BARI - “Un episodio di violenza sconcertante, che impone una riflessione sul tema dell’aggressività e della rabbia e sul fallimento del linguaggio verbale a fronte dell’agire, della messa in azione, dell’acting out”. Così il presidente dell’Ordine degli Psicologi della Puglia, Vincenzo Gesualdo, commenta, a freddo, la morte di un uomo di 41 anni all’alba di domenica a Bitonto a causa dei pugni sferrati da un ragazzo ventenne. “Purtroppo questo episodio si aggiunge a fatti che quotidianamente si impongono sui media. Non che nel passato episodi delittuosi non avvenissero, ma le circostanze oggi, pur non rappresentando un’attenuante, tutt’altro, fanno risalire le cause a “futili motivi”. Tale connotazione impone una riflessione profonda su quella che potremmo definire “sociopatia relazionale”.
“Indubbiamente c’è da registrare il cambio di paradigma avvenuto intorno agli anni ’80 e ’90, che ha introdotto il primato dell’individualismo a fronte del senso della collettività degli anni precedenti, a cui è seguito il primato del mercato sull’individuo e sullo Stato”, prosegue Gesualdo. “Contemporaneamente, con la necessità di dare “forme stabili” al potere dei governi, si è passati dal cosiddetto sistema consociativo al sistema maggioritario, difatti annullando e mortificando i processi di sintesi e di mediazione a fronte della necessità dell’esercizio del potere di governo, sino alla sanzione dei listini bloccati. Il prodotto è più rilevante del processo, ma è il processo che garantisce la democrazia e la democrazia è garanzia del processo. Le proverbiali parole di un grande statista, “prestare attenzione alle ragioni degli altri”, sono state soppiantate dal vince tutto chi prende un punto in più, annullando le differenze, le sfumature, le varianti.
Nel contempo prodotti televisivi inneggiavano ai “nominati” con programmi che da un lato giocavano ad espellere una moltitudine a favore del prediletto (televisivo, chissà in base a quali criteri) o dall’altro addirittura erano finalizzati a demolire un’autovettura vinta da un concorrente da parte dei concorrenti sconfitti nel corso della puntata. Per la sola voglia di abreare la propria rabbia per la sconfitta. Il passaggio dalla solidarietà all’anarco-individualismo è stato dunque alimentato da una cultura, un pensiero e una prassi che ha rinunciato alla cooperazione per puntare tutto sulla competizione”. “Lo stesso modello di istruzione che avrebbe dovuto garantire le pari opportunità”, aggiunge ancora il presidente degli psicologi pugliesi, “è franato sulle prove Invalsi, ispiratrici di un modello omogeneizzante delle diversità e di standardizzazione dei prototipi di docente ed allievo. Non va trascurato, inoltre, il fenomeno della denatalità, che ha prodotto il fenomeno dei figli unici. I figli voluti, desiderati, programmati, “vittime” spesso dell’investimento narcisistico e di aspettative dei genitori che diventeranno presto veri e propri tiranni, oppure estremamente soli, depressi e inclini ad atteggiamenti autolesionistici compresi quelli suicidari. La società liquida e le relazioni liquide hanno reso tutti più soli ed isolati, in una sorta di “delirio narcisistico dell’Io” mortificando i sentimenti di appartenenza e di comunità. Internet e i cosiddetti social media hanno poi di fatto isolato i fruitori, soggetti passivi e passivizzati con l’illusione di essere contemporaneamente presenti in più situazioni (a cena con gli amici e in relazione ad altri soggetti con i dispositivi elettronici). Il proliferare dei giochi in cui si distruggono presunti invasori e si fa strage per poter sopravvivere (con la fortuna di esserci altre vite) ed il linguaggio dei soggetti significativi della politica, della comunicazione, delle varie arti si sono imbarbariti. L’obiettivo, nell’epoca della competizione quotidiana, è la denigrazione dell’avversario, l’abbattimento del nemico, utilizzando qualsiasi mezzo e formula (vedi le fake news e le varie “bestie”). Era purtroppo già tutto scritto”.
Per il presidente Gesualdo “occorre puntare nuovamente sul senso delle relazioni”. “Ripensare ai processi di formazione del personale che si occupa di famiglia, infanzia e adolescenza. Garantire sin dalla scuola dell’infanzia percorsi di educazione alla relazione e alla socio affettività, recuperare il senso del noi, costruire processi democratici in cui la squadra sia l’elemento basico. Così come lo è stata la famiglia: una squadra per garantire appartenenza, identità, sicurezza e benessere. Occorre presidiare i territori con luoghi di aggregazione giovanile, centri di ascolto e di sostegno alle famiglie e adolescenti ed ai soggetti deboli e fragili ed intercettare ad horas il disagio. Occorre dotarsi di servizi che rendano servizi alla collettività evitando duplicazioni e spreco di risorse pubbliche. Educare allo stare insieme, al rispetto, al valore della alterità, a fronte dello scherno della diversità e delle forme di bullismo, a volte anche da parte dei rappresentanti delle istituzioni, nei confronti dei soggetti fragili. Puntare sulla prevenzione e sulla testimonianza è un obbligo”. “Questo non significa però”, conclude il presidente dell’Ordine degli Psicologi della Puglia, “che non ci debba essere punizione per chi sbaglia. Dobbiamo pensare a far crescere la foresta, con la prevenzione, ma senza trascurare l’albero che cade. La punizione è una forma di rieducazione per chi ha sbagliato e di educazione per chi potrebbe farlo”.