LIVALCA - Ero così convinto che lunedì primo novembre 2021 “La Gazzetta del Mezzogiorno” avrebbe festeggiato i suoi primi 134 anni di vita con il ritorno in edicola che, nonostante sia contro ogni forma di gioco ‘d’azzardo’, ho scommesso con vecchi amici una pizza alla… ‘barese’.
Da poche ore sono venuto a conoscenza della scomparsa della mamma del caro Amico Antonio ed io, non essendo parente, non ne ho saputo niente. Perché negarlo? La Gazzetta era ed è anche questo! Quanta gente ho sentito dire “ora mi tratti male, ma al mio funerale capirai, leggendolo sulla Gazzetta, quante persone mi stimavano e volevano bene”.
Molte volte mi sono recato, anche a tarda ora, inviato da Mario Cavalli (mio padre) per far inserire un necrologio che non poteva essere…procrastinato. L’ultima volta il mio interlocutore è stato un gentilissimo Dionisio Ciccarese, ma eravamo già ai tempi dell’asettico, apatico, distaccato (a volte utile, ma non sarà Livalca ad ammetterlo) online.
Parto dagli ultimi direttori e spero di citarli correttamente solo per dimostrare che la memoria degli anziani è sempre agli ordini del ‘passato’ e di quell’organo motore dell’apparato circolatorio, situato in quel posto che gli studenti di medicina imparano da subito a chiamare medià stino, che è il ‘faro’ della nostra esistenza. Elencherò solo una lista secondo i miei ricordi, evitando commenti e reminiscenze che potrebbero essere sbilanciati verso alcuni che ho conosciuto e frequentato in misura maggiore per affinità anagrafiche: MICHELE PARTIPILO, GIUSEPPE DE TOMASO E CARLO BOLLINO, LINO PATRUNO, FRANCO RUSSO, ANTONIO SPINOSA, GIUSEPPE GORJUX, GIUSEPPE GIACOVAZZO, ORONZO VALENTINI, RICCARDO FORTE, LUIGI DE SECLY, LEONARDO AZZARITA E RAFFAELE GORJUX, MARTINO CASSANO. Per coloro che volessero controllare e correggere le mie eventuali mancanze consiglio il libro di Nicola Mascellaro «La Gazzetta del Mezzogiorno dal 1887» ( LB edizioni 2020, e 18,00) che il responsabile dell’Archivio di documentazione del giornale mi aveva omaggiato con dedica (Grandissimo amico che, distrattamente, mi hai ‘portato via ’ il libro, penso tu sia lo stesso che mi ha fatto riavere il testo di Alfredo Giovine «Il dialetto di Bari» ( Edizioni Giuseppe Laterza 2005 e 25,00), in cui vi era una dedica di Felice per me, non so dopo quanti anni. Tenendo conto della mia età ti pregherei di essere più veloce, non certo per il libro, ma per la dedica. Già che mi trovo ti esorterei, qualora per errore ti trovassi il mio computer sparito nel 2018, di farlo rientrare…potrei anche decidere di eliminare, spontaneamente, dalle mie memorie in esso contenute, i riferimenti che ti riguardano). La nostra GAZZETTA era anche questo, con le lettere (al direttore) si creava un rapporto di reciprocità con il lettore permeato di quella precisione e sicurezza democratica che solo le parole messe su carta sanno avere.
Un ‘grande’ uomo di nome Napoleone Bonaparte - mi piace ricordare che nacque transalpino solo perché con il trattato di Versailles (1768) la Repubblica di Genova decise di abbandonare il destino di quella Corsa alle forze francesi - era solito dire:«C’è da temere più tre giornali ostili che cento baionette»; poi vi è stato il colto umorismo, spesso insolito, suggestivo e quasi sprezzante, di Walter Valdi «Del giornale leggo sempre i necrologi e le proiezioni cinematografiche. Se è morto qualcuno che conosco vado al funerale, altrimenti opto per il cinema»; ci ha pensato il noto giornalista scrittore scomparso nel 2019 Vittorio Zucconi, famoso per aver fatto conoscere l’America più vera agli italiani, a restituire ai giornali il loro giusto valore:« Come vorrei, certi giorni, che i giornali raccontassero solo balle»; una frase significativa di colui che fu il primo marito di Marilyn Monroe «Un ottimo giornale, ritengo, sia una nazione che parla a se stessa» ci può illuminare o spegnere. Non è dato sapere se Arthur Miller per questa frase si sia ispirato a “Morte di un commesso viaggiatore” o ad “Uno sguardo dal ponte”, di certo non stava pensando a “ Gli spostati”; una asserzione esemplare, ma di cui non sono in grado di attribuirne la paternità , ma di certo non è di un italiano altrimenti avrei ricordato il cognome, ritengo possa essere una cornice elegante al secolo e passa di vita della Gazzetta:«La maggioranza degli individui sa che non può essere quotidianamente libera senza giornali, ecco spiegato perché vogliamo che i giornali siano liberi!».
