DELIO DE MARTINO - «Un poema solitamente considerato inaccessibile ai bambini». Così Maria Montessori definì la Divina commedia in una conferenza a Londra del 1933, ripubblicata di recente da Paola Trabalzini nel volume Dante con i bambini (Brescia, Morcelliana, 2021). In quell’occasione la nota pedagogista italiana illustrando un suo esperimento di pedagogia attiva dimostrò che invece quel poema non era così inaccessibile, come si pensava, ma che anzi proprio i bambini, con la loro sensibilità e spontaneità, potevano rivelarsi i lettori più capaci di entrare nel vivo dei sentimenti del divino poeta.
Montessori aveva ragione. Una trentina di anni dopo una conferma venne da un insigne professore di San Marco in Lamis emigrato a New York, Joseph Tusiani.
Nel 1965, in occasione dell’anniversario dantesco dei 700 anni dalla nascita del divino poeta, Tusiani pubblicava in America Dante’s Inferno. As told for young people, un Inferno riscritto appositamente per un pubblico di giovani, realizzato non solo con creatività ma anche con uno stile letterariamente valido.
Tre anni dopo quel primo adattamento per giovani dell’Inferno anni fecero seguito il Purgatorio (1968) e il Paradiso, che circolava già in edizione pirata fino a quando nel 2001 rientrò, insieme ai due precedenti volumi, nella raccolta Dante’s Divine Commedy. As told for young people. In occasione di un altro anniversario, quello appena concluso dei 700 anni dalla morte di Dante, quest’ultima opera è stata ora finalmente pubblicata anche in Italia con il titolo La Divina Commedia di Dante raccontata ai giovani (Centro Editoriale San Marco, 2021), nella traduzione italiana di Cosma Siani (con la collaborazione di Mariantonietta Di Sabato), autore anche di un’utile premessa su Tusiani dantista e con la Prefazione di Raffaele Cera, promotore della pubblicazione.
In realtà non è la prima volta che Tusiani riflette su Dante e sul rapporto con il mondo degli studenti e della scuola. Un primo spunto del 1952 si può rintracciare nel romanzo giovanile Dante in licenza (Verona, Nigrizia), del quale curai una nuova edizione (Levante editori, 2015), in occasione dei 750 anni della nascita di Dante. Nel romanzo, di cui nel 1965 sarebbe uscita una nuova versione ampliata inglese (Envoy fromn Heaven. A Novel, New York, Obolensky), Tusiani aveva immaginato un Dante che tornava sulla terra per confrontarsi con i nuovi peccati dell’Italia degli anni ’50. Nel capitolo decimo, intitolato Dante esaminato su Dante, il redivivo Dante, ritrovatosi in ristrettezze economiche, tentava di superare un concorso per insegnare in un liceo privato. Ma nonostante il colloquio di lavoro vertesse proprio su di lui e la sua opera più importante, veniva clamorosamente e beffardamente bocciato dai commissari d’esame. Il divertente episodio costituisce una vera e propria critica pedagogica delle modalità di insegnamento dell’epoca, basate su dogmi e nozionismo. La commissione di professori lo esamina con atteggiamento spocchioso ostentatamente ex cathedra e lo interroga sulla numerologia della Commedia e su nozioni tecniche date per scontate ma anche su presunte “verità”, invano sconfessate da Dante stesso.
Alla fine dell’esame il verdetto della commissione è che la Divina commedia “non è per lui”. Un giudizio dietro il quale si cela la stigmatizzazione di un modello di scuola esclusiva e dogmatica, priva di sensibilità pedagogica e con docenti inadeguati e arroccati sulla loro presunta onniscienza.
Sulla scia di questa severa critica alla scuola La Divina Commedia di Dante raccontata ai giovani appare ancora oggi un’opera preziosa sia dal punto di vista storico e letterario che da quello pedagogico. Con questo volume Tusiani contribuì infatti ad avvicinare i bambini americani al capolavoro dantesco, ma senza trascurare la qualità della scrittura e mettendo in atto strategie narrativo-pedagogiche, la cui efficacia ancora oggi è evidente.
