L’America “scopre” Maria Corti


FRANCESCO GRECO
- IOWA CITY - L'America “scopre” Maria Corti. La scrittrice, semiologa, critica letteraria, docente universitaria, partigiana (Milano, 7 settembre 1915-22 febbraio 2002, il padre Emilio era ingegnere, la madre Celestina Goldoni pianista), uno dei personaggi più fascinosi e polisemici del panorama culturale e intellettuale italiano del secondo Novecento, sarà presto tradotta da Julia Conrad. scrittrice, traduttrice, docente, violinista, ex-agente letterario per Sarah Lazin Books (New York), ma vive a Iowa City. La madre, Diana Horowitz, è una pittrice, il padre ex docente di musica.

"Si occupa - apprendiamo dal suo sito - di femminismo, sessualità, musica classica, carne, archivi e umorismo come punto d'accesso alla critica sociale". Ha ricevuto borse di studio dal Vermont Study Center, dalla University of Iowa e da Wesleyan University. Ha conseguito alcuni MFA (Master of Fine Arts) dalla University of Iowa, in Nonfiction e in Traduzione Letteraria. E' stata musicista presso la Voxman School of Music della University of Iowa; dal 2015 al 2016, con l'Orchestra da Camera "Canova" (nata Orchestra Ildebrando Pizzetti). Intanto sta traducendo anche lo scrittore siciliano Gesualdo Bufalino ("Museo d'ombre") e due racconti della scrittrice italo-ghanese Djarah Kan.

Come e quando ha sentito parlare di Maria Corti?

"Un amico originario del Salento, luogo in cui la Corti ambienta molte delle sue opere, me ne ha consigliato la lettura durante una passeggiata a New York. Dopo più ricerche e dopo aver capito la sua importanza, sono rimasta sconvolta perché non l’avevo mai sentita nominare: né per i suoi romanzi, né per l’opera critica. Oltre a essere lettrice e traduttrice dall’italiano, ho studiato Semiotica all’Università di Bologna, e anche per questi motivi è stata un’esperienza dolceamara scoprire così in ritardo uno dei più grandi personaggi del panorama intellettuale italiano del dopoguerra. La Corti ha introdotto lo studio semiotico in Italia, ed è la fondatrice di uno degli archivi più importanti della letteratura italiana, il Centro Manoscritti di Pavia. Mi sarebbe piaciuto conoscere il suo lavoro molto prima, così da confrontarlo con gli altri pensatori che leggevo e studiavo".

Negli Stati Uniti la scrittrice milanese è conosciuta?

"È poco conosciuta, soprattutto se paragonata a Umberto Eco, suo contemporaneo nell’ambito della Semiotica e del romanzo storico-filosofico. Si può trovare quasi tutta la bibliografia di Eco tradotta in inglese (e ciò consente l’opportunità di approfondire l’autore) mentre, dei 27 libri scritti dalla Corti, sono stati tradotti solo L’ora di tutti (pubblicato con il titolo Otranto, 1993) e Principi della comunicazione letteraria (Introduction to Literary Semiotics, 1976). Inoltre, l’impatto per l’edizione americana dei Principi è stato indebolito dalle imprecisioni della traduzione che il testo ha subìto, e che furono ampiamente commentate in una recensione. Secondo me, questo fatto può essere esemplificativo di una dinamica ben più ampia: il fatto che solo una minima parte dei libri pubblicati negli USA sono tradotti da altre lingue. Su circa un milione di pubblicazioni in un anno, solo il 3% circa sono traduzioni, e soltanto lo 0.01% è di autrici".


Perché ha deciso di tradurre la sua opera?

"Sono molto interessata alla curiosità contagiosa presente nelle sue opere, e al modo in cui trasforma le sue ricerche in letteratura. Le sue scelte e i suoi riferimenti linguistici, fine nelle minuzie, disegnano mondi interi di storie e idee. In particolare, ho scelto Il Canto delle Sirene perché viene trattata una tesi più propriamente accademica, ma sotto forma di romanzo. La sirena dell’antichità non è più la seduttrice con la coda di pesce e con la voce irresistibile, come spesso la pensiamo oggi, ma è una donna per metà rapace, che seduceva i navigatori con la promessa di condividere le sue conoscenze sovrannaturali e le sue capacità musicali. In altre parole, le sirene erano pericolose e desiderabili per le loro qualità intellettuali, piuttosto che fisiche, contrariamente alla rappresentazione odierna come femme fatale. Tanti scrittori, inclusi Kafka, Borges, Malaparte e Tomasi di Lampedusa, hanno scritto sulle sirene, ma la Corti è la prima a scrivere della seduzione intellettuale, oltretutto dal punto di vista della sirena stessa. Dato che la maggioranza della mitologia classica viene narrata dagli uomini, mi emoziona rileggere questo mito dalla prospettiva di una donna".

Cosa la interessa e la attrae di lei come personaggio della cultura, scrittrice e filologa?

"Mi interessa la fluidità con cui sconfina tra varie discipline, generi, stili di vita, e perfino Nord e Sud Italia. Pur essendo tra i personaggi più in vista del panorama intellettuale italiano del ‘900, è sempre stata contraria allo snobismo culturale. La sua indagine letteraria è sempre stata unita a spirito di avventura ed esperienza concreta: ne sono esempio le ricerche di pergamene medievali andate perdute e mescolatesi poi a documenti tedeschi durante la seconda guerra mondiale così come l'accompagnare in mare all'alba i pescatori otrantini in fase di stesura di L’ora di tutti. Cresciuta metà in un convento a Milano, metà in Puglia con suo padre, scrive del Nord e Sud Italia entrambi in modo acuto.Usa nella sua critica uno stile molto chiaro, quasi letterario, e i suoi romanzi condividono le scoperte del suo lavoro scolastico. C’è un senso di generosità nella sua scrittura che ammiro molto. Non ho mai la sensazione che voglia apparire in maniera performativa, ma percepisco il desiderio autentico di condividere la sua conoscenza".

E della sua avventura esistenziale e di donna militante nel panorama del Novecento letterario italiano ed europeo?

"Siccome in America si discute molto sulla ‘identity politics’, penso spesso al rapporto tra Maria Corti e il femminismo italiano, al quale non si è legata direttamente, nonostante le sue azioni e il suo lavoro erano in certi sensi rivoluzionari. Nel Dialogo in Pubblico cita Madame de Staël: “Il cervello non ha sesso” e non si identifica con una “scrittura femminile,” come fa invece Dacia Maraini. Femminista o no, la sua scrittura è spesso molto schietta sui pregiudizi contro le donne in ambito letterario o universitario, e ha sempre lavorato in modo tenace in ambienti a volte ostili. All’inizio della sua carriera, quando le leggi fasciste impedivano alle donne l’accesso alle cattedre liceali o universitarie, ha studiato per una seconda laurea in filosofia mentre per mantenersi insegnava in una scuola media. Frequentava gruppi antifascisti e nei circoli letterari frequentati era spesso l’unica donna. Inoltre, citava nelle sue opere e faceva da mentore ad altre giovani studiose. “Niente è così difficile da perdonare quanto il merito,” dice Veronica alla fine de “Il Canto delle Sirene”, sulla questione della lotta delle donne nel mondo accademico. Spero che per Maria Corti il suo merito possa avere addirittura l’ultima parola per la varietà e la ricchezza dell’opera che ci ha lasciato".

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