…Peggio della Corea del Nord ?

(via Nazionale italiana di calcio fb)

LIVALCA -
Il 16 luglio del 1966, indignato non tanto per la sconfitta dell’Italia contro la nazionale dell’ U.R.S.S. - per 1-0 con rete di Cislenko - quanto per il modo con cui era maturato l’evento, scrissi un articolo ipotizzando (attenzione non facendo ricorso a Confucio “Studia il passato, se vuoi prevedere il futuro”, ma limitandomi ad analizzare i due incontri disputati dagli azzurri in quei tre giorni) una prossima disfatta della nostra nazionale contro la Corea del Nord nell’incontro del 19 luglio.

Facciamo un poco d’ordine: sto parlando dell’edizione numero VIII della Coppa Rimet, quell’anno vinta dall’Inghilterra che era anche il paese organizzatore della manifestazione, in una finale che vide la Germania soccombere per 4-2 dopo i tempi supplementari (…con un gol di cui nessuna telecamera fino ad oggi ha potuto dimostrarne l’esistenza, per la serie “spesso si definiscono inesistenti, cose che semplicemente non si sono mai viste”).

Il girone dell’Italia, che era finita nel quarto gruppo, prevedeva: Cile, Russia e Corea del Nord; con il Cile, che aveva organizzato i mondiali del 1962 poi vinti dal Brasile, avevamo un conto aperto perché a Santiago il 2 giugno di quell’anno l’Italia, che due giorni prima aveva fermato la Germania sullo 0-0, fu prima ‘picchiata’ e poi sconfitta dai padroni di casa in un incontro che i ‘cronisti’ più obiettivi all’epoca definirono ‘di pugilato’. In quella squadra, con gli oriundi Maschio e Altafini, vi erano anche David, Robotti, Tumburus, Salvadore, Ferrini e Janich (ossia quello che sarà dal 1983 in poi, per dieci anni, direttore sportivo del Bari e di cui vi racconterò più avanti un episodio di cui mi diede testimonianza diretta) che in Italia erano considerati giocatori grintosi, aggressivi, poco disposti a subire le amichevoli ‘provocazioni’ che si scambiano in campo gli atleti, sotto ogni latitudine.

Nel mondiale del 1966 - da premettere che l’Italia nel girone di qualificazione aveva ottenuto 4 vittorie, un pareggio ed una sconfitta, segnando 17 gol e subendo solo tre - gli azzurri avevano battuto il Cile 2-0 il 13 luglio a Sunderland con reti di Mazzola e Barison, ma avevano giocato male, in maniera ‘svogliata’ e l’unica cosa positiva era constatare che era stata ‘lavata’ l’onta di 4 anni prima, incontro in cui eravamo stati ‘umiliati fisicamente’ per usare un eufemismo.

Il 16 luglio, sempre a Sunderland, l’Italia aveva perso contro la Russia, giocando in maniera accademica e non potendo neanche addurre come scusante che la porta della squadra sovietica era difesa dal migliore portiere del mondo Lev Yashin - unico portiere a vincere un pallone d’oro nel 1963 - dal momento che il ‘ragno nero’, questo il suo soprannome, dovette parare solo l’ordinaria amministrazione.

I nostri scesero in campo euforici perché il giorno prima il Cile aveva pareggiato 1-1 con la Corea e, quindi, per noi la qualificazione era pura ‘formalità’…anche con un pareggio con i coreani avremmo passato il turno.

