VITTORIO POLITO – Con il Mercoledì delle Ceneri, inizia il periodo quaresimale in preparazione della Pasqua.
La Quaresima, secondo Papa Francesco, ci ricorda ogni anno che «il bene, come anche l’amore, la giustizia e la solidarietà , non si raggiungono una volta per sempre; vanno conquistati ogni giorno. In questo tempo di conversione, trovando sostegno nella grazia di Dio e nella comunione della Chiesa, non stanchiamoci di seminare il bene. Il digiuno prepara il terreno, la preghiera irriga, la carità feconda. Abbiamo la certezza nella fede che “se non desistiamo, a suo tempo mieteremo” e che, con il dono della perseveranza, otterremo i beni promessi».
La Pasqua cristiana nasce in corrispondenza di quella ebraica, il termine deriva dall’ebraico Pesah, ossia “passaggio”. Infatti, gli ebrei in questa giornata ricordano la fuga del popolo ebraico dalla schiavitù d’Egitto e il passaggio tra le acque del Mar Rosso, sotto la guida di Mosè, per poter raggiungere la libertà e giungere alla terra promessa.
Pasqua per i cristiani è la principale festa mobile che segue il ciclo lunare e non quello solare e si celebra dopo il plenilunio di primavera, quindi fra il 22 marzo e il 25 aprile, commemora la resurrezione di Cristo e costituisce la massima solennità dell’anno liturgico.
Ma qual è la simbologia di Pasqua e della Quaresima?
Iniziamo con l’agnello, che oltre a rappresentare la primizia del gregge, sia nell’antico che nel nuovo Testamento, ha significato sacrificale e quindi diventa il simbolo più perfetto di Gesù Cristo: Inoltre l’Agnello è il simbolo dell’innocenza e del candore e rappresenta il simbolo della Resurrezione.
La Campana, la cui invenzione è attribuita a san Paolino da Nola, rappresenta lo strumento musicale e di culto, la cui funzione è quella di chiamare i fedeli e annunciare, a seconda del suono emesso, festa, sventura, lutto, pericolo ecc. Lo scampanio di Pasqua annuncia, ovviamente, la Resurrezione.
L’Uovo rappresenta, forse, il simbolo pasquale per eccellenza. D’altro canto l’uovo è simbolo di rinascita in tutte le religioni. L’uovo è simile ad un sepolcro che possiede in sé il germe del rinnovamento. L’uovo a Pasqua rappresenta anche l’elemento gastronomico principe. A Bari, ad esempio, lo troviamo nel “benedetto”, un antipasto tipico pasquale, composto da uova sode, soppressata, arancia tagliata a fette e nel “verdetto”, un insieme di piselli, verdure amare e uova miste alla carne d’agnello e, sotto forma di cioccolato, nel classico uovo di Pasqua.
Per tradizione, alla fine del pasto pasquale è d’obbligo mangiare un dolce fatto a forma di colomba, che simboleggia sia Gesù, che lo Spirito Santo. La Colomba ha parecchi significati; i più importanti sono: il Cristo che porta la pace agli uomini di buona volontà e lo Spirito Santo che scende sugli uomini per i meriti di Gesù. La colomba richiama l’episodio del diluvio universale descritto nella Genesi (8, 10-11), “Aspettò ancora sette giorni, poi fece uscire di nuovo dall’arca la colomba, la quale tornò da lui, verso sera; ed ecco, essa aveva nel becco una foglia fresca d’ulivo”. La colomba diventa così simbolo di pace e nel periodo pasquale richiama alla pace portata da Gesù.
L’Ulivo, sacro alla dea Atena, signora della guerra e delle arti, che vincendo la contesa con Poseidone, lo offrì in dono agli abitanti di Atene, è considerato, come detto, un simbolo di pace. L’ulivo, dunque, assume un ruolo fondamentale nel periodo pasquale poiché ricorda anche l’ingresso di Cristo a Gerusalemme. In tale occasione, ai fedeli, vengono distribuiti ramoscelli di ulivo come simbolo di pace in ricordo dell’episodio biblico. È tradizione che, il giorno di Pasqua, la tavola imbandita venga benedetta proprio con i ramoscelli di ulivo.
