Momo, mille km per un trattore

(Peggy_Marco /Pixabay)

FRANCESCO GRECO -
Ha attraversato l’Italia, dal Trentino alla Puglia: mille km per i dischi di un trattore. Da mandare alla famiglia in Africa, nel Mali, per facilitare la coltivazione della terra arida.
E’ l’impresa di un ragazzo, Momo, il giorno di Pasqua. Mentre noi scartiamo uova di cioccolato, un ragazzo invia il regalo più prezioso alla famiglia lontana, al Mali, all’Africa subsahariana.
 
Storia commuovente, con una scansione anche pedagogica. La raccontiamo per tentare di demolire i fetidi luoghi comuni sugli extracomunitari che purtroppo ancora sono forti e duri da combattere, tra razzismo strisciante e folle xenofobia.
 
Giungono col barcone dopo aver impegnato tutti i risparmi, i loro e delle famiglie, attraversato il deserto, sbarcano sulle coste italiane.
 
Pregiudizi che già i numeri relativizzano: su 2 milioni di extracomunitari censiti oggi in Italia, oltre 400mila hanno aperto una loro start-up, sono inseriti nel mondo delle attività produttive e portano sviluppo, benessere, fanno Pil.
 
Basta vedere chi, nelle grandi città italiane, gestisce bar, ristoranti, pizzerie, tabaccherie, le botteghe di frutta e verdura, etc.
 
Momo ha 27 anni, è in Italia da 5, vive nel Trentino, lavora in un’azienda che coltiva e commercializza le mele, e infatti ne ha fatto dono, graditissimo, a chi scrive e a David, il giovane contadino che sul web ha messo in vendita i dischi da agganciare al trattore e che spesso, per i lavori nei campi, chiama ragazzi di colore.
 
Rapida trattativa, molto italiana, e l’accordo è fatto. “Dovevo venire a ottobre, ma a causa della pandemia ho rinviato più volte... E oggi eccomi qua…”, si scusa Momo con un sorriso infantile
Una stretta di mano, il lavoro faticoso per portare sul suo camion bianco il blocco e assicurarlo con le corde affinché non scivolasse durante il viaggio di ritorno. Poi lo scambio dei cellulari. E la partenza per il Nord.
 
Momo è ospite di un dormitorio, un centro di ricovero notturno raggiungibile con l’autobus dopo una dura giornata di duro lavoro nei meleti.
 
Storie di ordinaria immigrazione, da raccontare perché arricchiscono i paesi che ospitano, dal punto di vista materiale (i ragazzi italiani non vanno a raccogliere le mele, potrebbero sporcarsi le mani, meglio l’assistenzialismo, che fa rima con parassitismo del reddito di cittadinanza) e anche di umanità indomabile.
 
Immaginiamo la news che vola sul deserto sulle onde del cellulare di Momo e la febbre dell’attesa della sua famiglia nel villaggio di capanne di fango in Mali, a 5mila km. dall’Italia: con quei dischi, potranno coltivare meglio anche il deserto (ma periodicamente partono pure container con tv, biciclette, etc.). E vivere una vita migliore, anche con i sudati risparmi che Momo manda dall’Italia delle mele e della speranza di una vita e un mondo migliori.