Io all’epoca, giovane studente liceale, scrissi la domenica un articolo per il settimanale “Settegiorni” diretto da Aurelio Papandrea (l’incontro con la Russia fu giocato di sabato e martedi 19 luglio l’Italia avrebbe affrontato la Corea). Fui durissimo con la nostra squadra, il tecnico Fabbri - non aveva convocato Domenghini e Corso e portato in gita premio un esuberante Gigi Riva, che quattro anni dopo si trasformerà in ‘rombo di tuono’ - e il modo ‘tutto italiano’ di conseguire risultati con il minimo sforzo, in sostanza paventavo - dato che nel calcio in una sola partita tutto è possibile, ma su tre incontri quasi sempre ne vince due la squadra più forte - che avremmo potuto trovare difficoltà a battere i coreani. Chiaramente avendo visto gli incontri in televisione, feci una dettagliata analisi come da sempre la fanno (anche per la recente sconfitta con la Macedonia) tutti i tifosi italiani… novelli allenatori in pectore. Ero convinto che il pacifico e generoso giornalista Aurelio Papandrea non lo avrebbe pubblicato, perché nessuno in Italia aveva preso in considerazione una simile iattura, la stessa cosa avvenuta giovedì 24 luglio 2022 dove tutti eravamo convinti che avremmo concluso il sontuoso pranzo con una Macedonia… magari preparata con prodotti del Nord. Martedì mattina 19 luglio 1966 l’agenzia Lobuono, come sempre, distribuì il settimanale con il mio articolo poco augurante. Pensate i quotidiani italiani, nel quadro delle agitazioni dei poligrafici, avevano proclamato uno sciopero di 24 ore “a scacchiera” e la nostra Gazzetta del Mezzogiorno era interessata per la giornata di mercoledì 20, per cui l’inviato in Inghilterra Mario Gismondi avrebbe visto pubblicato il suo pezzo giovedì 21. Come sia andata la partita è storia calcistica che verrà tramandata nei secoli, ma io mi guadagnai il curioso epiteto di cui Totò era il custode. Gismondi fu così duro nel suo articolo da ritenere tale sconfitta non paragonabile a nessun’altra, mentre io in seguito, ricordando perfettamente lo svolgimento della gara, ho concesso ai nostri delle attenuanti. Albertosi, Landini, Facchetti, Guarneri, Janich, Fogli, Perani, Bulgarelli, Mazzola, Rivera e Barison: questi gli atleti che hanno dovuto convivere nelle loro carriere con questo peso poco gradevole (cinque i superstiti: Riki Albertosi, Spartaco Landini, Aristide Guarneri, Sandro Mazzola e Gianni Rivera (primo italiano pallone d’oro nel 1969). Vi ho riferito prima di Franco Janich che, nel periodo in cui è stato a Bari come direttore sportivo, mi confidò che lui era sceso in campo nella Coppa Rimet del 1962 in Cile - partita persa per 2-0 - e che era vero che i cileni picchiavano, ma era verissimo che ad un quarto d’ora dalla fine eravamo in parità e se Altafini non avesse fallito…(l’atleta che segnò il secondo gol del Cile si chiamava Toro e venne l’anno successivo a disputare in Italia una carriera onesta nelle file della Sampdoria, Verona e Modena). Mentre nell’incontro di Middlesbrough con la Corea del 1966 il ricordo di Janich era che giocandola 100 volte era difficile perderla una sola volta ed io ero concorde con il suo giudizio perché quel giorno Marino Perani sbagliò reti che è più facile segnare che mettere fuori.

Il 21 giugno del 1966 la Gazzetta del Mezzogiorno andò in edicola con un titolo che non ammetteva repliche “CHE FALLIMENTO!!!” e Mario Gismondi affondò il coltello “Le avremmo prese anche dal Ghana”. Gismondi non amava Fabbri “L’unica consolazione è che a perdere sono stati Fabbri e i suoi pupilli” e la nostra scarsa preparazione fisica “I nostri nazionali corrono soltanto con le loro fuori serie”. Già conoscevo personalmente Gismondi, ma nacque una bella amicizia cementata nel 1970 dal suo libro “dal Riva in più al mezzo Rivera” (chi scrive ‘riveriano’ da sempre…”una bella giocata con la palla fra i piedi è una bellezza ed una gioia eterna” -Lc).

In seguito ho specificato meglio il mio pensiero, valido anche oggi, a poche ore dalla sconfitta con la Macedonia. Premesso che la sconfitta con la Corea del 1966 si deve ad un unico evento, prevedibile ma non preventivabile, l’infortunio di Giacomo Bulgarelli - uomo di fiducia di Edmondo Fabbri in campo e fuori - che ci costrinse a giocare in dieci, non essendo ancora previste le sostituzioni, va cambiato il nostro modo di agire.

Il mio ragionamento - il cui esempio lampante è il Bari di quest’anno, che ha deciso di vivere da primo della classe, perché da rimandato vi può essere sempre un incidente che ti fa perdere ‘l’anno’ - era, è, e sarà sempre questo: va programmato il massimo sempre se vuoi evitare spiacevoli sorprese…non si diventa Cristiano Ronaldo se ti alleni ( ossia ti impegni due partite su quattro ) a giorni alterni…resti un ottimo Antonio Cassano.

Che poi… se il Donnarumma, ingrato verso il suo Milan e la sua Italia, avesse parato quel tiro che sei portieri su dieci avrebbero deviato, ora la sinfonia ‘manciniana’ sarebbe diversa… ci fa considerare che se qualcuno in Russia avesse fatto ‘percepire’ a Putin che, dopo 16 anni di potere non sempre rispettoso delle altrui libertà, era il caso di lasciare il potere, forse oggi le cose sarebbero diverse…sarà difficile testimoniarlo, non alla storia - cosa che stanno già facendo dotti professori ! - ma ai morti inutili e senza volto di entrambi gli schieramenti che si chiedono: perché? Perché? Perché proprio a me?

Posta un commento

Nuova Vecchia

Modulo di contatto