VITTORIO POLITO - Secondo Giovanni Panza (1916-1994), per i baresi Pasqua è una delle grandi ricorrenze inserita tra “le feste terribele” (festività importanti), nel suo libro “La checine de nononne” (Schena Editore).
Il preludio alla settimana di Passione inizia il venerdì (detto di passione), precedente alla Domenica delle Palme con la processione dell’Addolorata che esce la mattina dal Santuario di Sant’Antonio e percorre le vie cittadine fino a raggiungere la città vecchia, quindi la Cattedrale per poi fare ritorno in serata al Santuario.
La Pasqua dei baresi si identifica in usanze antiche e consolidate che si ripetono resistendo al tempo e alla secolarizzazione della civiltà attuale. Tutti, credenti e non, il Giovedì Santo dopo le venti si dirigono a visitare i cosiddetti “Sepolcri” in almeno tre chiese della città , preferibilmente quelle del centro storico, per adorare il Santissimo, riunendo la famiglia che insieme a tante altre, sfila silenziosa, per le strade della città in religioso silenzio, in ossequio al Cristo.
Il Venerdì Santo la processione dei Misteri, si snoda nel pomeriggio per le vie principali della città , evento che resta magico e coinvolgente e testimonia il rispetto che suscita la Passione di Cristo. Quando passa la bellissima statua dell’Addolorata che piange Gesù, l’emozione è forte, nell’aria dolorosa della marcia funebre. Tutti Lo vedono adagiato in una bara di vetro, colma di fiori. Il culto è talmente vivo, che nelle Chiese antiche di Bari vecchia usano ancora disporre sul Sepolcro di Cristo semi di grano, di scagliola e di lenticchie, fatti germogliare al buio nelle case dal primo giorno della Quaresima.
Chi da piccolo, il giorno di Pasqua, non ha fatto le battaglie con le uova sode, accuratamente dipinte da nonne e zie? Le uova erano deposte sulla “scarcella” (scarcèdde = piccola borsa), in un cesto di vimini, fatto a mano. Ancora oggi il rito si ripete nelle case dei baresi ai quali il dolce piace assai. Si tratta di una ciambella favolosa (impasto di farina, olio, uova, zucchero con sopra un numero dispari di uova sode). L’uovo, a Pasqua, è l’elemento gastronomico principe, lo troviamo nel “benedetto” (un antipasto tipico pasquale, composto da uova sode, soppressata, arancia tagliata a fette) e nel “verdetto” (un insieme di piselli, verdure amare e uova, miste alla carne d’agnello), e, di cioccolata, nel classico uovo di Pasqua.
Il Lunedì dell’Angelo o “Pasquetta”, le campagne dei dintorni baresi si riempiono di tavolini ricoperti di ogni “Ben di Dio”, in genere pizze salate, paste al forno, ecc. L’aria si riempie del buon odore dell’immancabile agnello alla brace. Le condizioni atmosferiche non costituiscono mai un problema: si deve uscire per forza, anche se si ritorna esausti dopo lunghe code in automobile. Ma il barese, si sa, è una buona forchetta e riassaporare i menu tradizionali è bello: è Pasqua.
I baresi tengono molto agli auguri di Buona Pasqua, sin dalla Domenica delle Palme che viene onorata dall’ulivo e dalla palma benedetta che viene posta accanto al Crocifisso o a qualsiasi immagine sacra della casa.