LIVALCA - Più volte ho evidenziato con grande affetto i lievi difetti - chiaramente secondo il metro di Livalca - della gente garganica, ma non posso fare a meno di riscontrare che sono tutti discepoli di Orazio che, nelle Satire, con «Ad unguem» cita le persone che nel loro lavoro propendono all’eccellenza, ossia fino all’unghia e alla maggiore perfezione possibile. Ho conosciuto Angela Campanile tanti anni fa dal momento che una mattina venne in azienda per parlarmi del suo dizionario del dialetto di Peschici, cui stava lavorando seguendo le orme di Grazia Stella Elia e di Grazia Galante; era arrivata da noi proprio su segnalazione di quest’ultima, considerata monumento della ‘tradizione garganica’ e nota come ‘regina’ di San Marco in Lamis. La Campanile si rivelò simpatica-affabile a prima vista - virtù non sempre riscontrata negli abitanti dell’antica Daunia al primo superficiale impatto - e nacque una spontanea stima, rinsaldata nel tempo da telefonate che avevano come leitmotiv il ‘dizionario’.
Come mia consuetudine omaggiai la docente di tutti i nostri libri che potessero interessarla, mentre il marito era intento a sfogliare un volume di cui non ricordo l’argomento e io dedussi, sbagliando, che fosse poco interessato al lavoro della moglie. Nel momento del commiato quel marito silenzioso pronunciò una vera ‘arringa’ in favore della consorte tessendo lodi non disgiunte da vera ammirazione per tutto quello che aveva prodotto fino ad allora la sua compagna di vita (…prima di giudicare, fatti provvista di giudizio recita la Bibbia). Ora sulla mia scrivania, in compagnia di centinaia di libri, svetta un corposo volume: ANGELA CAMPANILE «DIZIONARIO DEL DIALETTO PESCHICIANO. Parole-Detti-Proverbi-Aneddoti-Storie», prefazione di PASQUALE CORSI, ANDREA PACILLI EDITORE, 2021 Manfredonia. Il professore Pasquale Corsi nella sua prefazione con la consueta genuina, naturale, semplice competenza ci espone quale sia lo scrigno di questo imponente lavoro:«L’autrice nel suo dizionario ha ripercorso l’intera vita del suo popolo, ricostruendone - attraverso il linguaggio - l’immagine, le peculiarità , i cicli esistenziali. Ad ogni tappa corrispondevano le loro parole, i loro segni: la nascita, i giochi dei bambini, il fidanzamento, il matrimonio, la casa, il lavoro, la vecchiaia, la malattia e la morte». La stessa autrice, in una sobria premessa, ci svela che la mamma gestiva un negozio di biancheria a Peschici, dove oltre al commercio circolavano notizie di famiglie che riguardavano ogni aspetto della vita sociale. Tutto questo comunque si verificava - oggi di meno perché i centri commerciali hanno annientato non solo nelle città ma anche nei paesi questo scambio culturale di notizie…Amazon poi ha ‘ammazzato’ ogni velleità di ‘comunicazione’ diretta - in tutta la Puglia, prova ne sia che i detti e proverbi, anche se pronunciati e scritti in maniera diversa, in sostanza dicono la stessa cosa: «A fèmine bbelle e pulèite, senza dà ute ci marèite» per Angela Campanile, a Bari per Lorenzo e Enrica Gentile «La fèmmena bèlle e pelìte sùbbete se marìte».
Di notevole spessore l’introduzione della presidente del Centro Studi “G. Martella” prof. Teresa Maria Rauzino, che conclude il suo avvincente-stimolante racconto dal titolo « Quando a Peschici gli Slavi erano di casa» con questo interrogativo «Dove se non a Peschici possiamo ancora trovare nella toponomastica i nomi di Sarbiche e Cruateche?». Ci sarebbe molto da raccontare sul dizionario latino-italiano-croato del gesuita Giacomo Micaglia, ma sono convinto che presto qualcuno colmerà la lacuna.
