Cassazione: piú tutela per i consumatori che hanno a che fare con i call center
Più tutela per i consumatori che hanno a che fare con i call center. La vicenda riguarda il cliente di una grande banca che, scontento del servizio reso, aveva scritto al call center bollando direttore e vice come scortesi e incapaci.
Subito era scattata la denuncia per diffamazione da parte dei due e la condanna da parte dei giudici di merito di Rieti. Ora la Cassazione ha annullato con rinvio. Non è infatti diffamazione l’email con la quale i dipendenti assegnati alla pratica vengono bollati dal cliente come scortesi e incapaci. Sempreché i fatti siano veri. È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 30183 del 2 agosto 2021, ha accolto il ricorso del cliente di una banca che aveva bollato in una mail al call center il direttore e il suo vice come scortesi e incapaci. Gli Ermellini, rilanciando l’importanza della tutela del diritto di critica e di lamentela dei consumatori rispetto a grandi enti, hanno sdoganato le missive con le quali vengono esposte, anche con toni aspri, le insoddisfazioni. Per la quinta sezione penale, infatti, i giudici di merito devono spiegare perché l'inoltro di una missiva, di un esposto, di una segnalazione ai soggetti istituzionalmente preposti a raccogliere le eventuali lamentele sull'operato di un dipendente, non possa rientrare nell'ambito di una condotta scriminabile ex art. 51 cod. pen.: invero, accusare un dipendente, presso l'Organo delegato al controllo del rispetto dei canoni della deontologia professionale, di comportamenti che integrino violazioni di tali regole, e di fatto astrattamente privo di antigiuridicità, venendo in rilievo l'esercizio di un diritto e, finanche, rendendosi un servigio alla categoria professionale alla quale il "denunciato" appartiene, perché la pone in grado di mettere in atto meccanismi di autotutela. Infatti, è ormai noto che la giurisprudenza, richiamandosi a quella costituzionale ed europea, Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, considera, in ogni caso, non consentito dal diritto di critica, l'attacco "alla persona": da intendersi quale offesa rivolta, senza ragione, alla sfera privata, mediante l'utilizzo di non pertinenti argumenta ad hominem.