ROMA - “Sulla demonizzazione dello smart working il Ministro Brunetta è recidivo, a dimostrazione di un pregiudizio radicato e insuperabile nei confronti del lavoro da casa. Se solo si sforzasse di guardare alla diversità delle realtà individuali e familiari, alle difficoltà quotidiane di molti che potrebbero essere alleviate grazie al telelavoro, forse avrebbe un’opinione differente di questo strumento". Lo dichiara Ubaldo Pagano, Capogruppo PD in Commissione Bilancio a Montecitorio.
"Basterebbe anche solo considerare - prosegue - ciò che ci ha permesso di fare durante i mesi di pandemia, in cui i servizi pubblici non si sono mai fermati grazie a chi, seppure lontano dalla scrivania del suo ufficio, ha continuato a lavorare senza sosta e spesso dotandosi autonomamente dei dispositivi necessari. La verità è differente rispetto a quella che descrive il Ministro. È un modello lavorativo per il futuro, attraverso cui è possibile incrementare la produttività e meglio conciliare i tempi di vita e di lavoro.
Capire quali sono i limiti dello smart working “all’italiana” e i suoi vantaggi aiuta a comprendere meglio le critiche di chi vorrebbe eliminarlo e le ragioni di chi sostiene che rappresenti il primo modello di un futuro lavorativo per certi versi inevitabile, considerando il progresso tecnologico e culturale”, conclude Pagano.
"Basterebbe anche solo considerare - prosegue - ciò che ci ha permesso di fare durante i mesi di pandemia, in cui i servizi pubblici non si sono mai fermati grazie a chi, seppure lontano dalla scrivania del suo ufficio, ha continuato a lavorare senza sosta e spesso dotandosi autonomamente dei dispositivi necessari. La verità è differente rispetto a quella che descrive il Ministro. È un modello lavorativo per il futuro, attraverso cui è possibile incrementare la produttività e meglio conciliare i tempi di vita e di lavoro.
Capire quali sono i limiti dello smart working “all’italiana” e i suoi vantaggi aiuta a comprendere meglio le critiche di chi vorrebbe eliminarlo e le ragioni di chi sostiene che rappresenti il primo modello di un futuro lavorativo per certi versi inevitabile, considerando il progresso tecnologico e culturale”, conclude Pagano.
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