NICOLA ZUCCARO - Roma, giovedì 16 marzo 1978. Nel giorno in cui doveva essere chiesta la fiducia per il Governo di Solidarietà nazionale (composto da un monocolore Dc e con l'appoggio esterno del PCI), alle 9.02 in via Fani si scatena l'inferno. Un commando delle Brigate Rosse apre il fuoco sui 5 agenti che proteggevano quotidianamente Aldo Moro. Nell'intera scorta, per la quale non ci fu via di scampo, cadde anche il vice brigadiere di Pubblica sicurezza Francesco Zizzi, originario di Fasano.
Da quel feroce piombo fu temporaneamente risparmiato lo statista pugliese ed il Presidente della Democrazia Cristiana, ma iniziarono i 55 giorni più drammatici della Repubblica. Ricerche e trattative, alternate dai comunicati dei brigatisti e dai falsi allarmi sul ritrovamento del luogo della prigionia e poi del corpo dello stesso Moro, presso il Lago della Duchessa, angosciarono l'Italia intera.
Uno stato d'animo collettivo che cessò, con il rinvenimento del cadavere di Aldo Moro, nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in via Caetani a Roma, il 9 maggio 1978. Da quest'ultima data, iniziò quello che ha tutti i titoli per poter essere definito l'interminabile Mistero d'Italia, a causa dei numerosi dettagli e retroscena (alcuni dei quali ritenuti raccapriccianti) emersi dai lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sul rapimento e sull'uccisione di Aldo Moro, istituita il 30 maggio 2014.