La diffusione della variante Omicron ha di fatto – spiega Coldiretti – prolungato le difficoltà per ristoranti, agriturismi e bar anche nel mese di gennaio mentre il balzo dei prezzi energetici ha fatto impennare i costi di produzione in campi, stalle, serre e cantine. I locali si sono svuotati per il timore provocato dalla rapidità di diffusione dei contagi, per lo smart working e per il calo del turismo ma anche – sottolinea la Coldiretti – per il fatto che milioni di italiani sono stati costretti a casa perché positivi al Covid, hanno avuto contatti a rischio e sono in quarantena o sono privi di green pass perché non vaccinati.
Una drastica riduzione dell’attività che – sottolinea la Coldiretti – pesa sulla vendita di molti prodotti agroalimentari, dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco. In alcuni settori come quello ittico e vitivinicolo la ristorazione – continua la Coldiretti –rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato ma ad essere stati più colpiti sono i prodotti di alta gamma dal vino ai salumi, dai formaggi fino ai tartufi.
Nell’attività di ristorazione – rileva la Coldiretti – sono coinvolti circa 360mila tra bar, mense, ristoranti e agriturismi nella Penisola ma le difficoltà si trasferiscono a cascata sulle 70mila industrie alimentari e 740mila aziende agricole lungo la filiera impegnate a garantire le forniture per un totale di 3,8 milioni di posti di lavoro.
Si tratta di difendere la prima ricchezza del Paese con la filiera agroalimentare nazionale che nel 2021 è salita al valore di 575 miliardi pari al 25% del Pil nazionale ma è anche una realtà da primato per qualità , sicurezza e varietà a livello internazionale. Occorre salvaguardare – conclude la Coldiretti – un settore chiave per la sicurezza e la sovranità alimentare soprattutto in un momento in cui con l’emergenza Covid il cibo ha dimostrato tutto il suo valore strategico per il Paese.