NICOLA ZUCCARO - Bari, giovedì 2 dicembre 1943. Sono da poco passate le 19.30 quando il porto viene improvvisamente trasformato in un inferno di fuoco per gli effetti del devastante bombardamento dell'aviazione militare tedesca, meglio nota come Luftwaffe. L'incursione aerea non risparmiò la vicina Città vecchia, lo Stadio della Vittoria, i quartieri Murat e Libertà, provocando le deflagrazioni dei vetri degli edifici e, nel peggior caso, anche dei crolli di alcuni palazzi.
Quanto ai danni rilevati nello scalo portuale, furono bersagliate 17 navi mercantili. La più colpita fu la statunitense John Harvey che, contenente un carico di bombe composte da iprite, con la relativa esplosione sprigionò questa sostanza tossica che provocò, oltre all'inquinamento delle acque portuali, anche diverse vittime fra i lavoratori portuali e i militari presenti lungo le banchine ed il cui numero elevò la cifra già pesante dei corpi rinvenuti sotto le macerie degli edifici crollati.
A 78 anni di distanza, per il bombardamento del suo porto, Bari viene ancora definita la "Pearl Harbor del Mediterraneo" per l'analogia con l'incursione aerea compiuta il 7 dicembre 1941 da parte dell'aviazione militare giapponese sulla base navale degli Usa ubicata presso l'omonima isola dell'Oceano Pacifico. Di quest'ultima ricorrerà l'ottantesimo anniversario nella giornata di martedì 7 dicembre 2021.