Anche la “scarcèdde” (scarcella = piccola borsa), rappresenta, soprattutto per i baresi, un simbolo: si tratta di una ciambella favolosa (impasto di farina, olio, uova, zucchero con sopra un numero dispari di uova sode, il più delle volte colorate), molto gradita dai bambini.
Infine la Palma, albero sacro agli Dei del Sole, assai utile perché da esso si traevano latte, olio, frutta, legno, corteccia, ecc. Gli egizi deponevano rami di palme sui sarcofagi per evocare la resurrezione dei defunti.
Con il termine “Pasquetta” si indica, popolarmente, il primo lunedì dopo la Domenica di Pasqua, chiamato Lunedì dell’Angelo. La scampagnata di Pasquetta ricorda l’apparizione di Gesù risorto ai discepoli in cammino verso il villaggio di Emmaus, a pochi chilometri da Gerusalemme.
Nel linguaggio comune ricorrono per il periodo quaresimale e pasquale anche tanti proverbi e “modi di dire”, che trovano la loro origine non solo nelle letture evangeliche ma anche in quelle collegate con la liturgia e le tradizioni cristiane di tale periodo.
Lungo come una quaresima. Si dice di una persona prolissa, noiosa e insistente.
Portare la propria croce. Modo di dire che trae la sua origine dalla salita al Calvario di Gesù Cristo, ed è da intendersi come la capacità di sopportare e accettare i momenti dolorosi della vita senza cedimenti. La sua vita è un calvario, invece, vuol significare una situazione particolarmente penosa.
Chi vuol far Pasqua deve fare Quaresima. Ovvero per far festa bisogna prima lavorare, nel senso che per raggiungere un fine bisogna sacrificarsi, dal momento che la Quaresima è tempo di sacrificio e di penitenza.
Gettare la croce addosso a qualcuno. Addossare la responsabilità di un fatto ad un’altra persona per criticarla.
Essere come San Tommaso. Frase usata per indicare una ostinata incredulità verso una notizia o un fatto, proprio come fece l’apostolo Tommaso che si rifiutò di credere ai compagni che gli riferivano l’apparizione di Gesù risorto.
Essere felici come una Pasqua. È riferito a chi manifesta una grande felicità , proprio perché Pasqua è un giorno di grande gioia.
La Quaresima, secondo Papa Francesco, ci ricorda ogni anno che «il bene, come anche l’amore, la giustizia e la solidarietà , non si raggiungono una volta per sempre; vanno conquistati ogni giorno. In questo tempo di conversione, trovando sostegno nella grazia di Dio e nella comunione della Chiesa, non stanchiamoci di seminare il bene. Il digiuno prepara il terreno, la preghiera irriga, la carità feconda. Abbiamo la certezza nella fede che “se non desistiamo, a suo tempo mieteremo” e che, con il dono della perseveranza, otterremo i beni promessi».
La Pasqua cristiana nasce in corrispondenza di quella ebraica, il termine deriva dall’ebraico Pesah, ossia “passaggio”. Infatti, gli ebrei in questa giornata ricordano la fuga del popolo ebraico dalla schiavitù d’Egitto e il passaggio tra le acque del Mar Rosso, sotto la guida di Mosè, per poter raggiungere la libertà e giungere alla terra promessa.
Pasqua per i cristiani è la principale festa mobile che segue il ciclo lunare e non quello solare e si celebra dopo il plenilunio di primavera, quindi fra il 22 marzo e il 25 aprile, commemora la resurrezione di Cristo e costituisce la massima solennità dell’anno liturgico.
Ma qual è la simbologia di Pasqua e della Quaresima?
Iniziamo con l’agnello, che oltre a rappresentare la primizia del gregge, sia nell’antico che nel nuovo Testamento, ha significato sacrificale e quindi diventa il simbolo più perfetto di Gesù Cristo: Inoltre l’Agnello è il simbolo dell’innocenza e del candore e rappresenta il simbolo della Resurrezione.
La Campana, la cui invenzione è attribuita a san Paolino da Nola, rappresenta lo strumento musicale e di culto, la cui funzione è quella di chiamare i fedeli e annunciare, a seconda del suono emesso, festa, sventura, lutto, pericolo ecc. Lo scampanio di Pasqua annuncia, ovviamente, la Resurrezione.
