VITTORIO POLITO - Anna Quintavalle (1875-1943), detta “La Mosce” per via del suo viso butterato, il 27 aprile del 1898 capeggiò a Bari una rivolta. Per gli abitanti di Bari era una giornata come tutte le altre, nessuno avrebbe immaginato cosa sarebbe successo più tardi. Nei pressi della Porta del Castello, detta Porta Napoli, a Piazza Mercantile o Piazza grande, molti lavoratori attendevano di essere ingaggiati per il proprio sostentamento e quello della famiglia. Quella mattina una popolana, moglie di un certo Francesco Loprieno, ferroviere, si recò ad acquistare del semolone, per preparare “Megneuicchie” e “Strascenate” (cavatelli ed orecchiette), la famosa pasta fatta in casa ancora oggi oggetto di succulenti e graditi piatti della nostra tavola.
Entrata nel negozio di “Vagghie Vagghie”, soprannome della venditrice, per il lavoro di vaglio che faceva alla farina, dopo aver salutato, chiese il solito chilo di semolone a cinque soldi. Le fu risposto «cinque soldi e due centesimi», invece di una garbata replica al suo saluto. E così iniziò nella mente della donna una serie di elucubrazioni, meditando una reazione, ma la venditrice, dopo attimi di silenzio, tentò di giustificare l’aumento del prezzo del semolone in maniera un po’ sprezzante. «Se volete mangiare e riempire lo stomaco, pagate l’aumento, diversamente mangiatevi la crusca» e, nel contempo, gettò sul viso di Anna Loprieno un pugno di crusca. Questo gesto significò per “La Mosce” un invito alla “guerra”. Iniziò così una grande sommossa, capeggiata da questa, finalizzata a prendersi una rivincita attraverso una grande ribellione. Alla “Mosce” fu dato un secondo soprannome “La Portapannère” (portabandiera), dal momento che in capo ad un’asta legò uno straccio a mo’ di bandiera, invitando la gente alla rivolta.
La sommossa richiamò tanta gente che invase le vie cittadini recandosi prima alla casa del Sindaco, Giuseppe Re David (1852-1913) e, non avendolo trovato, si recarono al Municipio, invadendo le stanze e bruciando archivi, documenti e suppellettili. Fu addirittura interessato il Ministro della Guerra che inviò a Bari il generale Luigi Pelloux per porre fine, con i soldati, alla ribellione.
Quella rivolta, rimasta nella mente del popolo barese, si svolse quanto mai violenta e fu definita “La piccola rivoluzione francese” e dimostrò che non sempre il popolo è disposto a sopportare torti di qualunque genere.
Il grave fatto, pur svolgendosi a Bari, ebbe ripercussioni anche in campo nazionale.
Vito Antonio Melchiorre (1922-2010) e Nicola Gonnella (1900-1967), che narrano la vicenda nei loro libri “Donne baresi” (Adda), e “Momenti Baresi” (Arti Grafiche Savarese), ricordano che Anna Quintavalle, che aveva fama di ‘sovversiva’, fu addirittura ricevuta da Benito Mussolini, il quale voleva farle cambiare idea e farla convertire al fascismo, ma Anna non solo non accettò ma non si interessò neanche di politica.
Peppino Zaccaro ricorda l’evento con una sua poesia.
La Portapannère
di Peppino Zaccaro
Non pare probbete vère
che a Bare vècchie
tand’anne ndrète
stève na fèmmene portapannère.
La chiamavene Jannine la mosce
ca pe l’aumènde de dù
cendèsime de farine
per fa u pane e le strascenate
scì condre a tutte l’autoretate.
Do furne de vagghia vagghie
sop’a la meragghie
scoppiò la revoluzzione
nu fuscia fusce genèrale
na marmagghie de fèmmene
accome furrie scatenate
che pète, mazze e bastune
non nze salvò
probbete nesciune.
U Dazzie, u Menecibbie,
le Pombjire, u Corpe de Uarde,
la Prefetture e la Stanzione
accome na luvvione
fu tutte na distruzzione.
Chèsse jè la storrie
de na barèsa vère
Jannine la mosce jève
la cchiù mègghie portapannère.