Angela Campanile, a proposito di Sant’Elia patrono di Peschici celebrato il 20 luglio, ci racconta delle cavallette che nel 1597 distrussero tutti i raccolti e che solo l’intervento di una statua lignea abbandonata raffigurante il santo, invocata da una vecchia contadina del posto che invitò tutti coloro che erano stato colpiti dalla calamità a seguirla in una processione implorante, pose fine alla sciagura. All’alba le cavallette furono trovate tutte morte e Peschici fu salva. Questo episodio è ricordato da Saverio La Sorsa - in verità lo storico di Molfetta parla di bruchi e cavallette - nelle sue «Leggende di Puglia» (Levante, 1958), in cui lo storico ricorda anche l’episodio che fece diventare la Madonna, che era chiamata Vergine di Loreto, protettrice della cittadina che fa parte del parco nazionale del Gargano. Racconta La Sorsa che mentre alcuni marinai stavano rientrando a casa con una grande imbarcazione a vela, dopo essersi spinti fin sulle coste della Dalmazia, in prossimità del nodo roccioso di Peschici furono investiti da una violentissima tempesta; subito gettarono il carico in mare per governare meglio il natante. Nonostante i loro sforzi la situazione peggiorava e capirono che per loro era giunta l’ultima ora e si affidarono alla clemenza della “Regina del mare”. All’improvviso il più anziano dei pescatori notò una fugace fiammella emergere dalla pineta sovrastante Peschici e tutti pensarono che fosse la solitaria Madonnina padrona dei boschi e delle marine. In breve il mare si placò e tornò il sereno. In segno di devozione i marinai donarono tutti i loro beni alla Vergine e quel gesto generoso fu emulato da tutti i peschi ciani che raccolsero dei fondi in modo da poter erigere alla Vergine un santuario più degno, della piccola chiesetta in cui era stata custodita fino ad allora, e la proclamarono protettrice del paese. Queste due verosimili storie sono legate da un filo sottile: in entrambi i casi le processioni spontanee messe in piedi per ringraziare gli interventi divini, erano allietate dal suono del coutacòute, che la Campanile così definisce nel suo dizionario:«Strumento musicale tradizionale, formato da un contenitore cilindrico, di vario materiale, chiuso in alto da un pezzo di pelle di capra con un foro in cui è inserita, strettamente, una mazza di legno. Il movimento in su e giù della mazza attraverso il foro produce un suono tipico, monotono». Corsi nel suo intervento precisa che ha udito suonare qualche volta tale strumento, chi scrive può confermare che in moltissime zone della Puglia, (anche di Campania, Abruzzo e Calabria con nomi diversi) si continua a…suonarlo. Le tante Angela Campanile sparse nella nostra Puglia sono già al lavoro per dotare di un dizionario il proprio dialetto e tramandare quelle radici la cui conoscenza il professore Corsi considera imprescindibili:«Se sappiamo da dove veniamo, quali esperienze storiche sono state attraversate e vissute dalle nostre popolazioni, che le ha assorbite e trasmesse dalle generazioni precedenti, mediante il linguaggio che nasce dalla visione della realtà circostante, non certo dai fumi delle ricorrenti ideologie, forse si potrebbe cercare le vie di una esistenza migliore e più saggia».
Quel Niccolò Machiavelli, nato a Firenze nel 1469, che prima di cimentarsi con «IL PRINCIPE», si abbeverò alle Storie di Tito Livio ci ha tramandato: «Gli uomini si interessano più del presente che del passato, e se il presente va bene, se la godono e non cercano altro». Il dizionario di Angela Campanile è rivolto a tutti ma reputo maggiormente verso coloro che ritengano, non a torto, che non vada tutto bene….anche perché, a parole, tutti vogliono il nostro bene, nei fatti, però, cercano di portarcelo via. Nell’antica Roma si era soliti ricordare con un sassolino arrotondato bianco “Albo signanda lapillo” le giornate felici-indimenticabili, propongo di depositare, il giorno in cui sarà presentato a Peschici il lavoro della Campanile, nella Sala Consiliare del Comune, in un luogo visibile da tutti un ‘bbuscicarelle bbianghe’ a ricordo di un evento epocale. Tutti gli individui giornalmente sono soggetti a ‘ferite’ superficiali, a fine giornata riusciranno a rimarginarle e si formerà una piccola ‘crosta’…quella crosta è la custode più vera del nostro dialetto…basterà ‘provocarla’ con una leggera pressione delle dita e salterà fuori per ricordarci un passato che va rispettato e tramandato.