Latina ieri ci tolse la A, Latina oggi ci darà la B?


LIVALCA
- Come fai a restare insensibile al cospetto di 24.000 spettatori, compresi i 500 civilissimi sostenitori della F. Andria, quando le tue orecchie vengono ‘bombardate’ in maniera deliziosa-piacevole da un inno cantato a squarciagola, con una intonazione quasi perfetta, dai mitici eroi canterini della curva nord biancorossa? Pochi metri più avanti del mio posto un genitore, presenza fissa quest’anno, stava invitando i due piccoli figli ad unirsi al coro e, con orgoglio paterno,ne ha preso uno in braccio per renderlo più partecipe. L’altro figlio, che si era spostato verso le scale laterali, rivolto a me ha esclamato «Quanta gente» (ci conosciamo perché spesso ho regalato le tante caramelle che riempiono le mie tasche, non per uso personale ma per ‘scaramanzia’ da quando Mina decise…’di non volerne più’), a cui prontamente ho risposto “e non hai visto il tifo dei 51.000 di questo stadio”. Per quella speciale combinazione che sa donarti solo la fantasia, quando è alimentata dalla poesia, mi sono adagiato sui ricordi sfruttando al massimo la mia memoria ( quella che Cicerone considerava “Tesoro e custode di tutte le cose” e Auster “ Lo spazio in cui le cose accadono una seconda volta” ) visiva…come per incanto sono ritornato a quel magico-sfortunato 8 giugno 2014 in cui alla stadio San Nicola 51.000 spettatori - sottolineo cinquantunomila tifosi - fecero srotolare un enorme striscione raffigurante San Nicola su uno sfondo a scacchi biancorosso e tutto lo stadio, sventolando cartoncini con i nostri colori sociali, intonava :”Bari grande amore/Bari unica e sola/Bari nel nostro cuore/non ti lasceremo mai sola/facci sognare ancora/ facci gridare ancora Bari nel nostro cuore/non ti lasceremo da sola, mai/….”. Uno spettacolo da Coppa Campioni, dove i campioni non solo erano sul campo, ma anche sugli spalti. Con capitan Defendi erano presenti: Guarna, Sabelli, Calderoni, Ceppitelli, Polenta, Sciaudone, Fossati, Ciani, Joao Siva e Galano. Sei squadre si stavano disputando i play-off per andare in Serie A: Latina, Cesena, Modena, Crotone, Bari e Spezia. La nostra squadra, nonostante 4 punti di penalizzazione, con un finale magnifico si era conquistata la possibilità di affiancare Palermo e Empoli, già promosse direttamente come prima e seconda classificata. Qualche giorno prima avevamo battuto, con merito, il Crotone per 3-0 e tutto lasciava presagire che sarebbe stato un 8 giugno da archiviare come una delle pagine più significative della NOSTRA storia, quindi eccelso materiale per i libri dello storico ufficiale del Bari: l’AMICO Gianni Antonucci.

Il Bari iniziò nel migliore dei modi la partita, ma al primo tentativo il Latina passò in vantaggio con una sfortunata autorete, sugli sviluppi di un angolo, che vide il nostro portiere forse ostacolato e, quindi, viziata da fallo l’intera azione. Il pubblico incessantemente fece sentire il suo calore alla squadra, ma sembrava una di quelle partite ‘stregate’. Il Bari aveva in panchina Alberti, come vice Zavettieri e Giovanni Loseto, della famosa dinastia, come assistente. Nella ripresa l’allenatore tolse uno spento Galano (quella forse la sua migliore annata con il Bari, sempre presente con Guarna, e goleador con undici reti) e lo sostituì con Delvecchio e, per infortunio, Ceppitelli - anche se il suo sostituto fu uno dei migliori, con lui in campo sono CONVINTO non avremmo preso il secondo gol - con Samnich. Il Bari prima pareggiò con Ciani e poi passò in vantaggio con Joao Silva e tutto lasciava prevedere, a pochi minuti dal termine, che la vittoria fosse in ‘cassaforte’. Ma sulla destra di Guarna qualcuno non riuscì a liberare una palla che scendeva lenta e precisa al limite dell’aria, chi scrive, avendo visto il piede di Ristovski librarsi in aria pronto a colpire, si alzò di scatto e gridò con quanto fiato aveva in gola NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO, la mia intenzione era quella che il soffio di vento prodotto dal mio sforzo sovrumano riuscisse a spostare quella palla di quel niente da rendere difficoltoso l’impatto del giocatore con la sfera di cuoio. Colpito il pallone dall’atleta dal nome impronunciabile, un ex per giunta, guardai il nostro portiere che mi sembrava in grado di fare quello che oggi tutti definirebbero ‘miracolo’, invece si trattava di assolvere ad un preciso compito, ossia parare. Fu pareggio, come pareggio fu la gara di ritorno a Latina con lo stesso risultato: nonostante abbia tifato Latina per quella sindrome nota come ‘delirio di compensazione affettiva’, in A andò il Cesena (Il Bari avendo terminato il campionato con meno punti del Latina doveva vincere per procedere nel suo cammino). Le reminiscenze sono che mia figlia Gloria, che mi sedeva accanto con il marito Mimmo e gli amici Annabella e Michele, con ingenuo entusiasmo femminile disse “va bene ora facciamo un altro gol”; non più di quindici metri più dietro, intravidi Ventura - nostro ex allenatore - impassibile, poi Protti e Tovalieri affranti e Nicola Bellomo pensieroso (Bellomo, barese purosangue, aveva giocato quella stagione con il Torino, esordendo in serie A nel settembre del 2013, e segnando la prima rete della sua carriera nel massimo campionato, il mese successivo nella gara pareggiata per 3-3 con l’Inter), ma i miei occhi ‘sbirciarono’, tra i civilissimi tifosi in festa del Latina, uno striscione che mi parve provocatorio “ONORE AL BARI”(...al momento pensai subito a Pirandello:” La civiltà prevede che si auguri felicità a qualcuno che si manderebbe volentieri al diavolo: essere ben educati significa essere commedianti”); in seguito mi hanno fatto notare che era in evidenza fin dall’inizio ed era una garbata-corretta testimonianza di lode al campionato del Bari. Il presidente Paparesta era di spalle e la sagoma del sindaco di Bari nascondeva quasi del tutto il volto tranquillo del mago dei direttori sportivi, quel Guido Angelozzi che si è dimostrato uomo-vero-sincero sempre in quelle difficili stagioni biancorosse, la qualcosa mi fece pensare che la scalata fosse ancora possibile.

