FRANCESCO GRECO - “… accade anche oggi. Il corpo della donna è il terreno di scontro su cui l’uomo calpesta l’onore e l’orgoglio di un altro uomo”.
Mon Dieu, ma questo romanzo è di una bellezza commovente, struggente, a ogni pagina sprigiona la luce virile del paesaggio greco, l’energia degli eroi e delle eroine della nostra infanzia, da Achille a Ettore, da Alcesti a Elena e Briseide e Criseide “dagli occhi lucenti”.
“Inoltre volevano vedere la donna più bella del mondo: la deliziosa Elena, più bella di ogni loro fantasia… Sotto il mantello di Elena si intuiva la forma dei seni alti, si intravedeva la pelle soffice come seta”.
E’ un romanzo (“L’assedio di Troia”, di Theodor Kallifatides, Solferino Editore, Milano 2020, pp. 224, euro 17,00, cover e progetto grafico di Francesco Sanesi, densa traduzione di Lucia Fochi), dalla parte dell’uomo, del rispetto dell’altro, delle sue ragioni e quindi della pace quale valore assoluto, senza quelle incrostazioni demagogiche con cui abbiamo avvolto il concetto, di fatto relativizzandolo.
“All’improvviso un gruppo di soldati tedeschi arrivò correndo nel cortile della scuola. Erano tutti nudi…”. C’è tutta la magica affabulazione che i Greci ci hanno donato, epos e mito intrecciati, da Omero che a detta di alcuni avrebbe insegnato all’uomo a ribellarsi agli dèi a Pitagora, Socrate, Euripide, sino a Odisseas Elitis. C’è l’estrema fiducia nella parola, nell’uomo, nel tempo che verrà.
“Ai Troiani non mancava il coraggio, ma furono spiazzati dall’improvvisa comparsa di Achille…”. La stessa parabola biografica dello scrittore è intrigante: nasce in Grecia nel 1938, nel 1964 se ne va in Svezia, all’Università di Stoccolma studia Filosofia e intraprende la carriera di scrittore, con una quarantina di titoli fra narrativa, poesia e saggistica tradotti in tutto il mondo. Ai greci ha fatto conoscere, traducendoli, Strindberg e Ingmar Bergman, mentre al popolo nordeuropeo Ritsos e Theodorakis.
Seduce l’originale tecnica narrativa: sovrapporre due guerre, quella dei tedeschi occupanti, in un paese della Grecia, aprile 1945 con l’aviazione britannica che cerca di spegnere le deboli resistenze degli occupanti e i racconti dell’Iliade della maestrina “giovane e sottile, come una lama di luce…” giunta da Atene alla sua esigua scolaresca. L’io narrante è un ragazzino di 15 anni, innamorato della sua “Signorina” e di Dimitra (14), il cui padre è in guerra, proprio come un Mirmidone di Achille e Patroclo sotto le mura di Troia dove c’è Elena la bella in conflitto col suo cuore e Andromaca, la moglie di Ettore figlio di Priamo. Ma la maestrina ama un altro, uno degli occupanti tedeschi.
Il racconto si presta a infinite letture, fra cui una password per un’appropriazione identitaria, quasi un codice segreto per passare dall’età infantile al mondo dei grandi, una trasmissione di memoria, di dna. Ma anche la condanna delle guerre “causa di lacrime”, “non ci possono essere vincitori” (è il messaggio di Omero).
Procuratevelo subito, resterete conquistati dalla prosa magnetica, è come acqua fresca: non smetterete di bere sino all’ultima riga. Kallifatides ha messo giù un romanzo di quelli che restano per sempre nel cuore.