VITTORIO POLITO - Dopo le felici versioni in barese de “Il Piccolo Principe” e di “Pinocchio”, Vito Signorile e Gelsorosso editore, ripropongono, in occasione del 700° anniversario della morte del sommo poeta Dante Alighieri (1265-1321), la traduzione della “Divina Commedia” del poeta e scrittore barese Gaetano Savelli (1896-1977), raffinato autore, che è riuscito a penetrare l’immaginario dantesco, avvicinandosi al suo sentimento e alle sue ragioni. Un’immane impresa, quella di Savelli, di tradurre in dialetto barese, la “Commedia” a cui dedicò quasi tutta la vita, la cui prima edizione venne pubblicata tra il 1971 ed il 1973.
Savelli, accostatosi con timore reverenziale e devozione di un fedele alla “Divina Commedia”, ha avuto il grande merito di conferire una nuova forma all’opera, rimasta però autentica nello spirito all’originale. Senza travisare le intenzioni del Sommo poeta Savelli riuscì a rendere, nella dimensione vernacolare, l’atmosfera, il senso umano, la commozione, lo stupore ovvero tutti i sentimenti e le emozioni che si ritrovano negli episodi del percorso dantesco verso l’Eterno. Gaetano Savelli, poeta dialettale e in lingua, funzionario dell’Intendenza di Finanza, autore anche di saggi di argomento artistico e letterario pubblicati anche su giornali stranieri, è stato definito da Pegorari “il migliore poeta della sua generazione”.
È ricordato soprattutto per la produzione dialettale di tre raccolte liriche: “Jacque de fendane” (Casini, 1925); “Frambugghie” (SET, 1928); “Senett’a Marì” (Convivio Letterario, 1962); e da due commedie: “Le du zite” (inedita); “Cose ca seccedene” (Savarese, 1965). Il riconoscimento maggiore viene appunto dalla traduzione in dialetto barese della “Commedia” dantesca edita da Savarese: “La Chemmedie de Dante veldat’a la barese”.
Vito Maurogiovanni (1924-2009), nella rubrica “Come eravamo” pubblicata sulla “Gazzetta del Mezzogiorno” del 5 novembre 2007, scriveva: «Quando uscirono i tre libri, il gran traduttore - ormai in pensione – se n’andava in giro per la città, a venderli ad amici e a estimatori. Se li metteva sotto il braccio, saliva lunghe scale di cui sapeva il sapor di sale e consegnava, a coloro che glieli avevano chiesti, i sudati volumi. La “Chemmedie” fu presentata, negli anni Settanta, ad un Circolo Unione affollatissimo, a cura dell’Università Popolare, allora presieduta dal prof. Alberto Milella-Chartroux, noto medico e raffinato dannunziano».
Vito Signorile, barese doc, che ha festeggiato nel 2015 il cinquantenario della sua carriera artistica contraddistinta da una intensa attività di attore e regista, ricercatore di canti e racconti della tradizione popolare, cantante, sceneggiatore radiotelevisivo, ha pubblicato con lo stessa editrice Gelsorosso: “Ragù”. Alle radici del popolo barese; il ricettario “Ce se mànge iòsce. Madonne ce ccròsce!”: “U Prengepine”, traduzione in barese de “Il Piccolo Principe”, e “Pinòcchie”, traduzione del capolavoro di Collodi.
La presentazione della nuova “Chemmedie de Dante veldat’a la barese”, curata da Vito Signorile, avverrà al Teatro Abeliano, previo invito e prenotazione, il giorno 13 ottobre prossimo alle ore 19,30. Per l’occasione, Signorile declamerà alcuni Canti, nella versione originale dantesca e in quella dialettale di Savelli.
Bari può essere orgogliosa di essere stata citata da Dante Alighieri nella sua Divina Commedia, citazione che la Puglia divide solo con Brindisi e che molte città famose ci invidiano. Armando Perotti (1865-1924), ne parla nel suo volume “Bari dei nostri nonni” (Adriatica Editrice).
Copertina di Francesco Giani e illustrazioni di Michele Damiani.