Mi sono ritrovato di colpo nuovamente al San Nicola domenica 27 marzo 2022, pronto ad accogliere con applausi l’ingresso in campo di Citro e Simeri e vedendo i fratelli tifosi della Fidelis Andria che con orgoglio incoraggiavano i propri atleti, mi sono detto che era giusto portassero via un punto. Poi controllando con l’aiuto del padre dei due giovanissimi tifosi il calendario ho dedotto che fosse un segno del destino festeggiare la serie B in quella città di Latina che, otto anni prima, ci aveva stroncato il sogno della A. Ho chiesto al bambino delle caramelle quanti anni avesse e se giocava al calcio e mi ha risposto: «Otto anni a maggio ed a giugno mi iscriverò ad una scuola calcio» e gli ho raccontato questa storiella (ormai erano tutti in piedi, io seduto ed entrambi non vedevamo niente) che si deve al noto aforista Fabrizio Caramagna:”Da giovani bastava un pallone per sentirsi invincibile, una squadra per sentirsi uniti, un piccolo campo per sognare l’impossibile: lo chiamavamo calcio ed era bellissimo”, il bambino mi ha detto seriamente: “Da giovane giocherò in nazionale e mio padre verrà a vedermi”. Il calcio fa sognare tutti grandi e piccoli…per cui il pensiero visivo è tornato a quel pur sempre magico 8 giugno 2014 al minuto 34 del secondo tempo, minuto in cui il Bari passò in vantaggio…da quel momento fino al 45, quando il Latina pareggiò, furono 11 minuti di ola ininterrotta, ola che ancor oggi ‘colora’ le mie notti. Purtroppo il ‘Gruppo amici di San Nicola’, che mi annovera in organigramma, è totalmente estraneo a tutto ciò che riguarda il pianeta calcio e ciò rende ancora più eroico il mio farne parte, come San Nicola sa bene quando gli chiedo un occhio di riguardo non per la mia squadra, ma per quello stadio a lui dedicato e che Michele M. di Carbonara ha racchiuso nella frase: “La civiltà mista a bellezza, insita nel gioco del calcio, non potrà mai essere insegnata da nessuna scuola, università compresa”. Veniamo alle 20,30 di mercoledì 11 giugno 2014 data fissata per il ritorno di Latina Bari, in cui oltre 9300 spettatori occupavano ogni centimetro di quello stadio intitolato dal 1996 a Domenico Francioni. Latina, che si chiama in questo modo per il D. Lgs. Lgt. n. 270 del 9 aprile 1945 firmato da Umberto di Savoia, ha costruito il proprio stadio nel 1935 e l’impianto fu commissionato dall’Opera Nazionale Combattenti e Reduci. Quella sera il Bari, che doveva vincere mentre al suo avversario bastava il pareggio, riuscì a passare in vantaggio a venti minuti dalla fine con un rigore realizzato da Polenta, ma in 200 secondi i latinensi pareggiarono con un rigore di Jonathas e passarono in vantaggio con un contropiede di Laribi, al 90 ci fu il gol di Galano per il definitivo 2-2.

Sono convinto che domenica 3 aprile 2022 la squadra di capitan Antenucci - sarebbe bello fare uno strappo alle regola e infilare al braccio di Galano quella fascia che significherebbe tante cose - premierà i silenziosi e ‘malinconici’ otto anni di attesa del popolo biancorosso e sarà sana festa ovunque in città e in quello stadio San Nicola dove un maxischermo consentirà di essere vicini alla squadra, i cui nomi dei componenti entreranno di diritto nella storia, con mister Mignani in testa.

Galano è l’unico giocatore della compagine barese che nel 2014 giocò entrambe le partite dei play-off: i tifosi baresi pur consapevoli che la miglior ‘vendetta’ è il perdono, in questo caso specifico considerano un torto non il risultato scaturito dai due incontri con il Latina, ma tutto ciò che hanno dovuto ‘subire’ in questi anni: peccati, ammesso che lo fossero, compiuti da altri e di cui loro sono stati incolpevoli testimoni…l’offeso perdona, l’offensore quasi mai.

E’ stato Luciano De Crescenzo nel suo volume “I PENSIERI di BELLAVISTA” (Mondadori, 2005) a regalarci una definizione tanto veritiera, quanto godibile sulla figura del tifoso:”Quella del calcio è l’unica forma di amore eterno esistente al mondo. Chi è tifoso di una squadra lo resterà per tutta la vita. Potrà cambiare moglie, amante, partito politico, ma mai la squadra del cuore”, confermato dalla voce con cadenza inconfondibile di Sabrina Ferilli “L’unico matrimonio indissolubile è quello con la Roma” ed avvalorato da un anonimo che potrebbe essere uno di NOI “Il calcio è l’unica religione senza atei” e che un insigne giornalista riassunse nella sintetica e pur emblematica frase “Il problema del calcio sono le ‘palle’ inattive”.

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