FRANCESCO GRECO - Mancherà la sua grande curiosità intellettuale, ma anche il suo modo di essere un gentiluomo discreto e pulito che era bello ascoltare, con cui dialogare, per ché ci si arricchiva umanamente.
In questi anni terribili, inaspettatamente, ci ha lasciati anche Alfredo Massaro, così prezioso alla memoria popolare per i suoi studi sul Novecento e il mondo contadino che ci siamo lasciati alle spalle nella Puglia meridionale.
Per gli amici della biblioteca comunale intitolata a un altro grande studioso, Antonio Caloro, era un habitué, una presenza costante quanto gradita e feconda. Un personaggio di grande umanità e spessore, una sorta di Omero dalla memoria formidabile fra Jonio e Adriatico.
Ha scavato a fondo la nostra storia recente e ci ha donato perle di rara bellezza, alcune delle quali pubblicate sulla rivista “Controcanto”, di cui era un assiduo collaboratore (ho sottomano “Vere Caporetto del mare”, settembre 2020).
Dell’altro secolo sapeva tutto, i grandi uomini nati fra di noi, gli artigiani che non ci sono più, il lavoro, la società , le tradizioni, i miti e i riti.
Aveva un’idea e si metteva subito al lavoro con una passione che pochi pensionati hanno. Consultava testi, studi, saggi, prendeva appunti. Poi si metteva a scrivere e aveva la grazia dell’essenzialità , l’arguzia del dettaglio, del ricordo nitido. Come un artigiano, scolpiva i suoi articoli. Era una miniera inesauribile, un’enciclopedia vivente: gli potevi chiedere qualsiasi cosa, era sempre documentato e preciso. Gli chiedevo quanto poteva costare aggiustare un ombrello o una pentola quando passavano gli artigiani ambulanti, a quanto era venduta la pietra (il carparo delle “Matine”) e la breccia delle cave, chi erano i maestri muratori più rinomati e gli ebanisti provetti e quanti frantoi e palmenti c’erano quando era piccolo. Alfredo ricordava tutto, lo ascoltavi incantato.
Si sapeva che era malato di cuore, ma nessuno sospettava che il grande Alfredo avesse così tanta fretta di lasciare il suo mondo, gli amici, i libri. Spesso parlava della sua famiglia, della figlia Maria Rosaria sposata a Specchia e dei nipotini: ne era giustamente orgoglioso. Soffriva la mancanza di contatti in questi mesi di pandemia.
Figlio di un ferroviere, raccontava dei tempi quando viveva con la famiglia al casello Alessano-Corsano; poi anche lui fu assunto alla Sud-Est, gli anni di Galatina, gli orari impossibili quando ancora notte doveva raggiungere la stazione per prendere servizio, i personaggi incontrati sulla littorina, di quante volte doveva chiudere un occhio se trovava un bisognoso senza biglietto.
Aveva il dono di saper raccontare con grazia e a noi che abbiamo avuto la fortuna di incontrarlo ed essergli amici, piaceva ascoltarlo a lungo. Ogni volta era come la prima volta, aveva sempre qualcosa di nuovo e di diverso.
Il treno si è fermato all’improvviso, in aperta campagna e ora siamo tutti un po’ più poveri. Ci mancherà un sacco, gli uomini ricchi di umanità e curiosità come Alfredo sono sempre di meno. Ci resta la gioia degli anni trascorsi a rivivere il passato nei suoi racconti, un mosaico fatto di mille tessere che altrimenti sarebbero andate perdute.
Grazie Alfredo per i doni preziosi della memoria che ci hai fatto in tutti questi anni, regalo più bello non potevi fare a noi tuoi amici e alla tua terra e alla sua gente che hai amato. I tuoi racconti vivranno per sempre nella nostra mente e nei nostri cuori ora che ti sei consegnato all’immortalità .