Migranti, pandemia, guerre: l'intervento del Papa a 'Che tempo che fa'


CDV - Per la prima volta un pontefice viene intervistato in diretta in un talk show televisivo. Tanti i temi toccati da papa Francesco durante l'intervento.

"Ci sono lager nella Libia", "dobbiamo pensare alla politica migratoria" e l'Europa deve farlo insieme. "L'Unione europea deve mettersi d'accordo" evitando che l'onere ricada solo su alcuni Paesi come "l'Italia e la Spagna", ha sostenuto Papa Francesco, ricordando le sofferenze dei migranti che attraversano il Mediterraneo, "ormai diventato un cimitero", per sfuggire alle guerre e alla fame. E allora non bisogna girarsi dall'altra parte. "Ci manca il toccare le miserie e il toccarle ci porta all'eroicità, penso a medici e infermieri che hanno toccato il male durante la pandemia e hanno scelto di stare lì. Il tatto è il senso più pieno".

Quindi ancora la guerra nelle riflessioni del Papa. "C'è un problema di categorizzazione, di primo e secondo posto e le guerre, mi dispiace dirlo, in questo momento sono al primo posto. Bambini, migranti, poveri, coloro che non hanno da mangiare non contano, sono nelle categorie basse, non sono al primo posto. Nell'immaginario universale quello che conta è la guerra. Con un anno senza fare armi si può dare da mangiare e fare educazione per tutto il mondo in modo gratuito, ma questo è in secondo piano. Si pensa alle guerre, è duro ma è la verità. La prima categoria è la guerra, gli altri al secondo posto. Guerra ideologica, commerciale, di potere, per andare avanti e tante fabbriche di armi".

Poi uno sguardo alle famiglie. "Serve vicinanza con i figli: quando si confessano coppie giovani o parlo con loro chiedo sempre: 'tu giochi con i tuoi figli?' A volte sento risposte dolorose: 'Padre, quando esco dormono e quando torno pure'. Questa è la società crudele che allontana genitori dai figli. Anche quando i figli fanno qualche scivolata, anche da grandi, bisogna essere loro vicini, bisogna parlare ai figli. I genitori che non sono vicini non operano bene, devono essere quasi complici dei figli, quella complicità che permette di crescere insieme padri e figli". "Come fa a sopportare tutto quello che succede nella società?" chiede ancora Fabio Fazio e il Papa risponde: "Se lei vede tanta gente che sopporta cose brutte quotidiane, gente che sopportano difficoltà familiari e economiche, padri di famiglia che vedono che con il salario non arrivano a fine mese, non sarei onesto a dire che sopporto tanto. Sopporto come tanta altra gente. E poi non sono solo. Ho uomini e donne brave che mi aiutano, non sono un campione di peso che sopporta le cose, sopporto come sopporta tanta gente".

"Tutti abbiamo il diritto ad essere perdonati". "Lo sguardo dall'alto in basso non è lecito, mai: è lo sguardo di chi domina. Dio ci ha fatto buoni ma liberi, la libertà è quella che ci permette di fare tanto bene ma anche tanto male, siamo liberi. Siamo liberi e padroni di prendere le nostre decisioni, anche sbagliate. La capacità di essere perdonato è un diritto umano, tutti abbiamo il diritto di essere perdonati se chiediamo il perdono. Abbiamo dimenticato che chi mi chiede il perdono ha il diritto di essere perdonato, se si ha qualche debito con la società va pagato ma col perdono. il padre del figliol prodigo aspettava il figlio per perdonarlo". Poi qualche confessione più intima.

La vita di oggi nella sua normalità. "Sì, ho degli amici che mi aiutano", "pochi ma veri" e con loro c'è un rapporto "normale". Poi scherza: "Non che io sia normale, ho delle mie anormalità ma mi piace stare con gli amici. Io ho bisogno degli amici. E' uno dei motivi per il quale non sono andato ad abitare all'appartamento pontificio. Gli altri Papi sono santi ma io non sono tanto santo, ho bisogno dei rapporti umani".

Da piccolo come immaginava il futuro? "La prima cosa che volevo fare era il macellaio" perché "quando andavo a fare la spesa con la nonna vedevo il macellaio che aveva davanti una borsa dove metteva tanti soldi", "sarà la mia radice genovese...". Poi gli studi in chimica e la preparazione per entrare nella facoltà di medicina "ma poi è arrivata la vocazione".

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