Tanto liberi che un direttore ‘tradizionalista’ come Luigi de Secly nel 1959 decise per la prima volta di mandare in prima pagina un articolo di Piero Virgintino - già noto critico all’epoca e che era stato inviato a Venezia per la Mostra del Cinema -riguardante la recensione del film di Roberto Rossellini «Il generale Della Rovere». Dedicare la prima pagina su più colonne ad un evento di cinema era impresa ‘titanica’ - solo per la ’cronaca’ preciso che qualcuno fece notare che essendo il soggetto della pellicola di Indro Montanelli vi era stata solidarietà fra colleghi - ma la verità obiettiva consisteva nel fatto che Virgintino aveva scritto un capolavoro: cogliendo il messaggio sostanziale e senza divagazioni del ritmo narrativo dell’opera in maniera che l’orgoglio di appartenere ad una nazione fiera e dignitosa venisse fuori naturalmente. In quella pellicola con De Sica mattatore vi erano un perfetto Vittorio Caprioli e le signore Giovanna Ralli e Sandra Milo. Quel giorno - tutte le mattine intorno alle 6,15 il giornalaio di via Dei Mille, quello situato tra via De Deo e via De Napoli, infilava sotto la porta di casa la copia, fresca di ‘sano’ inchiostro, della Gazzetta - mio padre mi mandò ad acquistarne altre 5, tra lo stupore dell’edicolante, perché gli servivano in azienda. Mutatis mutandi la Gazzetta è anche questo: Amor et deliciae humani generis (ritengo che anche l’imperatore Vespasiano che meritò tale appellativo sia più che contento dell’accostamento, tralasciando che il nostro, succeduto al veloce interregno di Galba, Otone e Vitellio e non proveniente da famiglia aristocratica ma di ordine equestre - chi mi conosce eviti la facile battuta! - vantava un cursus honorum di tutto rispetto).
Il 1 agosto 2021 Michele Partipilo, nella veste di ultimo direttore della Gazzetta, ha salutato i lettori con un «Arrivederci» lasciando sottintendere che non vi possa essere miglior ‘educatore’ della stampa di carta libera legata al territorio…io posso aggiungere soltanto che salutare è cortesia, ma rispondere PRESENTE, quando tornerà in edicola, sarà un obbligo edificante per NOI tutti.
Da poche ore sono venuto a conoscenza della scomparsa della mamma del caro Amico Antonio ed io, non essendo parente, non ne ho saputo niente. Perché negarlo? La Gazzetta era ed è anche questo! Quanta gente ho sentito dire “ora mi tratti male, ma al mio funerale capirai, leggendolo sulla Gazzetta, quante persone mi stimavano e volevano bene”.
Molte volte mi sono recato, anche a tarda ora, inviato da Mario Cavalli (mio padre) per far inserire un necrologio che non poteva essere…procrastinato. L’ultima volta il mio interlocutore è stato un gentilissimo Dionisio Ciccarese, ma eravamo già ai tempi dell’asettico, apatico, distaccato (a volte utile, ma non sarà Livalca ad ammetterlo) online.
Parto dagli ultimi direttori e spero di citarli correttamente solo per dimostrare che la memoria degli anziani è sempre agli ordini del ‘passato’ e di quell’organo motore dell’apparato circolatorio, situato in quel posto che gli studenti di medicina imparano da subito a chiamare medià stino, che è il ‘faro’ della nostra esistenza. Elencherò solo una lista secondo i miei ricordi, evitando commenti e reminiscenze che potrebbero essere sbilanciati verso alcuni che ho conosciuto e frequentato in misura maggiore per affinità anagrafiche: MICHELE PARTIPILO, GIUSEPPE DE TOMASO E CARLO BOLLINO, LINO PATRUNO, FRANCO RUSSO, ANTONIO SPINOSA, GIUSEPPE GORJUX, GIUSEPPE GIACOVAZZO, ORONZO VALENTINI, RICCARDO FORTE, LUIGI DE SECLY, LEONARDO AZZARITA E RAFFAELE GORJUX, MARTINO CASSANO. Per coloro che volessero controllare e correggere le mie eventuali mancanze consiglio il libro di Nicola Mascellaro «La Gazzetta del Mezzogiorno dal 1887» ( LB edizioni 2020, e 18,00) che il responsabile dell’Archivio di documentazione del giornale mi aveva omaggiato con dedica (Grandissimo amico che, distrattamente, mi hai ‘portato via ’ il libro, penso tu sia lo stesso che mi ha fatto riavere il testo di Alfredo Giovine «Il dialetto di Bari» ( Edizioni Giuseppe Laterza 2005 e 25,00), in cui vi era una dedica di Felice per me, non so dopo quanti anni. Tenendo conto della mia età ti pregherei di essere più veloce, non certo per il libro, ma per la dedica. Già che mi trovo ti esorterei, qualora per errore ti trovassi il mio computer sparito nel 2018, di farlo rientrare…potrei anche decidere di eliminare, spontaneamente, dalle mie memorie in esso contenute, i riferimenti che ti riguardano). La nostra GAZZETTA era anche questo, con le lettere (al direttore) si creava un rapporto di reciprocità con il lettore permeato di quella precisione e sicurezza democratica che solo le parole messe su carta sanno avere.
