BARI - È stata respinta dal Consiglio regionale la proposta di legge in materia di definizione delle pratiche edilizie. L’iniziativa legislativa è stata presentata dai consiglieri della maggioranza Fabiano Amati, Alessandro Leoci e Mauro Vizzino “Piani di recupero in variante definitivamente approvati. Norme per la definizione delle pratiche edilizie”.
L’unico articolo del provvedimento avrebbe consentito la definizione sollecita delle pratiche edilizie - di conformità in variante agli strumenti urbanistici - relative ad incrementi volumetrici negli immobili, consentiti da leggi regionali vigenti (come il piano casa 2009), ma effettuati prima della definizione formale della pratica originaria in variante.
La proposta di legge era rivolta alla generalità dei casi di varianti di recupero approvate definitivamente dalla Regione Puglia (nel 2005 Giunta Vendola), la cui domanda di condono è in corso di definizione presso gli uffici comunali. L’intento era di scongiurare il verificarsi del paradosso di dover demolire le modifiche edilizie, pur rispettose del volume massimo d’incremento consentito, “apportate alla parte dichiarata conforme allo strumento urbanistico con la variante di recupero”, per poi ricostruirle dopo il rilascio dell’abilitazione edilizia, che autorizza l’incremento della volumetria demolita.
“Una situazione irragionevole, oltre che paradossale”, secondo i proponenti, causata dalle lungaggini nella definizione di pratiche edilizie relative ai piani di recupero in variante adottati dalla Regione Puglia nel 2005, rispetto alle quali leggi regionali successive come il piano casa hanno autorizzato ulteriori addizioni di volumi edilizi, fino al limite del 20%.
L’unico articolo del provvedimento avrebbe consentito la definizione sollecita delle pratiche edilizie - di conformità in variante agli strumenti urbanistici - relative ad incrementi volumetrici negli immobili, consentiti da leggi regionali vigenti (come il piano casa 2009), ma effettuati prima della definizione formale della pratica originaria in variante.
La proposta di legge era rivolta alla generalità dei casi di varianti di recupero approvate definitivamente dalla Regione Puglia (nel 2005 Giunta Vendola), la cui domanda di condono è in corso di definizione presso gli uffici comunali. L’intento era di scongiurare il verificarsi del paradosso di dover demolire le modifiche edilizie, pur rispettose del volume massimo d’incremento consentito, “apportate alla parte dichiarata conforme allo strumento urbanistico con la variante di recupero”, per poi ricostruirle dopo il rilascio dell’abilitazione edilizia, che autorizza l’incremento della volumetria demolita.
“Una situazione irragionevole, oltre che paradossale”, secondo i proponenti, causata dalle lungaggini nella definizione di pratiche edilizie relative ai piani di recupero in variante adottati dalla Regione Puglia nel 2005, rispetto alle quali leggi regionali successive come il piano casa hanno autorizzato ulteriori addizioni di volumi edilizi, fino al limite del 20%.
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