ph Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala |
MILANO - La Stagione d’Opera 2021/2022 del Teatro alla Scala è stata inaugurata questa sera, Martedì 7 dicembre 2021 alle ore 18, con Macbeth di Giuseppe Verdi diretto dal Maestro Riccardo Chailly con la regia di Davide Livermore. Le scenografie sono state disegnate da Giò Forma, Gianluca Falaschi firma i costumi e D-Wok i video, mentre le luci sono di Antonio Castro.
Interpreti delle parti principali sono Luca Salsi, Anna Netrebko, Francesco Meli e Ildar Abdrazakov; la serata schiera anche altri artisti prestigiosi, Iván Ayón Rivas e Chiara Isotton come Malcolm e Dama di Lady Macbeth. Il Coro del Teatro alla Scala è diretto dal Maestro Alberto Malazzi, mentre le coreografie sono state concepite da Daniel Ezralow.
L’opera si esegue per la prima volta alla Scala secondo l’edizione critica curata da David Lawton per Ricordi. L’edizione scelta è quella del 1865, ma nel IV atto è inserita la morte di Macbeth (“Mal per me che m’affidai”) dalla versione del 1847.
Il settantesimo 7 dicembre scaligero (fu Victor de Sabata a spostare l’Inaugurazione dal 26 dicembre al giorno di Sant’Ambrogio nel 1951) assume un particolare rilievo per la città dopo l’edizione senza pubblico imposta dalla pandemia nel 2020.
Il Maestro Riccardo Chailly, che giunge alla sua ottava Inaugurazione di Stagione, ha scelto di portare alla ribalta del 7 dicembre il percorso creativo dei primi anni di attività di Giuseppe Verdi: una “trilogia giovanile” iniziata nel 2015 con Giovanna d’Arco (libretto di Temistocle Solera da Schiller, prima assoluta alla Scala nel 1845) protagonisti Anna Netrebko e Francesco Meli, proseguita nel 2018 con Attila (libretto di Temistocle Solera da Zacharias Werner poi rivisto da Piave, prima assoluta al Teatro La Fenice nel 1846) con la regia di Davide Livermore e Ildar Abdrazakov nel ruolo eponimo. Macbeth, su libretto di Francesco Maria Piave e Andrea Maffei da Shakespeare, presentato per la prima volta al pubblico al Teatro della Pergola di Firenze nel 1847 e andato in scena per la prima volta alla Scala nel 1849, è quindi il punto d’arrivo di un percorso sul primo Verdi con l’esecuzione di un capolavoro che è conclusione degli anni giovanili e primo incontro del compositore con Shakespeare, che sarà ispirazione per le ultime opere su libretto di Boito, Otello e Falstaff.
Riccardo Chailly e Macbeth:
A Macbeth Riccardo Chailly è tornato in diversi momenti della sua vita artistica: dopo la folgorazione giovanile per l’edizione leggendaria diretta nel 1975 alla Scala da Claudio Abbado, di cui è stato assistente, lo affronta per la prima volta trentenne a Basilea nel 1983 con Juan Pons e Sylvia Sass; l’anno seguente è il titolo del debutto salisburghese propiziato da Herbert von Karajan con la regia di Piero Faggioni, i Wiener Philharmoniker in buca e un cast che schiera Piero Cappuccilli, Ghena Dimitrova, Nicolai Ghiaurov e Luis Lima. In questa occasione Chailly decide, come già sperimentato da Abbado alla Scala, di far cantare a Cappuccilli nel IV atto la morte del protagonista sulle parole “Mal per me che m’affidai” provenienti dalla prima versione del 1847, anche per ragioni musicali riguardanti un ritorno tematico proveniente dal preludio dell’opera. Il Maestro torna a Macbeth nel 1987 con Orchestra e Coro del Comunale di Bologna per un film con la regia di Claude d’Anna, di nuovo con un cast straordinario che comprende Leo Nucci, Shirley Verrett, Veriano Luchetti e Samuel Ramey.
Gli interpreti:
Il protagonista Luca Salsi arriva al suo quarto 7 dicembre con Riccardo Chailly dopo Andrea Chénier, Tosca e la serata “… a riveder le stelle”. Artista tra i più affermati a livello internazionale, in particolare nel repertorio verdiano, il baritono parmigiano ha conquistato il pubblico scaligero anche in Ernani e nel corso della Stagione 2021/2022 tornerà come Renato in Un ballo in maschera, sempre diretto dal Chailly. Tra i successi più recenti Tosca a Firenze e Salisburgo, Macbeth a Chicago e Vienna (dove sarà ripreso nel gennaio 2022), Rigoletto a Londra e Venezia e Tosca a Monaco, mentre tra i prossimi impegni spiccano Otello a Monaco e Nabucco a Madrid.
