Bari e ‘il mare di Chiafaro’

VITTORIO POLITO - Vito Masellis, nella sua “Storia di Bari” (Italstampa 1965), ricorda che tra la fine del secolo scorso e l’inizio del nostro, chi si fosse aggirato nei pressi della Basilica di San Nicola, avrebbe letto in una viuzza attigua al “Cortile di Levante” l’indicazione “Strada del Mare di Chiafaro”, dal significato misterioso per chi non si intendeva di cose medievali. In sostanza indicava una insenatura marina che attraversava in parte la città, nelle immediate vicinanze della stessa Basilica, nella zona che oggi insiste l’edificio scolastico “Trieste” e il “Museo Storico”. “Chiafaro era il nome popolare attribuito a “Jaffara”, che un documento del settecento attribuiva al predetto tratto di mare.
Quanto all’origine del termine “Jaffara”, alcuni ritengono derivi da “Jaffa”, porto dell’Oriente nel Medioevo, altri lo attribuiscono all’arabo “Giafar”, ricordato nelle cronache del secolo XI da Armando Perotti (1865-1924) che nel suo libro “Bari Ignota” (Forni editore), chiama “il mare di Iaffara” quel tratto di mare su cui sorge la Basilica. In documenti del settecento, come detto, il nome persiste, ma non si conosce né l’origine e neanche l’etimologia. Probabilmente, scrive Perotti, il significato potrebbe essere decifrato su una carta del 1107, conservata nell’Archivio di San Nicola, nella quale si parla di un Cafaro, figlio di Lupone Columbo, proprietario di stabili presso il porto di Bari.

Altra antichissima insenatura era quella dove attraccavano le navi greche e romane, cosiddetta “mare de Guaranna”, menzionata nelle antiche pergamene, le cui tracce si riscontrano nelle arcate che si susseguono nelle mura (ora chiuse), che un tempo permettevano il passaggio delle acque del mare. Stranamente gli storici, compreso Perotti, non ne fanno menzione.