Oggi? Non festa ma Giornata Internazionale della Donna


VITTORIO POLITO
– Oggi si celebra la Giornata Internazionale della Donna in riconoscimento dei progressi in ambito economico, politico e culturale raggiunti dalle donne in tutto il mondo. Riconoscimento che si basa su un principio universale che prescinde da divisioni, siano esse etniche, linguistiche, culturali, economiche o politiche. La giornata è cosa diversa dalla festa che è il giorno destinato a una solennità religiosa o civile, mentre la giornata è dedicata a speciali celebrazioni come quella odierna. Infatti, parlare oggi di festa è improprio, dal momento che la giornata è dedicata al ricordo e alle riflessioni sulle conquiste politiche, sociali, economiche delle donne, per cui è più corretto parlare di Giornata più che di Festa.

In occasione di tale evento, nel 2003, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, inviò un messaggio al Ministro delle Pari Opportunità che così concludeva: «La presenza femminile in Italia trova ancora inadeguata diffusione nelle istituzioni e nel mondo politico. È un divario che va certamente colmato, non solo per ampliare le pari opportunità, ma anche perché grande ne sarà il vantaggio per la vita pubblica. Nelle democrazie nelle quali la presenza femminile è già pienamente affermata anche nelle istituzioni si avverte maggiore equilibrio nel dibattito tra le parti, maggiore vicinanza tra istituzioni e Società civile». Dobbiamo constatare che la situazione ad oggi non pare molto cambiata.

Fino a non tanto tempo fa, le occupazioni alle quali la donna poteva aspirare – specie al fine di contribuire all’economia familiare - erano piuttosto limitate, comunque la creatività ed il genio femminili non sono mai stati risparmiati, anzi, in alcuni casi hanno rappresentato l’eccellenza in diversi settori.

A Bari, il diritto longobardo nelle “Consuetudines Barenses”, considerava la donna addirittura incapace di governarsi, per cui si richiedeva che fosse costantemente sottoposta all’altrui potestà (?). Tale forma di tutela, ricorda Vito Antonio Melchiorre nei suoi libri “Storie baresi” (Levante) e “Donne baresi” (Adda), si chiamava “‘mundio” e “mundualdo”, aggettivi attribuiti a colui che l’esercitava, identificato nel padre, nel fratello, nel figlio, o altro parente maschio, scelto dalla stessa donna, oppure un apposito giudice del “mundio”, ma mai il marito, il quale poteva subire le moine della moglie e quindi essere raggirato. In certi casi era proprio lo stesso marito a necessitare del consenso della moglie per il compimento di alcuni atti.

Nel diritto consuetudinario barese, nonostante la sfera femminile fosse fortemente limitata dal “mundio”, ricorda sempre Melchiorre, erano previsti anche i diritti delle donne. In una codificazione (XLVII) erano, infatti, stabilite le spettanze della moglie sui beni altrui tenuti in usufrutto dal marito, al momento della stipulazione del contratto di matrimonio, mentre la successiva (XLVIII), permetteva alla donna di contrarre liberamente mutui, cosa impossibile in precedenza senza la tutela. Nella codificazione XLIX era consentito alla donna alienare qualcosa o contrarre altro tipo di obbligazione, sia pure per mezzo di terzi, ma sotto l’attenta verifica dell’intera operazione da parte di un magistrato. Non erano sottoposte a controllo solo le disposizioni riguardanti l’anima che potevano essere liberamente adottate.

E, a proposito di anima, non si può non ricordare suor Elia di San Clemente, al secolo Teodora Fracasso (1901-1927), unica donna barese, che nonostante la sua breve vita terrena, è assurta all’onore degli Altari, motivo per cui Bari può ritenersi orgogliosa, per aver dato i natali ad una persona che “Godette fama di santità ancora in vita ed aumentò anche dopo la morte”. Fu il pontefice Giovanni Paolo II ad introdurre la causa della sua beatificazione, avvenuta il 18 marzo 2006.


E, dopo il sacro, passiamo al profano, anzi alla musica, ricordando il soprano barese (naturalizzata statunitense), Licia Albanese (1913-2014), che debuttò in diversi grandi teatri italiani (il “Regio” di Parma, la “Scala” di Milano), fino ad approdare al “Metropolitan” di New York sotto la direzione di Arturo Toscanini, ove ha continuato la sua lunga carriera ottenendo numerosi successi e creando nel 1974 la “Licia Albanese-Puccini Foundation”, una istituzione finalizzata ad assistere giovani artisti e cantanti.

Un cenno a parte meritano, infine, le donne baresi che hanno avuto un rapporto con il mare attraverso i loro uomini, i pescatori, al punto che Mario Piergiovanni (1927-2009), uno scultore e poeta dialettale barese, realizzò nei pressi del Fortino una eloquente scultura, sulla quale scrisse l’epigrafe che segue.

ALLA DONNA D’ACQUA
SIMBOLO DELLA DONNA UNIVERSALE
CHE DONA LUCE ALL’UOMO
ALLA SPOSA
CUSTODE DEL FOCOLARE
E DELLE ANTICHE MEMORIE
ALLA “MATER” AMOROSA
CHE LO CONFORTA NEI MOMENTI PIÙ CUPI DELLA VITA
CHE LO SOSTIENE NELLE SUE DIUTURNE FATICHE
E LO INCITA ALLE GRANDI IMPRESE
ALLA “MATER” DOLOROSA
CHE IN SILENZIO SOFFRE LE PENE DELLA SOLITUDINE
DEL TERRORE PER I MARI DEL MONDO
DELL’ANSIA PER I SUOI FIGLI LONTANI
EMIGRATI IN TERRE LONTANE
E CHE NEI BUI ANNI DELLE LOTTE
IL SUO CUORE SPARTÌ
CON I SUOI UOMINI NELLE TRINCEE

Le donne baresi, quindi, hanno dato lustro alla nostra città in vari campi, dalla cultura, al patriottismo, all’arte, alla poesia, alla musica, alla religione, per cui oggi sono da considerare insostituibili “costole”, non solo al fianco dell’uomo, come mogli e come madri, ma anche nelle molteplici ed indispensabili attività alle quali sono chiamate e che svolgono egregiamente e con tanta dignità e competenza.