieri, lontano dalle tombe dei tuoi cari. In tanto silenzio il tuo “Canto delle Fontane” e “I sogni crocifissi”, canti di rapsodo, sibileranno sulla tua tomba, e forse una mitica dolce fanciulla unirà le sue lacrime a tanto dolce fluire».
La Città di Bari gli ha dedicato un giardino sotto la Muraglia, nel quartiere San Nicola, tra Arco Largo Urbano e le scalette che immettono in Largo Mons. Tommaso Maria Ruffo.
A me piace ricordare Sorrenti con alcune strofe molto significative che concludono una sua poesia dedicata al Lungomare della sua amata Bari: «...U arlogge mò sone l’ore a la Provinge, / e chidd’ore forse sò l’uldeme ca senghe; / forse crà n’alde cambane honn’a senà pe me... / e ppò ci u ha dditte ch’agghia merì / stasera che sta lune ca ride?».
Nel 1955 pubblica il primo opuscolo di liriche in dialetto barese “U mmìscke” (Laterza & Polo). Ha scritto una ventina di libri in lingua e in dialetto (alcuni dei quali in varie edizioni), trattando vari argomenti: storia, poesia, toponomastica, musicisti, bibliografie, romanzi e novelle. Non ha dimenticato neanche di dare un contributo ad una storia del futurismo attraverso uno dei suoi ultimi lavori “Il futurismo pugliese” (Levante), una pubblicazione accurata e completa, stimolante nel ricostruire epoche lontane seppur a noi così vicine. Non si è dimenticato neanche de “I Baresi” (Tipolitografia Mare), de “La Puglia e i suoi poeti dialettali” (De Tullio), e dei “Pittori, Scultori, Architetti e Artigiani Pugliesi dall’Antichità ai Nostri Giorni” (Levante). Pietro Marino che firma la presentazione, scrive: «Pasquale Sorrenti è da una vita un personaggio autentico di Bari. Il suo negozietto di libri usati è in realtà un vero covo della memoria, un piccolo tempio dei patrii lari. Ogni paese grande o piccolo ha i suoi cultori di storia: eruditi e appassionati custodi delle glorie della propria terra. È una tradizione che viene da lontano, sin dagli annalisti e cronisti medievali, e che ha consentito di non dissipare la trama che lega il passato e il presente di una comunità».
Egidio Pani così si esprime nella presentazione del libro di cui sopra: «Uomo di grande umanità, libraio (mestiere tenacemente amato con sapienza artigianale nell’epoca del libro usa-e-getta) Pasquale Sorrenti ha continuato a darci, senza stupirci, i suoi studi “segreti”: notturna e liberatoria passione che si fa “carta”, non più segreta ma leggibile e certa, di un incontenibile, popolare amore per l’arte».
Sorrenti è stato un uomo di successo per il semplice motivo che in oltre trent’anni di ricerche ha raccolto tanto materiale rendendo omaggio a tanta gente di “successo” che non pensava al “successo”. Mi riferisco alla pubblicazione “Pittori, scultori, architetti e artigiani pugliesi dall’antichità ai nostri giorni”, nel quale ha inserito migliaia di nomi di artisti e artigiani riportando per ciascuno date di nascita e di morte, note biografiche, opere realizzate ed anche alcune annotazioni bibliografiche. Inoltre ha riportato una sintetica storia delle arti in Puglia.
Franz Falanga (1933-2018), architetto e scrittore, in una lettera al quotidiano “Il Bari”, scriveva nel 2008 che «La sua libreria era diventata un cenacolo di appassionati di cultura che la frequentavano a qualsiasi ora. Un salto da Sorrenti non ce lo facevamo mai mancare, praticamente ogni giorno. Così ogni giorno si parlava di tutto, si circumnavigava l’esistenza. Gli amici di Sorrenti avevano la caratteristica di appartenere alle più diverse visioni della vita, mai che si alzasse la voce, mai che si uscisse con il muso lungo. La caratteristica più bella di questo grande episodio di civiltà era che la libreria era frequentata da padri e figli, io stesso ricordo mio padre come grande amico di Sorrenti. La cultura barese deve parecchio a questo signore mite e benevolo che aveva un sorriso per tutti».
E non va dimenticato neanche, tra i tanti, il suo libro di liriche in dialetto barese “Residui” (Schena), che si avvale della presentazione di Vito Carofiglio (1935-1996), francesista, poeta, critico e saggista, che scrive tra l’altro: «Questa è poesia lirica, ma non solo: è anche poesia della sicurezza interrogativa e sentenziale. Preminente appare il tema della salvezza – integrità – dell’uomo nel sentimento e nella comunicazione d’amore, anche se struggimento della distanza e separazione ineluttabile – mutazioni, contrarietà, morte – vengono a incidere e opacizzare il cristallo nel quale l’amore si mira e si esalta, si scompone e ricompone».
Sorrenti che è autore anche di un libro su Nazariantz, in una poesia a lui dedicata prima della morte, così scrive: «Se ti guardo, Poeta, e lo sguardo fisso nel tuo sguardo, scorgo malinconie remote e delusioni tali da precludermi i sogni. Oh, la tua Armenia! Oh, l’Ararat mitico! E morrai esule, Poeta senza il canto dei trovieri, lontano dalle tombe dei tuoi cari. In tanto silenzio il tuo “Canto delle Fontane” e “I sogni crocifissi”, canti di rapsodo, sibileranno sulla tua tomba, e forse una mitica dolce fanciulla unirà le sue lacrime a tanto dolce fluire».
La Città di Bari gli ha dedicato un giardino sotto la Muraglia, nel quartiere San Nicola, tra Arco Largo Urbano e le scalette che immettono in Largo Mons. Tommaso Maria Ruffo.
A me piace ricordare Sorrenti con alcune strofe molto significative che concludono una sua poesia dedicata al Lungomare della sua amata Bari: «...U arlogge mò sone l’ore a la Provinge, / e chidd’ore forse sò l’uldeme ca senghe; / forse crà n’alde cambane honn’a senà pe me... / e ppò ci u ha dditte ch’agghia merì / stasera che sta lune ca ride?».