Verso Pasqua: riflessioni dal cuore...

(Ben Photo/Shutterstock)
“I poveri li avete sempre con voi, ma non sempre avete me”. Gv 12,8.
 
SANTA FIZZAROTTI SELVAGGI - Facile non è vanificare i pregiudizi nei confronti di coloro che sono in condizioni di disagio e difficoltà: ma soprattutto comprendere che è nella libertà, nell’uguaglianza dei diritti e dei doveri, nella reciprocità che l’uomo struttura se stesso all’interno della società. Senza poi tenere sempre presente nella propria mente e nel proprio cuore che “l’Altro da sé“ è in ogni caso “l’Altro di me” per cui fondamentale è praticare una carità, intesa come amore senza limiti…».

Ed è proprio questo particolare senso della «carità senza limiti» che fa sì che gli umilianti “gesti elemosinieri” perdano di significato per cedere il passo a quella compartecipazione e condivisione del dolore e della sofferenza umana che ciascun uomo dovrebbe sentire nei confronti dell’Altro. In realtà l’amore per il prossimo non può avere limiti, né conoscere frontiere e appartenenze, poiché ciò che conta, prima di qualsiasi altra considerazione, è il valore della persona umana come tale. Questo conflitto così crudele tra Russia e Ucraina ci fa davvero danzare sull’abisso ma ciò che stupisce non è il sentimento catartico che si dovrebbe sentire dinanzi alla tragicità umana, al tragico, bensì una sorta di indecorosa spettacolarizzazione dell’emersione del preumano sopprimendo innanzitutto l’Amore che dovrebbe pervadere tutto il nostro essere. Pasqua si avvicina: dalla schiavitù alla libertà, dall’efferatezza al perdono… Eppure… nulla sembra mutato. Ancora il sacrificio degli innocenti nutre l’ umanità perduta.

Mi piace, a tal proposito, riflettere se pur immeritatamente e modestamente su un passo del Vangelo “Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. Allora Giuda Iscariòta, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».

Siamo, dunque, ad una cena prima della Pasqua, prima di un’altra nel Cenacolo per poi assistere dolorosamente alla Crocifissione dell’ Innocente, l’Agnello del sacrifico. Maria unse Gesù con il profumo del puro nardo: il profumo dello sposo del “Cantico dei cantici”. E allora “ Allora Giuda Iscariòta, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.” E Giuda non sapeva che dove c’è Amore c’ è profumo. La cena a Betània: un banchetto, simbolo d’amore eterno . Marta serve con i fatti (1 Gv 3, 18); Maria effonde il profumo più dolce , quello dello Sposo ( Ct). La situazione dunque, come già detto, non appare diversa nel nostro tempo, anzi sembra peggiorata.

Il ruolo della donna, come è scritto nei Vangeli di Marta e Maria , appare ancor oggi determinante per la costruzione di nuovi modelli della mente. Ma la diffidenza, il pregiudizio e il sospetto, come si legge di Giuda, offuscano le coscienze negando l’epifania dell’Alterità quale parte integrante del Sé.

Ed è proprio alla Parola Femminile oltreché alle considerazioni intorno ad un diverso contesto storico-sociale, per alcuni aspetti del tutto differente dalle epoche precedenti e pur radicato nel cuore antico del passato, che può essere dato il compito di una diversa progettualità umanitaria, in cui la condizione della solitudine umana non si trasformi in disperazione. Di qui anche la considerazione sull’essenziale azione di holding quale supporto delle Istituzioni e non già sostitutive di queste, per un sostegno e contenimento delle angosce di tutti coloro che sono in stato di disagio. Non vi può essere, infatti, riscatto della dignità umana se non si determina innanzitutto un ambiente facilitante i processi di inserimento in un contesto socio-culturale davvero solidale, laddove la solidarietà ( termine divenuto abbastanza logoro ) sta per consentire alla persona di sentirsi libera e non esperire la condizione della dipendenza. Non si può continuare a pensare in termini di “beneficenze” varie, ma in termini di condivisione si che si possa verificare, attraverso un progetto di solidarietà , che non è da confondersi con i gesti sporadici della pseudo-bontà, la scoperta di qualcosa di nuovo nella consapevolezza che tutti riceviamo da tutti in termini di esperienze, tradizioni e cultura.