Un ‘grande’ uomo di nome Napoleone Bonaparte - mi piace ricordare che nacque transalpino solo perché con il trattato di Versailles (1768) la Repubblica di Genova decise di abbandonare il destino di quella Corsa alle forze francesi - era solito dire:«C’è da temere più tre giornali ostili che cento baionette»; poi vi è stato il colto umorismo, spesso insolito, suggestivo e quasi sprezzante, di Walter Valdi «Del giornale leggo sempre i necrologi e le proiezioni cinematografiche. Se è morto qualcuno che conosco vado al funerale, altrimenti opto per il cinema»; ci ha pensato il noto giornalista scrittore scomparso nel 2019 Vittorio Zucconi, famoso per aver fatto conoscere l’America più vera agli italiani, a restituire ai giornali il loro giusto valore:« Come vorrei, certi giorni, che i giornali raccontassero solo balle»; una frase significativa di colui che fu il primo marito di Marilyn Monroe «Un ottimo giornale, ritengo, sia una nazione che parla a se stessa» ci può illuminare o spegnere. Non è dato sapere se Arthur Miller per questa frase si sia ispirato a “Morte di un commesso viaggiatore” o ad “Uno sguardo dal ponte”, di certo non stava pensando a “ Gli spostati”; una asserzione esemplare, ma di cui non sono in grado di attribuirne la paternità , ma di certo non è di un italiano altrimenti avrei ricordato il cognome, ritengo possa essere una cornice elegante al secolo e passa di vita della Gazzetta:«La maggioranza degli individui sa che non può essere quotidianamente libera senza giornali, ecco spiegato perché vogliamo che i giornali siano liberi!».
Tanto liberi che un direttore ‘tradizionalista’ come Luigi de Secly nel 1959 decise per la prima volta di mandare in prima pagina un articolo di Piero Virgintino - già noto critico all’epoca e che era stato inviato a Venezia per la Mostra del Cinema -riguardante la recensione del film di Roberto Rossellini «Il generale Della Rovere». Dedicare la prima pagina su più colonne ad un evento di cinema era impresa ‘titanica’ - solo per la ’cronaca’ preciso che qualcuno fece notare che essendo il soggetto della pellicola di Indro Montanelli vi era stata solidarietà fra colleghi - ma la verità obiettiva consisteva nel fatto che Virgintino aveva scritto un capolavoro: cogliendo il messaggio sostanziale e senza divagazioni del ritmo narrativo dell’opera in maniera che l’orgoglio di appartenere ad una nazione fiera e dignitosa venisse fuori naturalmente. In quella pellicola con De Sica mattatore vi erano un perfetto Vittorio Caprioli e le signore Giovanna Ralli e Sandra Milo. Quel giorno - tutte le mattine intorno alle 6,15 il giornalaio di via Dei Mille, quello situato tra via De Deo e via De Napoli, infilava sotto la porta di casa la copia, fresca di ‘sano’ inchiostro, della Gazzetta - mio padre mi mandò ad acquistarne altre 5, tra lo stupore dell’edicolante, perché gli servivano in azienda. Mutatis mutandi la Gazzetta è anche questo: Amor et deliciae humani generis (ritengo che anche l’imperatore Vespasiano che meritò tale appellativo sia più che contento dell’accostamento, tralasciando che il nostro, succeduto al veloce interregno di Galba, Otone e Vitellio e non proveniente da famiglia aristocratica ma di ordine equestre - chi mi conosce eviti la facile battuta! - vantava un cursus honorum di tutto rispetto).
Il 1 agosto 2021 Michele Partipilo, nella veste di ultimo direttore della Gazzetta, ha salutato i lettori con un «Arrivederci» lasciando sottintendere che non vi possa essere miglior ‘educatore’ della stampa di carta libera legata al territorio…io posso aggiungere soltanto che salutare è cortesia, ma rispondere PRESENTE, quando tornerà in edicola, sarà un obbligo edificante per NOI tutti.
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Cultura e Spettacoli