Don Tonino beato? La parola a Papa Francesco

FRANCESCO GRECO - A breve forse sarà nelle mani di Papa Francesco il voluminoso incartamento relativo alla beatificazione di don Tonino Bello, l’elevazione agli onori degli altari preparato in questi anni dalla Congregazione delle Cause dei Beati e i Santi. Piccolo background per rinfrescare la memoria. 

La “causa” mosse i primi passi nell’ormai lontano 2007, con il “Supplex Libellus” approntato da Mons. Agostino Superbo e ufficialmente partì a Molfetta (Bari) il 20 aprile 2008. Postulatore Luigi De Palma, vice don Mimmo Amato. 

La fase diocesana partì il 30 aprile 2010, quando si insediò il tribunale presieduto da Mons. Sabino Lattanzio: i lavori terminarono il 30 novembre 2013. 

Il 17 aprile 2015, De Palma emanò il decreto che sancisce la validità degli atti processuali relativi alla causa di beatificazione e subito l’incartamento, sigillato, partì per Roma. Dove si aprì una fase nuova presso la Congregazione delle cause dei Santi. Qui il prof. Ubaldo Parente scrisse la “Positio super Virtutibus”, il dossier che riconosce le “virtù eroiche” di don Tonino. 

E’ il 4 giugno 2020 quando il vescovo di Molfetta, Ruvo di Puglia, Giovinazzo e Terlizzi, Mons. Domenico Cornacchia, consegna la “positio” alla Congregazione e nelle mani di Papa Francesco. 

In seguito, una Commissione di teologi (Congresso dei Teologi) – ed è la notizia di queste ultime settimane – ha esaminato la “positio” e non ha trovato ostacoli di natura teologica, dando parere favorevole all’unanimità. 

Adesso la parola passa a una Commissione cardinalizia e vescovile, che esaminerà il giudizio della Commissione precedente. Di solito il parere della prima è sottoscritto dalla seconda, ma si tratta, è bene specificarlo, di una nostra opinione. 

Il responso è atteso per settembre. E quindi, fra poche settimane, il faldone dovrebbe essere sulla scrivania del Sommo Pontefice per la firma del cosiddetto “Decreto di Venerabilità”. Nella fase successiva, dovrà essere riconosciuto un miracolo attribuito all’intercessione del “Venerabile” in progress.

In seguito, sarà al lavoro una Commissione diocesana integrata da una Commissione di medici. Se il loro lavoro alla fine sarà ritenuto positivo, il Santo Padre proclamerà il Beato e fisserà una data della memoria nel calendario liturgico. Identica prassi per la Canonizzazione. 

Papa Bergoglio visitò la tomba del vescovo nell’aprile del 2018, nella ricorrenza dei 25 anni dalla morte. In questi giorni è in convalescenza dopo il ricovero al “Policlinico Gemelli” per un intervento chirurgico per diverticolosi del colon.

Queste importantissime novità fanno intuire un’accelerazione della “causa” e seguono di tre mesi la “rimozione” di quello che i più leggevano come un “ostacolo”, ma forse non lo è mai stato veramente: la risoluzione del “conflitto” tra la diocesi di Molfetta, dove don Tonino Bello fu vescovo dal novembre 1982 alla primavera del 1993 e Alessano (Lecce), dove nacque nel marzo del 1935 e dove riposa nel cimitero monumentale sulla via che va al mare di Novaglie (Adriatico). 

Salvo diversa indicazione, per il diritto canonico, le spoglie mortali di un vescovo restano nel luogo ove esercitò la sua missione.

Ma, nello specifico, la volontà del prelato apparve diversa: “Voglio essere sepolto dove sono nato…”, ripetè più volte e a più persone. Pareva una leggenda metropolitana, ma adesso, dopo ben 28 anni, è spuntato un documento di eccezionale importanza: una registrazione live su vhs fatta da Antonio Marzo, impiegato comunale oggi in pensione, all’epoca assessore del Comune di Alessano, che con una delegazione di amministratori (alcuni dei quali defunti), si recò a Molfetta, in vescovado, a visitare l’illustre concittadino. 

