Covid: cresce il traffico dei cuccioli a 300 mln

(Pixabay)

ROMA - Il traffico di animali alimenta un business criminale che vale oltre 300 milioni di euro all’anno con l’importazione illegale dall’estero e la rivendita sul mercato nero che è stata favorita durante la pandemia dall’aumento di oltre 3,5 milioni degli italiani che hanno deciso di portare a casa un amico a quattro zampe per superare lo stress dei lockdown e delle misure anti contagio.

E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti nel commentare la conclusione delle indagini preliminari Carabinieri Forestali del Nucleo Cites di Ancona sul traffico illecito di animali da compagnia. Si tratta – spiega Coldiretti – di uno dei fenomeni malavitosi a maggior impatto sociale visto che una casa italiana su tre (32%) ospita almeno uno o più animali da compagnia che spesso diventano veri e propri componenti del nucleo familiare per un totale di oltre 14 milioni di cani e i gatti di tutte le razze, tagli ed età.

Ma quelli che arrivano con la tratta clandestina – sottolinea Coldiretti – sono di solito cuccioli di poche settimane, quasi sempre non svezzati e ovviamente senza microchip d’identificazione richiesto dalla legge. Questi esemplari, assai spesso imbottiti di farmaci per farli apparire in buona salute, vengono introdotti nel territorio nazionale accompagnati da una documentazione contraffatta che ne attesta la falsa origine italiana e riporta trattamenti vaccinali e profilassi mai eseguiti. Gli animali sono il più delle volte trasportati nascosti e pressati dentro contenitori, doppi fondi ed altri ambienti chiusi, stipati in furgoni e camion che percorrono lunghi tragitti.

Quello di cani e gatti illegali – sottolinea la Coldiretti – è un commercio che talvolta si realizza anche con la complicità di alcuni allevatori e negozianti italiani che “riciclano” nel mercato legale animali di provenienza illegale. Il traffico di animali da compagnia costituisce un danno per tutte le parti coinvolte, ad eccezione di chi lo gestisce. Ad esserne colpiti sono, oltre che gli allevatori ed i rivenditori onesti, in primo luogo gli animali stessi, vittime quasi sempre di maltrattamenti ed abusi.

E se un cucciolo di razza offerto dal mercato illegale arriva a costare anche solo un ventesimo di quanto si spende nella filiera legale dell’allevamento, si tratta tuttavia solo di un “risparmio apparente” – conclude Coldiretti – visto che l’acquisto di cuccioli di razza attraverso circuiti non legali si traduce assai spesso in una spesa maggiore a lungo termine in cure mediche oppure addirittura nella morte dell’animale malato.