Annalisa Caputo ‘Testimone di Verità’ al premio che ricorda Vito Maurogiovanni


LIVALCA
- Mi accingo a scrivere queste brevi note perché nel mentre stavo effettuando un controllo sulle date che riguardano la storia di Antonio, Onofrio e Maria Petruzzelli, mi è tornato alla mente che una domenica convocai Vito Maurogiovanni - estate del 2002 - per convincerlo ad eliminare dal libro «Cantata per una città. Fatti, cose e personaggi del Novecento» (Levante, Bari 2002) una affermazione che riguardava il Petruzzelli: alcune vecchie maestranze, che avevano lavorato per il teatro, gli avevano assicurato che sul soffitto era stato conficcato un robusto anello per consentire la raccolta delle funi nell’eventualità che fosse stato programmato uno spettacolo di circo. I miei ricordi sono che quella frase - come sempre aveva fatto ricorso a mio padre sempre solidale con lui a prescindere - rimase intatta, furono aggiunte poche parole per precisare che, in verità, questa eventualità, esibizione circo, non si fosse mai verificata (Solo per la verità storica l’anello esisteva perché per i costruttori non era da escludere un simile spettacolo, anche se mai vi è stato un circo in quel teatro).

Una sola volta mi hanno dato ragione entrambi per una cosa che abbiamo fatto bene a non pubblicare, confermando che la saggezza acquisita con l’esperienza è la migliore: infatti oggi ritengo che avevano ragione su tutto e l’unica volta che ero io ad averla…mi è stata concessa senza alcun problema.

Spesso ho fatto presente a Vito che aveva già scritto di una fatto o personaggio, magari ricordandola in maniera differente, e lui «può essere, ma vi è sempre qualcosa di nuovo, non di diverso, che affiora»: forte del suo sostegno mi permetto di ricordarvi che ho sul muro alla mia destra una piccola foto di mio padre, in quel posto collocata personalmente da Vito con un nastro adesivo trasparente che resiste da tempo. Accanto vi è una foto di Vito che il sottoscritto, in seguito, ha inserito con lo stesso sistema: sotto qualcuno, non so chi, ha voluto aggiungere ‘Nonni, decalogo per amarli’ ( non so se il direttore Ferri avrà il ‘coraggio’ di pubblicare la foto da me scattata con il cellulare stanotte).

Anche ora sono commosso nel guardare soltanto due immagini che ci ricordano quale sia il nostro cammino e percorso: per la cronaca tutto è andato via, ma quelle sono ancora al loro posto (Celeste Maurogiovanni e Giuseppe Campanile le hanno visionate di persona).

Per cui se qualcuno ritiene che questa storia è già stata da me raccontata, tenga presente che, come affermava il Maestro Maurogiovanni, vi è sempre qualche nuovo ricordo che la spugna può cancellare temporaneamente, per poi riaffiorare prepotentemente.

La moglie di Maurogiovanni, la delicatissima signora Anna, le figlie in ordine alfabetico Celeste, Elvira e Genny, coadiuvate da mariti e nipoti, hanno dato vita al Circolo delle Comunicazioni Sociali “Vito Maurogiovanni” ideando il Premio Testimoni di Verità, giunto quest’anno alla VI edizione. Negli anni sono stati premiati: Franco Chieco, Daniela Marcone, Francesco Bellino, Francesca Borri, Renato Brucoli e quest’anno Annalisa Caputo (Sei edizioni per tre donne e tre uomini: perfetta, giusta parità!).

La Caputo insegna Filosofia teoretica presso L’Università “Aldo Moro” di Bari e chi scrive si è imbattuto nella docente ventidue anni fa per un libro dal titolo «Terra incontaminata. Percorsi di ricerca nella filosofia di M. Heidegger», (Levante, Bari 1999), volume che prendeva il titolo da una poesia di M. Heidegger: «Ma dove siamo noi… Ma dove siamo noi/quando ci affanniamo/a consumare il grido rilkiano:/’ ‘Sii prima di ogni addio…’?/Abitatori della morte?/Terra incontaminata,/non fine, non svolta./Suono mai udito/ di un Iniziare preso/dalla purezza del diventare niente:/Figura originaria dell’Essere, inaccessibile dell’annientamento;/nell’unità inscindibile del sé e dell’altro:/ la contrada più lontana/vicinissimo ritrovarsi vicini» (Confido che Celeste possa dare il mio cellulare alla professoressa: se proverà a contattarmi posso regalarle libri utilissimi per i suoi studi). La motivazione del Premio sarebbe molto piaciuta a Vito, tanto è intrisa di quell’umanità professata dal Nostro, che ci ricorda come gli essere umani siano soltanto uomini e donne che, a volte, necessitano di una forma di educazione:«Per la costante ricerca della verità oltre ogni fragilità e sofferenza umana, sempre in difesa della persona, sia nel suo percorso filosofico, culturale e di fede, sia nella condivisione solidale quotidiana dell’amore evangelico con le persone disabili assistite dal Centro Volontari della Sofferenza di Bari».

La cerimonia avverrà lunedì 13 dicembre 2021 alle ore 18.00 presso il Centro Comunità San Paolo in via Vassallo, 35 nel rispetto delle norme di prevenzione al Covid-19 e tutti ‘indosseranno’ la mascherina. Gli onori di casa verranno fatti da Don Giuseppe d’Amore, superiore della Comunità, che avrà anche il compito di introdurre la serata.

Consegnerà il premio alla Caputo l’Arcivescovo di Bari-Bitonto Mons. Giuseppe Satriano, il quale quest’anno ha vissuto un giugno pregno di emozioni e riconoscimenti: l’8 giugno è stato investito della delega per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso presso la Conferenza Episcopale Pugliese e il 28 dello stesso mese ha partecipato alla Celebrazione presieduta da Papa Francesco nella Basilica di S. Pietro dove dal Santo Padre ha ricevuto il pallio (Si tratta di un paramento liturgico, ossia una striscia di lana bianca da avvolgere sulle spalle. Simboleggia la pecora che il pastore porta sulle spalle come il Cristo e sta a testimoniare il compito pastorale di chi lo indossa, in latino ‘pallium’ significa mantello. Negli ultimi tempi è diventata una prerogativa riservata agli arcivescovi metropoliti).

L’incontro e l’eventuale dibattito sarà moderato dal giornalista Rai Enzo Quarto, presidente del Circolo Comunicazioni Sociali. Quarto ha pubblicato, forse lo scorso anno, presso Secop Edizioni, un libro dal titolo «La luce della speranza» e ciò mi consente di riportare alcune frasi in cui “la luce” è sempre presente: si parte da un anonimo che afferma «Chi non riesce a far luce è pregato di non fare ombra» che condivido poco, poi vi è Bacone «La prima creatura di Dio fu la luce» e il Vangelo di San Giovanni (che sento molto vicino) con «Io sono la luce del mondo, chi non segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». Per noi in azienda quando arrivava Vito con il suo “stai su” «entrava la luce» così lo apostrofò una volta Aurelio Papandrea: un giornalista socialista che conosceva Maurogiovanni da tempo immemore. Fa niente se Vito per parcheggiare, all’interno del nostro piccolo garage, la sua macchina impediva l’uscita delle altre che rispettavano le strisce segnate a terra…lui diceva «Solo così sono in grado di mettere il mezzo…ho bisogno di ‘luce’ per fare manovra». Quella luce che pochissimi gli hanno negato in Terra e che in Cielo è tutta per lui.

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