BARI – «Sul Parco della Giustizia, nonostante gli sforzi di Ministero della Giustizia, Sottosegretario Sisto e
sindaco Decaro, la nomina del commissario straordinario e la norma speciale del Decreto Infrastrutture che avevano riacceso
gli entusiasmi di magistratura e avvocatura barese, da quel poco che sappiamo siamo nuovamente al cospetto di
complicazioni e lungaggini burocratiche che recano grande incertezza sui tempi di realizzazione dell’opera.
La pubblicazione del concorso per la progettazione prevista per lo scorso dicembre non c’è stata e, inoltre, la previsione per la partenza dei lavori è ora fissata ad agosto 2023. Tutto questo, oltre che i tempi estremamente dilatati per ogni step procedurale, ci fanno temere che la realizzazione del primo lotto entro metà 2025, già in ritardo rispetto al precedente cronoprogramma, difficilmente possa avvenire. Procedendo in tal modo, l’ultimazione dei sei lotti porterà via tempi lunghissimi e inaccettabili per una comunità che soffre ormai da troppo tempo». A dichiararlo, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario del Distretto della Corte d’Appello di Bari, il presidente dell’Ordine degli Avvocati di Bari Giovanni Stefanì che, ricordando «gli spazi a disposizione della Giustizia a Bari sempre più inadeguati e insufficienti e i caratteri d’urgenza e di connotazione strategica dell’opera» ha auspicato che per il Parco della Giustizia si possano «utilizzare le procedure semplificate che permisero al ponte Morandi di Genova, opera ben più complessa, di essere progettato e realizzato in due anni».
Sulla gestione della giurisdizione a livello locale, inclusa l’edilizia giudiziaria, Stefanì ha auspicato «nell’ambito di una riforma di ampio respiro, il coinvolgimento dell’avvocatura, componente essenziale dell’ordinamento giudiziario e in grado di fornire contributi importanti per cercare di rispondere alle necessità dei territori, sebbene la carenza di risorse renda sempre più complicato tutto ciò».
Inoltre, ricordando il prossimo ingresso di oltre 300 addetti negli uffici del processo del distretto della Corte di Appello di Bari, Stefanì si augura che «questi rinforzi possano entrare quanto prima negli ingranaggi della macchina della giustizia barese per dare un contributo allo smaltimento delle migliaia di procedimenti pendenti e alla riduzione dei tempi dei processi. Tuttavia, a Bari come altrove, negli uffici del processo sta per configurarsi una clamorosa situazione di incompatibilità: i tanti avvocati che hanno superato la selezione potranno continuare a esercitare la professione legale nello stesso foro in cui presto inizieranno a lavorare a stretto contatto coi giudici. È stata, infatti, disposta una norma in deroga all’incompatibilità di questi avvocati vincitori della selezione con grave violazione del principio dell’indipendenza e autonomia dell’avvocato. Occorre quanto prima un provvedimento che disponga la sospensione della loro attività professionale o, quanto meno, la possibilità di proseguirla ma in un altro foro».
Infine, Stefanì ha fatto cenno ai redditi medi degli avvocati baresi, «circa il 17% più bassi rispetto a quelli di dieci anni fa» e alle spese legali liquidate per il lavoro svolto in giudizi con patrocinio a spese dello Stato «mortificanti, sia per quanto riguarda l’entità che i tempi di corresponsione, alcune volte superiori ai 4 anni».
La pubblicazione del concorso per la progettazione prevista per lo scorso dicembre non c’è stata e, inoltre, la previsione per la partenza dei lavori è ora fissata ad agosto 2023. Tutto questo, oltre che i tempi estremamente dilatati per ogni step procedurale, ci fanno temere che la realizzazione del primo lotto entro metà 2025, già in ritardo rispetto al precedente cronoprogramma, difficilmente possa avvenire. Procedendo in tal modo, l’ultimazione dei sei lotti porterà via tempi lunghissimi e inaccettabili per una comunità che soffre ormai da troppo tempo». A dichiararlo, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario del Distretto della Corte d’Appello di Bari, il presidente dell’Ordine degli Avvocati di Bari Giovanni Stefanì che, ricordando «gli spazi a disposizione della Giustizia a Bari sempre più inadeguati e insufficienti e i caratteri d’urgenza e di connotazione strategica dell’opera» ha auspicato che per il Parco della Giustizia si possano «utilizzare le procedure semplificate che permisero al ponte Morandi di Genova, opera ben più complessa, di essere progettato e realizzato in due anni».
Sulla gestione della giurisdizione a livello locale, inclusa l’edilizia giudiziaria, Stefanì ha auspicato «nell’ambito di una riforma di ampio respiro, il coinvolgimento dell’avvocatura, componente essenziale dell’ordinamento giudiziario e in grado di fornire contributi importanti per cercare di rispondere alle necessità dei territori, sebbene la carenza di risorse renda sempre più complicato tutto ciò».
Inoltre, ricordando il prossimo ingresso di oltre 300 addetti negli uffici del processo del distretto della Corte di Appello di Bari, Stefanì si augura che «questi rinforzi possano entrare quanto prima negli ingranaggi della macchina della giustizia barese per dare un contributo allo smaltimento delle migliaia di procedimenti pendenti e alla riduzione dei tempi dei processi. Tuttavia, a Bari come altrove, negli uffici del processo sta per configurarsi una clamorosa situazione di incompatibilità: i tanti avvocati che hanno superato la selezione potranno continuare a esercitare la professione legale nello stesso foro in cui presto inizieranno a lavorare a stretto contatto coi giudici. È stata, infatti, disposta una norma in deroga all’incompatibilità di questi avvocati vincitori della selezione con grave violazione del principio dell’indipendenza e autonomia dell’avvocato. Occorre quanto prima un provvedimento che disponga la sospensione della loro attività professionale o, quanto meno, la possibilità di proseguirla ma in un altro foro».
Infine, Stefanì ha fatto cenno ai redditi medi degli avvocati baresi, «circa il 17% più bassi rispetto a quelli di dieci anni fa» e alle spese legali liquidate per il lavoro svolto in giudizi con patrocinio a spese dello Stato «mortificanti, sia per quanto riguarda l’entità che i tempi di corresponsione, alcune volte superiori ai 4 anni».