Alla sua quinta Inaugurazione scaligera (quarta con Riccardo Chailly), Anna Netrebko ha appena registrato con l’Orchestra della Scala diretta dal Maestro l’album di arie in italiano e in tedesco “Amata dalle tenebre” per Deutsche Grammophon. Alla Scala il più celebre soprano del nostro tempo ha debuttato nel 1998 con un concerto della Filarmonica diretto da Valery Gergiev; sempre Gergiev la dirige due anni più tardi in Guerra e Pace di Prokof’ev. Torna quindi come Donna Anna in Don Giovanni diretto da Daniel Barenboim il 7 dicembre 2011, come Mimì ne La Bohème diretta da Daniele Rustioni nel 2012, Giovanna d’Arco per il 7 dicembre 2015 diretta da Riccardo Chailly, come Violetta ne La traviata diretta da Nello Santi nel 2017, e ancora con Riccardo Chailly come Maddalena di Coigny in Andrea Chénier il 7 dicembre 2018 e come Tosca il 7 dicembre 2019. Anna Netrebko ha interpretato un vastissimo repertorio in tutti i teatri del mondo con i direttori e i registi più prestigiosi: tra i prossimi impegni Aida al San Carlo, il ritorno alla Scala con Adriana Lecouvreur (dal 4 marzo), Macbeth a Zurigo e Berlino e ad aprile un concerto con i Berliner Philharmoniker e Kirill Petrenko.
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Anche Francesco Meli è al quinto 7 dicembre (terzo con Riccardo Chailly) e all’ottavo personaggio verdiano alla Scala dove, dopo il debutto scaligero nei Dialogues des Carmélites di Poulenc nel 2004, torna come Cassio nella ripresa dell’Otello diretto da Riccardo Muti e come Arbace nell’Idomeneo inaugurale della Stagione 2005/2006, diretto da Daniel Harding. Negli anni seguenti è Don Ottavio in Don Giovanni (Dudamel 2006), Leicester in Maria Stuarda (Fogliani 2008), Cantante italiano nel Rosenkavalier (Jordan 2011). Il 7 dicembre 2019 Mario Cavaradossi in Tosca è il suo primo Puccini alla Scala, dove ha già interpretato sette parti verdiane: Otello (Cassio), Giovanna d’Arco (7 dicembre 2015), I due Foscari, Don Carlo, La traviata, Ernani, Il trovatore, cui si aggiunge la Messa da Requiem diretta da Riccardo Chailly e l’aria di Riccardo da Un ballo in maschera nella serata “… a rivedere le stelle” del 7 dicembre 2020. Nella Stagione che si apre Meli tornerà a maggio come Riccardo nel Ballo in maschera diretto dal Maestro Chailly e a giugno come Enzo ne La Gioconda diretto da Frédéric Chaslin con la regia dello stesso Livermore.
Ildar Abdrazakov è al suo quinto 7 dicembre. Dal debutto ne La sonnambula nel 2001, Abdrazakov ha cantato alla Scala ne La forza del destino, Macbeth, Samson et Dalila, Iphigénie en Aulide (con Riccardo Muti, 7 dicembre 2002), Fidelio, Moïse et Pharaon (con Riccardo Muti, 7 dicembre 2003), Carmen, Lucia di Lammermoor, Les contes d’Hoffmann, Le nozze di Figaro, Don Carlo e Ernani oltre che nella Serata “… a riveder le stelle” il 7 dicembre 2020 e in numerosi concerti. Dotato di una tecnica vocale e di qualità sceniche che gli permettono di affrontare un vastissimo repertorio, Abdrazakov nei mesi scorsi è stato Gremin in Onegin a Liegi con Speranza Scappucci e Don Giovanni al Bol’Å¡oj mentre tra i prossimi impegni si contano Il turco in Italia a Monaco, L’italiana in Algeri a Zurigo, Tosca a Napoli e Boris Godunov a Vienna.
La parte di Malcolm è breve ma essenziale per la riuscita dell’opera: il 7 dicembre è affidata a uno dei tenori emergenti del momento, Iván Ayón Rivas, allievo tra gli altri di Juan Diego Flórez e Ernesto Palacio, che è stato recentemente Duca di Mantova in Rigoletto alla Fenice (e presto a Palermo e Trieste) e nel 2022 sarà Faust a Bologna e alla Fenice. La Dama di Lady è Chiara Isotton, che dopo l’Accademia scaligera e il debutto al Piermarini come Sacerdotessa in Aida diretta da Zubin Mehta ha recentemente debuttato come Tosca a Tokyo, Treviso e Piacenza e prossimamente sarà Elisabetta in Don Carlo a Marsiglia.