Era il 28 febbraio 1993 e don Tonino era già gravemente malato: aveva subìto, inizi di settembre 1992, un  delicato intervento chirurgico per un tumore allo stomaco, all’ospedale “Daniele-Romasi” di Gagliano del Capo (Lecce). A fine anno, poi, era stato nel Balcani in fiamme, a Sarajevo, alla testa di un drappello di pacifisti che definì “l’Onu dei poveri”, ed era stanco e affaticato.

C’era il sindaco dell’epoca, Rinaldo Rizzo (dc), il vice Nunzio Marzo (socialista) con la moglie Assuntina Renna, l’assessore Ippazio Rizzo, Carmelo Calsolaro, ecc.

Mentre gli altri visitavano il vescovado, Marzo, che era andato con la figlioletta Melania, oggi professoressa di Storia e Filosofia, rimasto solo con don Tonino, accese la Philips e pigiò il tasto play. 

Don Tonino se ne accorse subito e sorrise chiedendogli: “Mi stai registrando?”. Ma lasciò fare. La registrazione dura un’ora e, fra l’altro, egli espresse chiaramente il suo pensiero: “Alessano è sempre Alessano per me; infatti ho detto: sono venuto qui a Molfetta perché era giusto che fosse così… Si, il vescovo deve soffrire, deve lottare, deve combattere sul posto, deve anche morire sul posto dove il Signore lo ha mandato… La sepoltura è sempre nel paese, proprio perché lì starai tra la tua gente, il ceppo della tua umanità; tu sei nato lì, quelle pietre ti appartengono”.

Marzo non era lì solo come amministratore, ma anche per un fatto personale, privato. Confida: “Chiesi la grazia per mia madre, malata, allettata, era grave…”. Cosa avvenne poi? “Don Tonino parlò dei suoi viaggi negli USA, in Argentina e Australia sulle tracce della gente della sua diocesi… Poi mi regalò alcuni suoi libri, su uno scrisse la dedica per mia madre. Tornato a casa glielo portai, ma lei non capiva bene cosa era successo e chi glielo mandava… Però la grazia ci fu: la mattina dopo si alzò e fece le sue cose di sempre, tranquilla. E’ morta quasi 20 anni dopo, nel 2012, perciò penso che don Tonino fece il miracolo… Fu in quell’occasione che espresse la volontà di essere seppellito dov’era nato, com’è evidente nel documento filmato…”.

Il video è di buona qualità e Marzo lo ha riversato su una piccola pen-drive, che custodisce gelosamente: “Non ne avevo mai parlato con nessuno, in tutti questi anni, nemmeno con mia moglie…”, aggiunge emozionato.

E’ stato il parroco di Alessano, don Gigi Ciardo, a saperlo e a chiedergli di visionarlo. Successivamente lo ha fatto anche il vescovo della diocesi di Ugento-S. Maria di Leuca, Mons. Vito Angiuli, che ne ha chiesto copia, “incartata” nella documentazione con cui, il 23 febbraio scorso, la famiglia di Mon. Bello (il fratello Trifone e Federica e Stefano, figli del fratello Marcello) ha donato alla diocesi le spoglie mortali del vescovo pugliese con un documento dinanzi al notaio di Ugento Alessandra De Blasi. C’era anche Giancarlo Piccinni, presidente della Fondazione don Tonino Bello. 

L’annuncio è stato dato il 20 aprile scorso, nella ricorrenza dei 28 anni dal “dies natalis” di don Tonino, nel corso dell’evento delle commemorazioni a cui è intervenuto anche l’arcivescovo di Napoli, Mons. Mimmo Battaglia, che conosceva bene don Tonino e che ha detto parole che hanno toccato il cuore dei tantissimi presenti. 

Tutto questo era già letto da molti, nella Chiesa e fuori, come un fatto propedeutico all’imminente beatificazione del ”servo di Dio” da parte della Congregazione delle Cause dei Beati e i Santi. E alla luce degli ultimi avvenimenti, la lettura dei fatti è stata consequenziale. Ora si aspetta con ansia, fra poche settimane, ulteriori news e la parola di Papa Francesco.