Il grande libro del “Come eravamo” (e “Come siamo”)

FRANCESCO GRECO - Tutta colpa di Proust. Se leggiamo ogni carabattola che richiama il passato come fosse una morbida “madeleine” in grado di rievocare il tempo passato, idealizzato perché non ci minaccia più, il format è appunto Proust, “ti sblocco un ricordo”. 

L’ossessione dell’identità, il credere tutto identitario, denso di narrazione, fa il resto.

A disagio nella modernità, ma godendo delle sue icone (perfida contraddizione), ricacciati ai margini della globalizzazione, ridotti al rango di consumatori di emozioni seriali, più tentiamo una via personale e più l’omologazione è in agguato (altro che “estetica alternativa e disomologante). Ci rifugiamo nel passato, mitizzato, affetti dalla sindrome di Peter Pan.

Così non ci resta che affollare di semantica (quasi sempre posticcia), di storytelling, come usa dire oggi, ogni brand che ci giunge dal passato. Se tutto ciò può trasfigurarsi in un archetipo culturale, se vi avventurate in un salotto e non tessete epigrammi al vinile e al juke-box, sappiatelo: vi aspetta l’ostracismo, la lettera scarlatta sul petto, l’esilio nel metaverso. Perché ciò che sino a ieri era antiquariato, riletto, diventa modernariato. E siccome il tempo che viviamo è contratto, le figure Panini di due campionati fa son già trendy. 

Un gioco di società che non ammette dubbi nè password di ripiego: o militi sulla Tolfa bisunta, l’eskimo maculato e il “chiodo” vissuto di Fonzie, o sei visto come un eretico che non ha l’erezione se manipola una musicassetta con le hit di Jimmy Fontana.

Figli di mamme che tenevano sempre le case pulite perché “quel che non serve oggi non servirà manco domani”, in case piccole dove buttare via un arnese che richiamava il duro lavoro della terra (oggi sono tutti contadini, a patto che siano gli altri ad alzarsi presto) era una conquista, non immaginavamo certo “un mondo di sequel e di remake”, di feticismo e morbosità che ci aspettava (e meno male che c’è il decuplotting).

Una ricognizione scrupolosa di quel che affolla il nostro immaginario e che da “come eravamo” è diventato “come siamo”, è presentato dalla giornalista catanese Sabina Minardi in “Il grande libro del vintage”, il Saggiatore, Milano 2021, pp. 280, € 29,00. Un gioco “di link fra immagini, meme, ricordi…” da cui si esce come dopo essere stati sott’acqua, in apnea. 

Con una domanda blasfema e provocatoria a fior di labbra: la vespetta di un papà può dare emozioni a guidarla, ma se essa è appartenuto a uno sconosciuto e la compriamo a Porta Portese, e si provano lo stesso i brividi a farsi un giro, forse è il caso di consultare lo strizzacervelli dell’Asl più vicina…