Natale a Bari tra poesie e tradizioni culinarie


VITTORIO POLITO
- Alcuni lustri fa Celeste e Vito Maurogiovanni curarono per Paolo Malagrinò Editore il tascabile “Natale a Bari” (raccolta di poesie dialettali).

Gli autori hanno il merito di aver riportato alla nostra memoria poesie natalizie di importanti autori e di aver contribuito alla salvaguardia del dialetto barese, difendendolo da chi pensa che esistano differenze tra Lingua e Dialetto mentre non ne esistono affatto, Questo concetto è sostenuto anche dall’autorevole Tullio De Mauro che, nella presentazione del “Dizionario del dialetto di San Marco in Lamis” (Levante), sostiene, tra l’altro, che: «Oggi meglio di ieri ci rendiamo conto di quanto ogni comunità umana sia naturalmente intrisa di plurilinguismo, di coesistenza, anche nelle singole persone, di capacità idiomatiche diverse».

I curatori hanno raccolto alcune poesie classiche - in lingua e in dialetto - di autori importanti, tutti scomparsi, ma hanno anche arricchito la pubblicazione con un’azione scenica natalizia “Stanotte a mezzanotte” di Vito Maurogiovanni. Inoltre, hanno aggiunto alcune note biografiche degli autori, tutti prestigiosi: Francesco Saverio Abbrescia, Michele Campione, Giuseppe De Benedictis, Vitantonio Di Cagno, Peppino Franco, Giuseppe Gioia, Saverio La Sorsa, Davide Lopez, Giovanni Panza, Armando Perotti, Maria Russo-Rossi, Gaetano Savelli.

Anna Maria Tripputi che firma l’introduzione afferma che “È innegabile, se pure espressa in italiano, la baresità di Michele Campione che usa il filtro della memoria per trasmettere e salvaguardare antichi saperi e consuetudini dimenticate: l’arte di fare le cartellate ‘ricami di pasta’, di tirare la sfoglia sottile con il ‘gesto agile del polso’, di profumare la casa con le bucce d’arancia”.


Gli autori andrebbero lodati per questa pubblicazione dal momento che Natale oltre ad essere una delle ricorrenze più importanti dell’anno, è anche la notte dei prodigi, dove tutto può accadere.

Vediamo qual è l’atmosfera in questo periodo? Mentre nella città vi è un gran via vai di gente, traffico impazzito e negozi ricolmi di merci, nel centro storico l’atmosfera è forse ancora quella del buon tempo antico, quando nell’aria si sentivano i buoni profumi “du cuètte” (vincotto), o della “tièdde de castagnèdde” (teglia di dolci di pasta di mandorle), “pecciuatèddere” (taralli di farina scaldati con anice o senza), “ècchie de Sanda Lecì” (tarallini natalizi ricoperti di glassa) ecc., che provenivano “da le settàne a la strate” (locali alla strada) o dai forni a legna.

Il barese, che risparmia per i pasti quotidiani, a Natale e per le grandi ricorrenze (le fèste terrìbele) non bada a spese, pur di fare bella figura, come ricorda Giovanni Panza (1916-1994), nel suo famoso libro “La checine de nononne - U mangià de le barise d’aiire e de iosce” (Schena Editore).

Va considerato che la cucina barese è semplice, non sofisticata, genuina, saporita, ma non mancano piatti elaborati come ad esempio, la lasagna imbottita (la sàgna o lasàgne o furne), piatti che si preparano solo in particolari occasioni, come appunto le ‘fèste terribele’.

Ed ora, sempre Giovanni Panza, illustra dettagliatamente quello che si mangia a Bari nelle festività natalizie.

Vescigghie: vermeciidde cu grenghe o capetòne, capetòne arrestute mbond’o spiite che le fronze de llore; u ccrute, tomacchie e mignitte, baccalà sott’acìte; sopataue, nusce, aminue, necedde, chiacune, frutte de stagione, pecciuateddre, carteddàte, castagnedde, pastriache, ecchie de sandalecì, resolie de lemòne, de mandarine, anesette, streghe, stomàdeche, ecc.

(Vigilia di Natale: spaghetti con il gronco o capitone, o con frutta di mare (noci, cozze, datteri, muscoli, o seppie, ecc.); capitone allo spiedo con foglie di alloro; frutta di mare cruda, comacchio, baccalà e pesciolini fritti e sott’aceto; verdura cruda, cartellate, castagnelle, paste reali, occhi di santa Lucia, torrone, liquore di limone o di mandarino, anisetta, strega, amaro, ecc.).

Natale: brote de vicce che la verdure o granerise o alde cose ca se fàscene cu bbrote; vicce allesse che l’anzalate; scarcioffe e lambasciune ndorat’e fritte; u ccrute d’avanze, ecc.

(Natale: brodo di tacchino con verdura, riso o altro; lesso di tacchino con contorno di insalata verde; carciofi e lampascioni indorati e fritti; frutta di mare eventualmente avanzata; verdura cruda, frutta di stagione e tutto il resto come il giorno della vigilia).

Sande Stèfene: tembane ’o furne, carne a ragù; agniidde arrestute e patàne fritte; u reste accom’a l’alde dì.

(Santo Stefano: timballo al forno, carne a ragù, agnello alla brace con contorno di patatine fritte; il resto come i giorni precedenti).

Per i baresi sono irrinunciabili certi antipasti di mare come l’aliscette (alicette); l’alliive (seppioline); le calamariidde (calamaretti); la meroske (piccoli pesci); le pulperizze (piccoli polpi arricciati); le rizze (i ricci) e, dulcis in fundo, u ccrute (il crudo), rappresentato dalla varietà di frutti di mare (cozze pelose, noci, ostriche, canestrelle, tartufi di mare, datteri ecc.). Tutte prelibatezze marine da consumare rigorosamente crude, ma sconsigliate, per motivi di igiene e salute, da alcune ordinanze comunali, mentre un decreto ministeriale ha proibito, per motivi di tutela ambientale, il prelievo, la vendita ed il consumo dei datteri di mare.

E, per terminare, una poesia di Gaetano Savelli (1896-1977), ripresa dallo stesso volume di Celeste e Vito Maurogiovanni.

 

Natale

di Gaetano Savelli

 

Sònene le cambàne: ’mmenzannotte:

Jè nate, pasce au munne – ’u Redentore,

Cudde ca ’nge sapì dà tutt’u core…

Sònene le cambàne: ’mmenzannotte!

Ogne case ’u presebbie che la grotte

E la stelle lecende totta d’ore,

E le Re magge che le facce gnore,

Ogne case ’u presebbie che la grotte

’Mmmenz’a la strate spàrene zambìne

E càndene la ninna nanne a core

Drete à la bregessione du Bammine:

- Amore eterno! – càndene a Gesù,

Che la Fete chiù granne jind’au core,

La Fete ca non pote merì chiù.

Posta un commento

Nuova Vecchia

Modulo di contatto