VITTORIO POLITO - La Quaresima nella liturgia cattolica è il periodo penitenziale di quaranta giorni, che segue al Carnevale, in preparazione della Pasqua, che inizia il mercoledì delle ceneri e si prolunga per sei settimane, fino al giovedì santo.
La Chiesa stabilì questo periodo come un momento di penitenza e di astinenza favorendo una situazione generale di penuria che si verificava in questo periodo dell’anno, santificando anche le pene. Spesso, però, per combattere gli stravizi dei ricchi, contribuì ad esasperare la situazione precaria dei poveri, togliendo insieme alla carne, uova e latticini, alimenti meno cari e sostanziosi ma accessibili agli indigenti.
Tempi addietro si svolgevano tra la terza e la quarta domenica, le cosiddette “feste quaresimali” che attraevano molta gente e permettevano un fuggevole ritorno al Carnevale, sempre con i divieti previsti per tale periodo, celebrazione di nozze compresa. I “furbetti”, però, per derogare alle astinenze alimentari, inventarono i dolci quaresimali, che variano da regione a regione.
A Firenze si possono gustare i “Quaresimali”, dolcetti a forma di lettere dell’alfabeto; in Sicilia troviamo i “Pupatelli” o “Piparelli”, biscotti croccanti alle mandorle; a Roma e nel Lazio si preparano i “Maritozzi”, panini dolci con canditi, pinoli e uvetta; in diverse altre zone italiane si prepara la classica “Ciambella della Quaresima”, preparata con acqua e zucchero e arricchita con salsa di caramello; in Puglia abbiamo le classiche “chiacchiere” ed altri dolcetti.
In tale periodo non si potevano mangiare neanche le galline, i polli e le uova, salvaguardando, così, anche le covate primaverili. Stessa cosa valeva per i conigli. Solo l’orto forniva qualche alimento, anche se di scarso valore nutritivo, a cui si aggiungeva il pesce secco, affumicato o salato che si poteva acquistare a buon mercato.
Vediamo cosa dicono i proverbi sull’argomento.
Alla Quaresima tien dietro la Pasqua. Anche se per un dato periodo si è costretti a sacrificarsi ci si può consolare pensando che subito dopo si è liberi di dedicarsi ai festeggiamenti.
Essere una Quaresima. Ha il significato di non avere gioia e vivacità ; o dire sempre cose tristi, non vedere mai i lati positivi di una situazione. Non essere una persona di compagnia.
Quando i padri fanno carnevale i figli fanno Quaresima. Se una generazione dilapida le sostanze, il patrimonio, o non provvede a risparmiare, fa fare vita grama a quella che segue.
Il Carnevale è breve e la Quaresima è lunga. La felicità non dura mai tanto quanto la tribolazione; i tempi difficili sono più lunghi e frequenti di quelli allegri e di abbondanza.
In Quaresima si può prestare anche la padella. Nel senso che non c’è n’è bisogno: la padella serve per mangiare bene e di grasso.
Lungo come una Quaresima. Si dice d’una persona o di una cosa penosa, noiosa. Anche di un periodo, di un discorso.
La Chiesa stabilì questo periodo come un momento di penitenza e di astinenza favorendo una situazione generale di penuria che si verificava in questo periodo dell’anno, santificando anche le pene. Spesso, però, per combattere gli stravizi dei ricchi, contribuì ad esasperare la situazione precaria dei poveri, togliendo insieme alla carne, uova e latticini, alimenti meno cari e sostanziosi ma accessibili agli indigenti.
Tempi addietro si svolgevano tra la terza e la quarta domenica, le cosiddette “feste quaresimali” che attraevano molta gente e permettevano un fuggevole ritorno al Carnevale, sempre con i divieti previsti per tale periodo, celebrazione di nozze compresa. I “furbetti”, però, per derogare alle astinenze alimentari, inventarono i dolci quaresimali, che variano da regione a regione.
A Firenze si possono gustare i “Quaresimali”, dolcetti a forma di lettere dell’alfabeto; in Sicilia troviamo i “Pupatelli” o “Piparelli”, biscotti croccanti alle mandorle; a Roma e nel Lazio si preparano i “Maritozzi”, panini dolci con canditi, pinoli e uvetta; in diverse altre zone italiane si prepara la classica “Ciambella della Quaresima”, preparata con acqua e zucchero e arricchita con salsa di caramello; in Puglia abbiamo le classiche “chiacchiere” ed altri dolcetti.
In tale periodo non si potevano mangiare neanche le galline, i polli e le uova, salvaguardando, così, anche le covate primaverili. Stessa cosa valeva per i conigli. Solo l’orto forniva qualche alimento, anche se di scarso valore nutritivo, a cui si aggiungeva il pesce secco, affumicato o salato che si poteva acquistare a buon mercato.
Vediamo cosa dicono i proverbi sull’argomento.
Alla Quaresima tien dietro la Pasqua. Anche se per un dato periodo si è costretti a sacrificarsi ci si può consolare pensando che subito dopo si è liberi di dedicarsi ai festeggiamenti.
Essere una Quaresima. Ha il significato di non avere gioia e vivacità ; o dire sempre cose tristi, non vedere mai i lati positivi di una situazione. Non essere una persona di compagnia.
Quando i padri fanno carnevale i figli fanno Quaresima. Se una generazione dilapida le sostanze, il patrimonio, o non provvede a risparmiare, fa fare vita grama a quella che segue.
Il Carnevale è breve e la Quaresima è lunga. La felicità non dura mai tanto quanto la tribolazione; i tempi difficili sono più lunghi e frequenti di quelli allegri e di abbondanza.
In Quaresima si può prestare anche la padella. Nel senso che non c’è n’è bisogno: la padella serve per mangiare bene e di grasso.
Lungo come una Quaresima. Si dice d’una persona o di una cosa penosa, noiosa. Anche di un periodo, di un discorso.
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