Green pass e documento di identità, la conferma del Viminale: verificare i documenti d'identità sarà compito delle forze dell'ordine
ROMA - In queste ore la ministra dell'Interno, Luciana Lamorgese, ha chiarito le modalità dei controlli dell'obbligo di certificazione verde. Inizialmente, Lamorgese aveva chiarito che spetta ai gestori chiedere il Green pass, ma che «non potranno chiedere la carta d'identità», poiché «non essendo pubblici ufficiali non possono richiederla». Il Garante della privacy italiano ha in seguito espresso un parere differente a quello della ministra dell'Interno Luciana Lamorgese.
La ministra aveva spiegato che i gestori non potranno controllare i documenti, mentre l'Autorità ha precisato, in risposta a una domanda della Regione Piemonte, che «le figure autorizzate alla verifica dell'identità personale sono quelle indicate nell'articolo 13 del d.P.C.M. 17 giugno 2021 con le modalità in esso indicate, salvo ulteriori modifiche che dovessero sopravvenire». Nel decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri sono elencati i soggetti che possono effettuare il controllo dei documenti, quindi anche «i titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi». Costoro potranno quindi controllare il Green Pass dei clienti e, nello stesso momento, verificare il loro documento d'identità.
Il Viminale ha infine chiarito e con una circolare ha messo la parola fine alle discussioni: i ristoratori non devono chiedere i documenti di identità ai clienti per verificare la validità del green pass. Solo «in caso di palese falsità il gestore o il titolare possono chiedere di controllare la corrispondenza dell’identità», però deve sempre «essere svolta con modalità che tutelino la riservatezza della persona». In ogni caso, «qualora si accerti la non corrispondenza fra il possessore della certificazione e l’intetatario della medesima, la sanzione si applicherà solo all’avventore, laddove non siano riscontrabili palesi responsabilità a carico dell’esercente», aggiunge la lettera del Viminale.
Infine, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti", viene sollecitata «la massima attenzione nelle attività di verifica e controllo sull’impiego delle certificazioni».