L’Uovo rappresenta, forse, il simbolo pasquale per eccellenza. D’altro canto l’uovo è simbolo di rinascita in tutte le religioni. L’uovo è simile ad un sepolcro che possiede in sé il germe del rinnovamento. L’uovo a Pasqua rappresenta anche l’elemento gastronomico principe. A Bari, ad esempio, lo troviamo nel “benedetto”, un antipasto tipico pasquale, composto da uova sode, soppressata, arancia tagliata a fette e nel “verdetto”, un insieme di piselli, verdure amare e uova miste alla carne d’agnello e, sotto forma di cioccolato, nel classico uovo di Pasqua.
Per tradizione, alla fine del pasto pasquale è d’obbligo mangiare un dolce fatto a forma di colomba, che simboleggia sia Gesù, che lo Spirito Santo. La Colomba ha parecchi significati; i più importanti sono: il Cristo che porta la pace agli uomini di buona volontà e lo Spirito Santo che scende sugli uomini per i meriti di Gesù. La colomba richiama l’episodio del diluvio universale descritto nella Genesi (8, 10-11), “Aspettò ancora sette giorni, poi fece uscire di nuovo dall’arca la colomba, la quale tornò da lui, verso sera; ed ecco, essa aveva nel becco una foglia fresca d’ulivo”. La colomba diventa così simbolo di pace e nel periodo pasquale richiama alla pace portata da Gesù.
L’Ulivo, sacro alla dea Atena, signora della guerra e delle arti, che vincendo la contesa con Poseidone, lo offrì in dono agli abitanti di Atene, è considerato, come detto, un simbolo di pace. L’ulivo, dunque, assume un ruolo fondamentale nel periodo pasquale poiché ricorda anche l’ingresso di Cristo a Gerusalemme. In tale occasione, ai fedeli, vengono distribuiti ramoscelli di ulivo come simbolo di pace in ricordo dell’episodio biblico. È tradizione che, il giorno di Pasqua, la tavola imbandita venga benedetta proprio con i ramoscelli di ulivo.
Anche la “scarcèdde” (scarcella = piccola borsa), rappresenta, soprattutto per i baresi, un simbolo: si tratta di una ciambella favolosa (impasto di farina, olio, uova, zucchero con sopra un numero dispari di uova sode, il più delle volte colorate), molto gradita dai bambini.
Infine la Palma, albero sacro agli Dei del Sole, assai utile perché da esso si traevano latte, olio, frutta, legno, corteccia, ecc. Gli egizi deponevano rami di palme sui sarcofagi per evocare la resurrezione dei defunti.
Con il termine “Pasquetta” si indica, popolarmente, il primo lunedì dopo la Domenica di Pasqua, chiamato Lunedì dell’Angelo. La scampagnata di Pasquetta ricorda l’apparizione di Gesù risorto ai discepoli in cammino verso il villaggio di Emmaus, a pochi chilometri da Gerusalemme.
Nel linguaggio comune ricorrono per il periodo quaresimale e pasquale anche tanti proverbi e “modi di dire”, che trovano la loro origine non solo nelle letture evangeliche ma anche in quelle collegate con la liturgia e le tradizioni cristiane di tale periodo.
Lungo come una quaresima. Si dice di una persona prolissa, noiosa e insistente.
Portare la propria croce. Modo di dire che trae la sua origine dalla salita al Calvario di Gesù Cristo, ed è da intendersi come la capacità di sopportare e accettare i momenti dolorosi della vita senza cedimenti. La sua vita è un calvario, invece, vuol significare una situazione particolarmente penosa.
Chi vuol far Pasqua deve fare Quaresima. Ovvero per far festa bisogna prima lavorare, nel senso che per raggiungere un fine bisogna sacrificarsi, dal momento che la Quaresima è tempo di sacrificio e di penitenza.
Gettare la croce addosso a qualcuno. Addossare la responsabilità di un fatto ad un’altra persona per criticarla.
Essere come San Tommaso. Frase usata per indicare una ostinata incredulità verso una notizia o un fatto, proprio come fece l’apostolo Tommaso che si rifiutò di credere ai compagni che gli riferivano l’apparizione di Gesù risorto.
Essere felici come una Pasqua. È riferito a chi manifesta una grande felicità , proprio perché Pasqua è un giorno di grande gioia.