Non si può tacitare la falsa coscienza con comportamenti assistenzialistici. Il dominio dell’uomo sull’Uomo, infatti, si manifesta con quel particolare atteggiamento che viola la dignità umana manifestandosi finanche, se pur inconsapevolmente, con atteggiamenti di “buonismo”. Un individuo non è meno degno di ascolto e di attenzione di un altro. Qui si giocano, evidentemente, le fondazioni di una società civile e democraticamente progettante, costruita sul confronto, sul profondo senso della relazione di aiuto sempre propositivo e in grado di tener conto, e in egual misura, delle differenti realtà oltre che idee e opinioni.

A Giuda non importava “ dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.” Si ricordi Origene quando afferma: «Giuda sembrava preoccuparsi dei poveri […]. Se adesso c’è ancora qualcuno che ha la borsa della Chiesa e parla a favore dei poveri come Giuda, ma poi si prende quello che mettono dentro, abbia allora la sua parte insieme a Giuda» (Commento al vangelo di Matteo, 11, 9). Ma intendo ancor più sottolineare, e mi prendo tutto il rischio di ciò che affermo, che etichettare l’Altro, deprivato a vari livelli, ovviamente non secondo le parole e le intenzioni di Cristo ma secondo l’accezione che noi oggi diamo alle parole come “povero “o peggio ancora “ultimo” o addirittura “invisibile“ significa già scotomizzarlo ed escluderlo innanzitutto dentro di noi, deprivandolo ulteriormente nel contesto sociale autodefinendoci “ privilegiati” e dunque in condizioni di superiorità.

Poco senso ha davvero consegnare solo panini o pacchi viveri una tantum per sentirsi buoni: in tal modo si lede davvero la dignità della persona mettendola in subordine e mi perdonino per quanto affermato coloro che operano in tal senso. Urge prendersi carico della totalità della persona con tutti i suoi bisogni: il cosiddetto “pranzo per i poveri” una tantum è oltremodo offensivo e perché si usa la parola “ povero “ in modo etichettante e perché non si può esaurire l’azione di aiuto nel pasto caldo (a volte a dire il vero oltremodo necessario per le emergenze e per altre situazioni come ad esempio la terrifica vicenda dei rifugiati di guerra): fondamentale però è il riscatto dalle condizioni di subalternità. Le mense quotidiane sono un grandissimo aiuto ma devono essere solo il corollario alla totale presa in carico delle persone in stato di disagio. L’aiuto alle persone senza fissa dimora non può esaurirsi nel portare bevande calde o cibo (con il pericolo che non si è a conoscenza di eventuali patologie delle stesse persone) bensì nella pienezza della accoglienza come la Caritas diocesana magistralmente insegna. Urge in questa epoca così difficile la nascita di una diversa responsabilità nei confronti di se stessi, degli altri e di tutta la comunità civile.

Giunge la Pasqua: sarà ancora Pasqua di dolore, di privazioni, di sangue come quando l’Innocente per eccellenza fu crocifisso complici tutti? Ad assisterlo solo le donne ai piedi della Croce. O sarà Pasqua di pace e fratellanza? Passaggio dalle tenebre alla Luce ? Che si cominci a vivere tutti con il cuore pulsante d’amore e non di odio, scevro da interessi economici e politici, ma coscienti che il proprio cuore batte all’unisono con il cuore dell’Altro che non deve e non può essere strumento per altri interessi.

Non ci sono uomini liberi o schiavi, né oppressori né oppressi, ricchi e poveri, primi e ultimi ma soltanto la sofferenza e il dolore dell’umanità.