FRANCESCO GRECO - “Probabilmente ci è impossibile far cessare questa guerra”.
Da Socrate a Dante, fino a Giordano Bruno e Galileo, Campanella e Vico, l’uomo libero ha sempre avuto una vita difficile.
Pacifista, antimilitarista, positivista, illuminista, agnostico: troppo per non avere un’esistenza piena di guai nel secolo ispido di “ismi”. Eppure Bertrand Russell, filosofo e matematico gallese, riuscì quasi a sfiorare il secolo di vita (1872-1970).
Sorprendente e attuale a più di un secolo di distanza. Peccato che sia stato quasi condannato alla damnatio memoriae, il pensiero liberal è come un fiore appassito: il massimalismo è più seducente, narcosi per irresponsabili, bromuro sulle coscienze.
Scoperto che la Storia, se davvero era finita, corsi e ricorsi, come al gioco dell’oca, ha ripreso a marciare con i postulati ideologici e filosofici del Novecento, secolo breve e doloroso, è utile rileggerlo al crepuscolo di tante utopie, per tentare di indovinare una luce in fondo al tunnel. “Il credo dell’uomo libero”, Piano B Edizioni, Prato 2022, pp. 184, euro 14 (collana “Elementi”), propone una serie di saggi ricavati da scritti e “lecture” pubbliche del grande pensatore che fu accusato, pensate, di pacifismo e di aver disapprovato la politica estera di Sua Maestà poiché, in giro per conferenze, chiedeva agli Usa di non intervenire nella Grande Guerra. La lobby delle armi non era d’accordo.
Russell fu scacciato dal Trinity College di Cambridge, multato di 100 sterline, che non pagò, preferendo la galera, e fu accontentato, anche se alla fine della guerra (1918), per sei mesi.
Il suo saggio in Gran Bretagna uscì in poche copie, ma fu ristampato, guarda caso, negli Usa. In questo scritto decostruisce e destabilizza tutti o quasi i paradigmi culturali e politici del suo e del nostro tempo. Dall’educazione nelle scuole, che accusa di livellare verso il basso, nel limo della mediocrità le giovani menti, senza allenarle ad avere un pensiero critico, alla politica impaludata e soggiogata da infiniti interessi.
Sino al marketing politico: “L’arte della propaganda, così come praticata dai politici e dai governanti moderni, deriva dall’arte della pubblicità”. Teorizza poi che “nei giorni bui, gli uomini hanno bisogno di una chiara fede e di una speranza ben fondata…”. Nutre grande fiducia nell’uomo libero, che usa l’intelligenza. Un “manifesto” sempre d’attualità, oggi più che mai.
Pacifista, antimilitarista, positivista, illuminista, agnostico: troppo per non avere un’esistenza piena di guai nel secolo ispido di “ismi”. Eppure Bertrand Russell, filosofo e matematico gallese, riuscì quasi a sfiorare il secolo di vita (1872-1970).
Sorprendente e attuale a più di un secolo di distanza. Peccato che sia stato quasi condannato alla damnatio memoriae, il pensiero liberal è come un fiore appassito: il massimalismo è più seducente, narcosi per irresponsabili, bromuro sulle coscienze.
Scoperto che la Storia, se davvero era finita, corsi e ricorsi, come al gioco dell’oca, ha ripreso a marciare con i postulati ideologici e filosofici del Novecento, secolo breve e doloroso, è utile rileggerlo al crepuscolo di tante utopie, per tentare di indovinare una luce in fondo al tunnel. “Il credo dell’uomo libero”, Piano B Edizioni, Prato 2022, pp. 184, euro 14 (collana “Elementi”), propone una serie di saggi ricavati da scritti e “lecture” pubbliche del grande pensatore che fu accusato, pensate, di pacifismo e di aver disapprovato la politica estera di Sua Maestà poiché, in giro per conferenze, chiedeva agli Usa di non intervenire nella Grande Guerra. La lobby delle armi non era d’accordo.
Russell fu scacciato dal Trinity College di Cambridge, multato di 100 sterline, che non pagò, preferendo la galera, e fu accontentato, anche se alla fine della guerra (1918), per sei mesi.
Il suo saggio in Gran Bretagna uscì in poche copie, ma fu ristampato, guarda caso, negli Usa. In questo scritto decostruisce e destabilizza tutti o quasi i paradigmi culturali e politici del suo e del nostro tempo. Dall’educazione nelle scuole, che accusa di livellare verso il basso, nel limo della mediocrità le giovani menti, senza allenarle ad avere un pensiero critico, alla politica impaludata e soggiogata da infiniti interessi.
Sino al marketing politico: “L’arte della propaganda, così come praticata dai politici e dai governanti moderni, deriva dall’arte della pubblicità”. Teorizza poi che “nei giorni bui, gli uomini hanno bisogno di una chiara fede e di una speranza ben fondata…”. Nutre grande fiducia nell’uomo libero, che usa l’intelligenza. Un “manifesto” sempre d’attualità, oggi più che mai.