BARI – Tre misure cautelari personali, due agli arresti domiciliari ed un obbligo di dimora, sono state eseguite dai carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Bari nei confronti di 3 imprenditori del foggiano, al termine di indagini condotte nell’ambito dell’attività di contrasto agli illeciti in materia ambientale. Su disposizione del Gip di Bari i carabinieri hanno anche sottoposto a sequestro due impianti per il trattamento di rifiuti a Lucera, nel foggiano, e Modugno, nel barese.
L’attività investigativa, denominata “Blacktop” e che vede indagate complessivamente 50 persone, ha avuto inizio a settembre 2019 con il sequestro di due aree agricole a Cerignola e ha permesso di acquisire gravi indizi sullo svolgimento di un’attività di traffico illecito di rifiuti speciali che ha interessato le province di Foggia, Bat, Bari e Brindisi.
Le indagini espletate, anche attraverso intercettazioni, avrebbero evidenziato una continuativa attività di traffico di rifiuti, costituiti da circa 120.000 tonnellate di “fresato d’asfalto”, proveniente dai cantieri per il rifacimento del fondo stradale di circa 450 chilometri di Strade Statali in Puglia, gestite dall’ANAS spa, che sarebbero stati smaltiti illecitamente in località ignote o su fondi agricoli di proprietari compiacenti, senza aver ricevuto alcun trattamento che potesse consentire il riutilizzo dello specifico rifiuto, quale “conglomerato bituminoso” utile per asfaltare o, in alternativa, una volta “inertizzato”, quale materiale da riempimento, utile in campo edilizio o per attività di ripristino ambientale.
Il compendio indiziario avrebbe accertato per gli indagati un risparmio sui costi, mai sostenuti, per il trattamento e il successivo smaltimento dei rifiuti, quantificabile in circa 1milione e 200mila euro.
Secondo l’impostazione accusatoria, il fresato veniva, di fatto, caricato presso i cantieri stradali su automezzi in uso alla società assegnataria dell’appalto ANAS e smaltito illecitamente. Da quanto emerge indiziariamente, i documenti di trasporto sarebbero stati sistematicamente falsificati, consentendo una trasformazione cartolare del rifiuto “fresato d’asfalto”, che avrebbe dovuto prendere la via della discarica, in “materiale inerte secondario”.