LIVALCA - A Digione, città della Francia orientale e capoluogo del dipartimento noto come Costa d’Oro ad oltre trecento chilometri da Parigi, nasce nel 1832 Alexandre-Gustave Eiffel. I primi studi in un collegio della città natale e poi a Parigi presso il liceo St.-Barbe, subito dopo frequenta “l’École Centrale des Arts et Manifactures”, dove si laurea in ingegneria civile nel 1855 e due anni dopo viene ammesso nella “Société des Ingénieurs Civils de France”.
Da subito iniziò a lavorare come libero professionista e alcuni biografi lo inseriscono fra coloro che collaborarono alla costruzione di un ponte in ferro sulla Garonna a Bordeaux (quest’opera riveste una grande importanza, come vedremo in seguito, perché l’antica città romana chiamata Burdigala fece da cupido al giovane ingegnere chi si innamorò della figlia del ricco commerciante Borgès: la conoscenza avvenne perché il possidente affittò ad Eiffel un appartamento e…) e alla realizzazione di strutture metalliche per la seconda Esposizione Universale di Parigi del 1867, a cui parteciparono 41 paesi. L’opera consisteva nel costruire sette gallerie ellittiche che avevano lo scopo di dare l’idea della grandezza del mondo e che confluivano nella Galérie des Machines. Da quello che ho potuto dedurre si trattava di lavori, per quei tempi, eccezionali ed arditi a tal punto da far sparire le catene che erano a vista per ogni opera. Ritemprato da tale successo Eiffel diede vita ad una propria azienda denominata “Société de Construction de Levallois-Perret” che progettò e costruì alcuni gasometri; la sua elevata ingegnosità innovativa lo fece assurgere a punto di riferimento per tutti coloro che ambivano realizzare qualcosa di originale non soltanto per qualità di materiali, ma anche per accuratezza estetica. Fu la sua azienda a fornire le strutture portanti per la Sinagoga a Parigi e, in parte, anche per la Chiesa di Notre-Dame.
Eiffel in questo periodo si specializzò nella fornitura di piloni in ghisa per realizzare viadotti metallici ed alcuni sostengono che il suo modello di riferimento sia stato l’ingegnere tedesco di Stoccarda Wilhelm Nördlinger, direttore generale delle Ferrovie del Tibisco. Non sono in grado di valutare le innovazioni tecnologiche di Eiffel, ma ritengo che egli sia diventato famoso per aver eliminato la ghisa nella costruzione dei piloni dei ponti e per aver ridotto metodicamente a 4 le pareti reticolari. Fu proprio questa innovazione che lo condusse in Portogallo dove nel 1877 costruì il ponte di Douro, con un arco di oltre 150 metri di luce. L’anno precedente a Parigi, coadiuvato da Boileau, costruì un grandioso edificio in vetro ed acciaio: i celebri magazzini “Au bon Marché”.
Sempre a Parigi per la terza Esposizione Universale, quella del 1878, realizzò i padiglioni sulla Senna, ingresso per accedere alla manifestazione; progettò le strutture per la statua della Libertà a New York, ma la sua specialità restano i ponti: in Spagna il ponte sul Tago su commissione delle ferrovie del Cáceres nel 1880, l’anno successivo in Ungheria per un ponte stradale a Szegedin e due anni dopo il viadotto di Garabit in Francia, tipico esempio di ponte ad arco in ferro a vista nel vuoto.
Come spesso accade, per quasi tutti i ‘grandi’, anche Eiffel fu coinvolto nello scandalo del Canale di Panama, opera di cui era diventato Presidente della Società che lo avrebbe realizzato. La Società fu messa in liquidazione giudiziaria e quasi 100.000 azionisti, finanziatori dell’opera, persero il loro capitale. Eiffel aveva rivoluzionato il progetto iniziale mettendo in discussione l’intero piano dei lavori; egli da principio coinvolto e condannato, sfuggì al carcere per un vizio di forma e solo in seguito fu assolto definitivamente nel 1893, ossia quattro anni dopo aver concepito la torre per cui sarà ricordato per sempre. Solo in nome di una completa informazione comunico ai miei lettori che la costruzione del Canale di Panama fu portata a termine dagli Stati Uniti, che ricomprarono la concessione e le proprietà dai francesi e il 3 agosto del 1914 ci fu l’inaugurazione: data storica perché in contemporanea la Germania lanciava la sua dichiarazione di guerra alla Francia.
Alexandre Eiffel ha legato il suo nome a tutta la storia dell’ingegneria ottocentesca, anzi, a voler essere pignoli, alla costruzione dei piloni che si sono avvalsi delle sue acquisizioni scientifiche, pubblicate nel 1907 nel volume “ Récherches expérimentales sur la résistence de l’air” e qualche anno dopo aprì un laboratorio di aerodinamica per studiare e verificare nella galleria del vento effetti e tenuta di aerei e dirigibili.
Sono da citare, in argomento ‘torri’, quella detta “Torre di Babele”, su progetto di Reevers e ClarKe, che fu realizzata nel 1874 per l’Esposizione di Filadelfia; l’obelisco di Washington dedicato al primo presidente degli Stati Uniti d’America, costruzione in muratura alta 169 metri e la nostra Mole Antonelliana, sempre in muratura, che si deve all’architetto Alessandro Antonelli, che inaugurata nel 1888 con 170 metri…nel tempo è stata declassificata a metri 167.
