FRANCESCO GRECO - “Io sono la prima e l’ultima / Sono la venerata e la disprezzata…”.
Polisemico, multiforme, prismatico: c’è personaggio della Storia più semanticamente ricco e sempre nuovo a ogni tipo di approccio (biografico, teatrale, cinematografico) di Cleopatra? Forse nemmeno lo stesso Cesare, Alessandro o Napoleone.
Della regina d’Egitto si è scritto di tutto. Lei stessa ha alimentato il suo mito, quasi con l’intento di depistare i futuri narratori della sua grandezza e potenza. Abile statista poliglotta o seduttrice spregiudicata e “meretrix regina” (Properzio)? Preda dei suoi furori uterini o diplomatica avida di potere, “fatale monstrum” (Orazio)?
“Sono la prostituta e la santa / Sono la donna sposata e la vergine…”.
Dal probabile matrimonio col fratello Tolemeo XIII e forse anche con un altro, “una burla” (normale per il costume egizio, come la poligamia), alla fine ancora misteriosa, a 39 anni, dopo 22 di regno, 14 con Antonio. Conforta tutti i livelli di decodificazione iI puzzle fascinoso che, separando la storia dal mito, tesse in “Cleopatra” Livia Capponi, Laterza, Bari-Roma 2021, pp. 214, € 20, e-book € 11,99 (collana “Storia e Società”).
E’ un personaggio con cui si misura abilmente, come chi accetta una sfida improba, la cui immagine riflessa nello specchio in parte è stata declinata da un’aneddotica interessata da storici bigotti, dallo stesso Ottaviano, genio della propaganda, diffidente dei posteri (tanto da scriversi le memorie, “Res Gestae”) e insospettatamente dal laico Dante, che la mette fra i lussuriosi, con Didone vedova che ama Enea, e perfino Achille, facendone in tal modo un mito intrigante, una leggenda imperitura.
“Sono la madre e la figlia / Sono le braccia della madre…”.
In questi ultimi anni ci hanno detto che l’aspide che l’avrebbe morsa al seno in quella zona dell’Egitto non c’è e che forse i fichi nel cesto recato dal contadino magari in quella stagione erano già sfatti. Forse il ruolo di Ottaviano non è così marginale come gli storici a lui coevi, non senza sconfinamenti misogini, usano affermare. Era in città, era in carriera e non aveva pietà dei nemici, o presunti tali. Fu anche un genio della realpolitik come dirà la sua parabola successiva. Le ancelle della regina, Ira e Carmione, morirono con lei. Pare fosse il costume.
“Sono la sterile eppure ho molti figli / Sono la donna sposata e la nubile…”.
Rassicurati dalla biografia dell’autrice (insegna Storia Antica all’Università di Pavia, collabora alla “Lettura”, inserto del “Corriere della Sera”) e della vasta bibliografia, ci si accosta all’enigma: la studiosa lo analizza con sapienza e passione, spingendosi oltre i solidi pregiudizi cristallizzati da venti secoli e con straordinario nitore svela una regina (69-30 a. C.) inedita, desnuda, restituendola alla sua dimensione più autentica e reale, diremmo umana, popolare, carnale, alla naturale grandezza, cogliendo luci e ombre di tre civiltà e culture mediterranee: egizia, ellenistica e romana. Depurata dall’essenzialità, appare la struttura politica, l’infrastruttura spirituale e l’essenza mistica, i riti e le superstizioni, il fato che incombe plumbeo e la speculazione sull’immortalità, la morte come un’altra declinazione della vita.
“Sono colei che dà alla luce e colei che non ha mai partorito…”.
Su cui avevano ragione se oggi, sic stantibus, spigoliamo nei chiaroscuri in cerca di un input dove ancorare il nostro insoddisfatto desiderio di mito. E la Cleopatra (“gloria patria”) qui sezionata, tra pubblico e privato, appaga ogni sorta di curiosità.
“Rispettatemi sempre / perché io sono la scandalosa e la magnifica…”. Certo, divina “scandalosa e magnifica”, anche per i prossimi duemila anni. “Possa Osiride darti l’acqua fredda”.