TOKYO - La campionessa paralimpica azzurra, dopo l’oro nel fioretto, racconta il dramma vissuto in primavera: “La prima diagnosi era amputazione dell’arto sinistro entro due settimane e morte entro poco. La medaglia è dei medici, non mia”.
Una medaglia sofferta quella di Bebe Vio alle Paralimpiadi di Tokyo, più del primo oro di cinque anni fa a Rio 2016, che poi aggiunge: “I primi quattro anni della preparazione sono andati benissimo, anche nel periodo del Covid, anche grazie ai miei allenatori e alle Fiamme Oro perché ho ripreso persino prima delle altre avversarie. L’ultimo anno, invece, è stato parecchio ‘sfigato’ per via dell’infortunio che ho avuto - ha raccontato Bebe - Lo scorso 4 aprile mi sono dovuta operare e sembrava che a queste Paralimpiadi non dovevo esserci. Abbiamo preparato tutto in due mesi, non so come cavolo abbiano fatto. Non credevo di arrivare fin qui, perché ho avuto un’infezione da stafilococco che è andata molto peggio del dovuto e la prima diagnosi era amputazione entro due settimane (dell’arto sinistro, ndr) e morte entro poco".
Una medaglia sofferta quella di Bebe Vio alle Paralimpiadi di Tokyo, più del primo oro di cinque anni fa a Rio 2016, che poi aggiunge: “I primi quattro anni della preparazione sono andati benissimo, anche nel periodo del Covid, anche grazie ai miei allenatori e alle Fiamme Oro perché ho ripreso persino prima delle altre avversarie. L’ultimo anno, invece, è stato parecchio ‘sfigato’ per via dell’infortunio che ho avuto - ha raccontato Bebe - Lo scorso 4 aprile mi sono dovuta operare e sembrava che a queste Paralimpiadi non dovevo esserci. Abbiamo preparato tutto in due mesi, non so come cavolo abbiano fatto. Non credevo di arrivare fin qui, perché ho avuto un’infezione da stafilococco che è andata molto peggio del dovuto e la prima diagnosi era amputazione entro due settimane (dell’arto sinistro, ndr) e morte entro poco".