La storia della torre Eiffel - su queste notizie si è tutti concordi - parte da una pretenziosa, quasi megalomane, intuizione dell’ingegnere-architetto Émile Nouguier, capo della squadra dei collaboratori di Alexandre, che presentò un progetto per una torre da costruire con il sistema dei piloni dei ponti. Il progetto fu rivisto dal collega Maurice Koechlin e, per volere di Eiffel, vi fu la supervisione dell’architetto Stephen Sauvestre, che apportò poche ma determinanti varianti e, forse, a lui si deve quella A che ha innestato tanti ‘voli pindarici’. Eiffel, considerato abbastanza abile nello stilare capitolati d’appalto, firmò il contratto che aveva una scadenza inderogabile (nel tempo abbiamo peggiorato noi europei, per cui non vi è niente di più ‘derogabile’…di un contratto inderogabile!) ossia il 6 maggio del 1889, data in cui doveva essere inaugurata l’Esposizione Universale di Parigi.
La torre fu inaugurata il 31 marzo del 1889, dopo ventisei mesi e 5 giorni di lavoro in cui 250 operai specializzati si diedero il cambio senza interruzione…non escluderei che molti fossero italiani. Ora vi riferirò di appunti tecnici sulla torre che conservo da quando mi occupai della cittadina di Digione, capoluogo della Borgogna, perché il mio amico giramondo Pipino mi invitò per un fine settimana da trascorrere in una graziosa casetta dopo aver pranzato in un favoloso bistrot; come faccio sempre m’informai sui cittadini illustri di Digione e annotai che aveva dato i natali ad Eiffel. Come mia prassi consolidata, troppo preso da impegni inderogabili, non sono mai andato, ma scrissi qualcosa al riguardo come se… ci fossi stato.
La torre Eiffel è stata realizzata con circa 14.500 pezzi d’acciao e 80 milioni di chili di ferro, i suoi lati hanno una base di 125 metri, il primo piano è situato ad un’altezza di 57 metri, il secondo a 115, il terzo a 275 per complessivi 318 metri e fu subito battezzata “Tour des 300 mètres”. Come tutte le imprese fuori dell’ordinario fu accolta da alcuni con grande entusiasmo per il coraggio, l’audacia e l’ardimento con cui erano stati superati i problemi tecnici, altri ritennero che ‘stonava’ nel panorama ‘architettonico’ parigino. Si insediarono comitati che volevano abbattere la torre, ma nel frattempo vi furono milioni di visitatori che ne decretarono il successo, anche dal punto di vista economico…che da sempre condiziona ogni azione successiva. Poeti e scrittori inserirono da subito la costruzione nel loro panorama artistico e, anche i più scettici, dovettero convenire che ormai la torre Eiffel, Parigi e la Francia parlavano un unico linguaggio.
L’autunno scorso in Francia è stato distribuito un film che il regista Martin Bourboulon ha dedicato alla storia della torre Eiffel: l’impresa ha richiesto 24 anni di sforzi produttivi, ‘conditi’ da non sempre facili ed amichevoli rapporti tra gli addetti ai lavori.
Qualora la pellicola arrivasse in Italia andrò a vederla: posso solo anticiparvi che è stata ricostruita una storia, con un fondo di verità, che vedeva il nostro ingegnere Alexandre, non ancora famoso, chiedere la mano della figlia al suo facoltoso padrone di casa nel periodo vissuto a Bordeaux. Il padre rifiutò il consenso e il giovane ingegnere andò per la sua strada non dimenticando mai la signorina Adrienne.
Proprio per ricordare questo affronto giovanile volle dedicare la A, da cui nasce la torre Eiffel, alla sua amata: vero, verosimile, parto di fantasia?
Il contemporaneo di Eiffel, quel Victor-Marie Hugo (Besançon 1802-Parigi 1885) noto per il “Credere è difficile, non credere è impossibile” indica al nostro eroe Alexander la strada da percorrere, magari ispirandosi a quel parigino François-Marie Arouet, meglio conosciuto come Voltaire (1694-1788) che, partendo da “Vi sono tante forme d’amore, che non si sa a chi rivolgersi per definirle” prosegue con “L’amore è la stoffa della natura, ricamata dall’immaginazione” ed approda a “Non l’amore si dovrebbe dipingere cieco, ma l’amor proprio”…a questo punto diventa difficile buttare qualcuno dalla torre, non certo per i 300 e passa metri, per cui non ci resta che vedere il film e poi ‘esternare’.
Il mio amico Pipino, abbastanza ferrato in amori e matrimoni, mi offrì questo parere, frutto di saggezza, virtù e conoscenza: Eiffel, qualora avesse coronato il suo sogno con Adrienne, difficilmente avrebbe raggiunto l’età di 91 anni - è morto nel 1923 - perché l’amore ‘così alto’ ed esclusivo non solo procura ‘vertigini’, ma logora velocemente l’esistenza. Per fortuna si tratta di affermazioni che nessuno di noi è in grado di ‘verificare’ da vivo.
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