La traduzione italiana del libro del 2001 permette ora di apprezzare anche nel Bel Paese la qualità letteraria della scrittura di Tusiani e di entrare meglio nelle strategie pedagogiche che gli consentirono di rendere avvincente anche per un bambino americano l’avventura del divino poeta nei tre regni dell’oltretomba.
Già sfogliando le prime pagine si riconosce la grande competenza e padronanza di Tusiani. In una modernissima logica interattiva, si rivolge direttamente al piccolo lettore già dal primo canto, ponendogli un interrogativo retorico: «Come ti sentiresti, se, svegliandoti in piena notte, tu non ti trovassi più nella tua stanza, ma in un bosco folto e scuro … ?». A partire da questa domanda Tusiani prende per mano il piccolo lettore per accompagnarlo quasi come un “secondo Virgilio” attraverso i diversi canti e i diversi episodi sempre con delicatezza e rispetto.
Procedendo nella lettura si nota come riesca nella non facile sfida di riscrivere i canti immortali composti in endecasillabi nel volgare fiorentino adattandoli alla asciutta sintassi dell’inglese contemporaneo con l’obiettivo di rendere più agevole la lettura da parte dei giovani americani.
Utilizzando questo linguaggio giovanile Tusiani traduce il poema quasi in una favola, smorzandone i toni più violenti ma senza mai tradire la fedeltà al poema. Anzi proprio per ancorare l’adattamento al poema originale sono numerose le citazioni testuali dei versi più suggestivi, ma sempre efficacemente spiegati con un linguaggio chiaro ma non povero. Le citazioni sono spesso inserite come introduzione al testo di Tusiani, altre volte in posizione centrale o comunque come “centro di gravità” del capitolo.
Ad ogni modo, come evidenzia nella premessa Siani, non mancano pagine in cui Tusiani, intuendo l’eccessiva distanza tra la cultura medievale italiana e il contesto sociopolitico americano degli anni ’60, traduce alcuni termini più liberamente per attualizzare personaggi e situazioni che sta narrando. Esempi sono il caso di “anzïan” tradotto come “senatore” nell’Inferno e l’ancora più ardito anacronistico riferimento ad un “architetto astronautico” nel Paradiso, particolarmente suggestivo negli anni precedenti allo sbarco di Neil Armstrong sulla luna.
L’abilità di adattare ai giovani i versi di Dante è lampante anche nei numerosi dialoghi che animano il testo. Personaggi infernali o di altissimo valore spirituale si esprimono con il linguaggio di un moderno teenager. Lo stesso Dante si comporta come uno studente di scuola. Ad esempio al cospetto di San Pietro Dante appare «come uno studente che rivede velocemente i propri appunti pochi instanti prima dell’esame» (capitolo nono del Paradiso).
Non manca un accenno nostalgico e poetico alla terra natale dell’autore, la Puglia. Nel capitolo dodicesimo dell’Inferno per introdurre la nona bolgia, quella dei seminatori di discordie e di scismi, Tusiani descrive in termini quasi favolistici la sua regione. L’occasione la offre il XXVIII canto dell’Inferno dove Dante allude alla guerra punica e cita «la fortunata terra/ di Puglia». Ma Tusiani approfitta di questo spunto per descrivere al giovane lettore la regione con una rapida ma intensa “panoramica”: «nell’Italia meridionale c’è una regione oggi chiamata Puglia e in tempi antichi Apulia bruciata da un sole implacabile, e la sua montagna più alta, il Gargano è brulla e venata da righe rossastre come di sangue coagulato».
La descrizione parte dal Gargano per poi procedere verso sud e raccontare la battaglia di Canne, già citata da Dante, e il sangue versato da Annibale per paragonarlo a quello che scorre nella bolgia dantesca, come aveva fatto Dante ma in maniera più esplicita e chiara.
L’opera di Tusiani appare oggi ancora più preziosa guardandola da una prospettiva storico-sociologica perché si inserisce in un contesto storico, quello del ‘900, in cui si è ripetutamente cercata la via migliore per avvicinare ai bambini l’immaginario dantesco.
