(credits: Levante Editori) |
Non tutti sanno quanto sia stata determinante, nel 1963, la signora Lina Wertmuller per la riuscita del film di Federico Fellini «Otto e mezzo»: lei da aiuto regista fu fondamentale in molte scene per il suo spirito ‘rivoluzionario’. Lo stesso Fellini, intuitone il talento non comune, la convinse a coltivare quel suo modo grottesco di raccontare per immagini. In quello stesso anno ecco apparire «I basilischi» che, pur un non esperto di cinema, può annotare ‘ispiratosi’ alle gesta dei vitelloni felliniani: una versione meridionale più dura e una ‘colta’ presa di posizione contro i luoghi comuni.
La Wertmuller ha il grande merito di aver reso simpatico ai miei occhi un attore come Giancarlo Giannini: non mi piaceva quel suo modo ‘stilizzato-ingolfato’ di recitare in romanzi a puntate che allora imperavano in televisione ( quei filmati rivisti ora, dopo lo sdoganamento della signora premio Oscar alla carriera, aumentano la considerazione per la bravura dell’attore nato a La Spezia, diplomato a Napoli ed allievo a Roma dell’Accademia Nazionale d’Arte Silvio D’Amico, dove fu notata subito da Giuseppe Patroni Griffi). Nel 1972 ecco un film bellissimo «Mimì metallurgico ferito nell’onore» e 3 anni dopo quel capolavoro «Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto», seguito nei mesi successivi da «Pasqualino sette bellezze» : dal metallurgico in poi sono un estimatore convinto di Giannini, perfino nel momento in cui… canta brani di Modugno Domenico.
A novembre 1989 il grande Giorgio Saponaro che stava pubblicando, sempre per Levante, una nuova, ampliata edizione del suo ancor oggi valido «Bari impossibile», in cui in copertina vi era una “Pomona’ ( Antica dea del Lazio, protettrice dei frutti e dei giardini, moglie di Vertumno: questa la definizione classica di Ovidio) di Raffaele Spizzico fotografata da Frasca, riuscì a farsi regalare da Lina Wertmuller una stupenda definizione di Bari:
Bari è una sirena incantata, abitata da gente bellissima e mite.
Una città dal carattere solare.
Un varco fra Oriente e Occidente. Una Venezia del Sud.
Mi sono lasciata incantare dalla pulizia dei luoghi,
dai riflessi caldi della luce,
dalla dolcezza antica dipinta dalle facce.
Lina Wertmuller
Chiaramente Arcangela Felice Assunta Wertmuller von Elgg Spanol von Braueich richiama un albero genealogico svizzero del cantone tedesco, invece le radici ramificano presso Genzano di Lucania, un comune a quasi 600 metri sul livello del mare situato sulla sponda sinistra del Bradano, anche se risulta nata a Roma, ma a noi baresi colpisce il messaggio della definizione che la regista ci regala sulla nostra città e sarebbe bello che ogni giorno TUTTI si comportassero in maniera tale da farle diventare ‘sostanza reale’.
La signora dai cappelli corti e occhiali bianchi, osannata in tutto il mondo, sarebbe contenta se Bari cercasse di meritare e legittimare ogni giorno quel giudizio generoso, ma in fondo veritiero. Famosa perché in una breve intervista sul perché avesse deciso di fare la regista ‘sentenziò’ :” Questo lavoro, come qualsiasi altro lavoro, non si può fare perché si è donna o perché si è uomo, lo si fa per passione”, evito di riferirvi come la pensasse sugli uomini perché non gioverebbe alla causa di nessuno.
Posso solo ricordare ai baresi miei amici, a coloro che non mi conoscono e a tutti i fratelli e sorelle che pensano con orgoglio al loro essere BARESI che le parole della Lina nazionale ci mettono su un piedistallo che dovremmo abituarci a difendere giornalmente perché «Homo faber fortunae suae» è valido per tutti e come grida la magnifica ‘curva’ al San Nicola ‘Bari nel nostro cuore’ non è una promessa, ma un impegno per sempre.