Lo spettacolo:
Frutto del lavoro della squadra artistica guidata da Davide Livermore nella quarta Inaugurazione di Stagione consecutiva, l’allestimento di Macbeth si presenta anche scenicamente come esito e compendio di un percorso al cui centro è il significato del potere, con i suoi spazi monumentali, i suoi simboli, il suo impatto sulle vite dei singoli ma anche con la sua fragilità e il suo inevitabile tramonto. Il trono di Attila, il sadismo annidato nelle stanze fastose di Tosca, lo sgretolarsi dei palazzi rappresentato con impressionante premonizione da Livermore nella Casa Bianca in fiamme, che faceva da sfondo al Credo di Iago nella serata “… a riveder le stelle” poche settimane prima dell’assalto al Campidoglio, si ritrovano in Macbeth in un nuovo contesto. Abbandonato il filtro della rappresentazione in costume, l’allestimento ci parla delle città del nostro tempo, santuari della ricchezza e del dominio eppure fragili ed esposte a oscure minacce. Città le cui prospettive si moltiplicano e si riflettono come nel film Inception (Christopher Nolan, 2010), immagini di un inconscio tortuoso, di un io smarrito.
Le scene di Giò Forma ci mostrano uno skyline che rimanda a quello delle grandi città americane, New York o Chicago, con il loro panorama di grattacieli. Negli interni troviamo la stessa dimensione metropolitana, arricchita di riferimenti ai classici dell’architettura novecentesca, da Frank Lloyd Wright a Ludwig Mies van der Rohe. Tra questi spicca un preciso riferimento a Milano con un omaggio a Piero Portaluppi, che ha segnato il panorama urbano milanese con edifici come il Palazzo della società Buonarroti-Carpaccio-Giotto in Porta Venezia e Villa Necchi Campiglio. Nel 1926 Portaluppi disegnò “Tre case nuove strambe”, progetto mai realizzato per l’edifico S.T.T.S. in corso Sempione: nel secondo disegno la facciata è occupata da un colossale labirinto. Questo labirinto torna in diverse dimensioni - architettoniche o decorative - e con molteplici funzioni come Leitmotiv dell’allestimento: affettuoso omaggio alla città e metafora dei tortuosi percorsi della mente dei protagonisti. Nelle sfarzose sale del palazzo di Macbeth e Lady si accumulano i simboli del potere, di cui fanno parte ricche collezioni d’arte, spesso con allusioni e omaggi ad artisti reali. Tra questi campeggia la statua di una pantera in cui si riflette la natura ferina di Lady.
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Milano non è solo nell’architettura ma anche nella moda: Gianluca Falaschi evita ogni citazione testuale ma ripercorre gusti e tendenze della creatività milanese degli ultimi decenni disegnando creazioni eleganti e lussuose per la corte in netto contrasto con la monocromia della folla, vestita di abiti diversi per foggia e tonalità su una stessa tinta di base.
A partire dal 2018, con Attila, Livermore e il suo team, anche a seguito della decisione della Rai, dal 2017, di portare su Rai Uno la diretta della Prima, hanno introdotto una riflessione sul teatro e i media che si è mossa su due direttrici: da un lato l’introduzione nella pratica teatrale di tecniche di altri media (per esempio il “piano sequenza” cinematografico che apriva Tosca nel 2019), dall’altro il dialogo diretto con la tv. Il trailer televisivo di Attila era un video che poi si ritrovava come parte dello spettacolo. Nel trailer di Tosca si vedeva Anna Netrebko in uno spazio che rimandava alla galleria di Palazzo Farnese, elementi della quale si sarebbero ritrovati nel secondo atto in teatro. Lo spettacolo di “emergenza”, pensato solo per la televisione l’anno scorso, è stato un nuovo capitolo, con la necessità di inventare una drammaturgia per trasformare una serie di arie in un’affermazione di vitalità del teatro (anche di prosa) italiano. In Macbeth torneranno i riferimenti cinematografici ma ibridati con l’estetica e i linguaggi del gaming, sempre più pervasivi nella creatività del nostro tempo. Proprio con un software di gaming Paolo Gep Cucco di D-Wok ha realizzato le scenografie digitali delle prime scene.