Le strade intraprese sono state diverse e multiformi. Non molti anni fa Sabrina Fava ne ha ricordate alcune significative in un saggio intitolato Dante per i bambini: percorsi tra riduzioni e riscritture nella prima metà del Novecento (“Ricerche di Pedagogia e Didattica” 9, 3, 2014): In piccioletta barca di Ettore Janni (1921), libro un po’ retorico e celebrativo, Dante dei piccoli di Dino Provenzal (1922), in cui viene raccontato attraverso un dialogo tra uno zio dantista e i suoi nipotini, e Piccolo Dante di Gherardo Ugolini (1928) con le illustrazioni di Carlo Salodini, destinato ai fanciulli ma anche al popolo, e L’inferno di Topolino di Guido Martina (1949), scritto addirittura in simpatiche terzine dantesche e con disegni di Angelo Bioletto. A quella versione a fumetti ne seguirono numerose altre Disney e non solo, sulle quali hanno attirato l’attenzione Annamaria Cotugno, Dante a fumetti (Edizioni deI Rosone, 2009), il fascicolo monografico V, 2018 della rivista “Dante e l’arte” intitolato Dante e il fumetto e un mio articolo Dante e Disney in “Amica Sophia” XIV, 5, 2019. E non andrebbero dimenticati, ancora oggi godibilissimi, i caroselli animati danteschi come quello di Petrus Boonekamp che propone una versione parodica di Dante e Virgilio negli anni del boom economico.
La ricerca della “retta via” per adattare Dante ai giovani è proseguita fino ai nostri giorni come testimonia una canzone della 58° edizione dello Zecchino d’oro, Una commedia Divina, accompagnata da un video animato molto efficace con un Dante e Beatrice alle prese con selfie e smartphone (2015). Intanto, fra le più rivoluzionarie rivisitazioni, spiccano le narrazioni digitali dei nuovi media come il videogioco Dante’s Inferno della Electronic arts (2010), probabilmente la riscrittura multimediale di Dante che maggiormente ha contribuito a far conoscere il divino poeta anche oltreoceano nel nuovo millennio.
La formula “Dante per bambini” risulta dunque ormai sempre più condivisa, vincente. Lo mostra un ulteriore recente volume di Giorgio Vacchelli, Dante e i bambini (Lemma Press, 2019) e la serie di fascicoli danteschi per bambini da edicola, tra i quali spicca la trilogia Dante per gioco. Inferno, Purgatorio, Paradiso di Cinzia Bigazzi con illustrazioni di Valentina Canocchi (Federighi, 2007-2008) e La Divina commedia raccontata ai bambini di Piccione Annamaria (Mondadori, 2021), La Divina Commedia per bambini (Hachette, 2021).
Insomma se, come scrisse la Montessori in un’altra conferenza del 1933 tenuta a Barcellona, «moltissimi professori di letteratura in Italia hanno detto che sarebbe impossibile far capire Dante ai fanciulli», invece tutta questa produzione dà invece pienamente ragione alla sua tesi che «le cose elevate devono essere date al bambino, il quale ha uno spirito di semplicità e di intuizione che permette alle cose di penetrare in lui, anche quelle che qualche volta possono sembrare all’adulto oscure». In particolare proprio il volume di Tusiani costituisce una preziosa riprova di quanto, con appropriati approcci pedagogici e opportuni strumenti, anche i bambini, non solo italiani, possano apprezzare la Divina Commedia, forse ancora più degli adulti perché più capaci di sintonizzarsi con le emozioni del poeta.
Il messaggio finale che i bambini di ieri e di oggi, sfogliando le pagine di questo simpatico volume, possono cogliere è quello che Tusiani scrive a conclusione dell’opera, ovvero che «La visione di Dio dura un frammento di attimo, ma in quell’attimo infinitesimale Dante, e con lui tutta l'umanità, scoprono i segreti dell’amore divino, “l’amor che move il sole e l'altre stelle”».