Sospeso fra Novecento e XXI secolo, Cosimo Russo poeta


FRANCESCO GRECO
- Non è facile dirsi poeti oggi, in un mondo indecifrabile come una Torre di Babele 2.0, abitato da “cigni neri”, sospeso sul burrone del the end, in cui la socialità è atomizzata e i mezzi sono diventati fini, e viceversa.
 
Eppure il poeta per vocazione ha gli strumenti adatti per approcciarsi all’eterno mistero dell’uomo, il mondo, la vita: timè, aretè, kleos si diceva nella Polis di Socrate e Aristotele. Perché il suo cuore conserva intatto l’incanto dell’infanzia, lo sguardo sincero e puro dell’albatros di Baudelaire, il coraggio di Parsifal: come diceva Majakovskij: “La mia anima non ha nemmeno un capello bianco”.
 
Cosimo Russo ha vissuto una breve ma intensa stagione (mancò all’improvviso 5 anni fa, a 45 anni), ma feconda di vita e di versi. Apparsi in due pubblicazioni: “Per poco tempo” (Manni, 2017) e “Ancora una volta” (Manni, 2019): ma ha lasciato molti versi ancora inediti.
 
La parabola esistenziale e letteraria ha incuriosito Michela Biasco, che ne ha fatto l’argomento della sua laurea triennale, e adesso anche della specialistica (l’ha appena discussa all’Università del Salento), inquadrando il poeta, dal particulare all’universale, nel suo habitat geografico, sospeso fra Europa (ragione) e Mediterraneo (sensualità), nel contesto della famiglia, del suo paese (Gagliano del Capo, due passi da Leuca, che sta per intitolargli una strada) e soprattutto continuando a indagare la genesi e la semantica della sua poetica.

DOMANDA: Cosa ha scoperto di nuovo rispetto alla tesi della triennale?
RISPOSTA: "La tesi di ricerca, come si evince dal titolo “La poesia di Cosimo Russo: studio e scoperta di un poeta salentino del XXI secolo”, oltre a rappresentare il secondo momento di uno studio inaugurato nel 2019 in occasione del mio primo lavoro di ricerca triennale incentrato sulla figura e su alcuni aspetti della poetica di Cosimo Russo, si propone di “scoprire” e indagare nuovi e inediti aspetti relativi non solo all’autore, ma alla sua produzione che è stato possibile ricostruire con maggiore rigore grazie a una nuova pubblicazione intercorsa da due anni a questa parte e alla lettura di manoscritti ancora inediti dello stesso poeta.
 
Questa seconda ricerca alimentata da diverse occasioni di confronto con studiosi che nel tempo si sono avvicinati alla poetica di Russo tracciando nuove opportunità di ricerca, ha permesso di rendere ossimoricamente più chiara la complessità della sua figura e della produzione poetica.
Lo studio non si limita più solo a proporre quelli che sono stati definiti i temi insistiti della sua produzione, quelli, cioè, che ritornano con una certa frequenza, ma mira a tracciare un percorso di vita fedelmente riprodotto in quella che è stata definita una sorta di poesia-diario che ricostruisce, attraverso una progressiva trattazione di temi, il percorso personale del poeta che parte dalla presa d’atto di profondi limiti e dure consapevolezze intrinseche alla condizione umana e prosegue per i vari e ostinati tentativi di trovare delle vie di fuga, un varco per dirla come Montale, in grado di proiettare l’uomo verso un sentimento d’infinito.

L’indagine progressiva di tali questioni proposte con una certa urgenza nei versi, ha permesso di tracciare un percorso, personale e poetico, complesso, labirintico e a tratti oscuro, che in alcuni preziosi momenti sfocia in immagini di luce che invadono l’animo del poeta".

D. Si può considerare l’erede dei grandi del Novecento salentino, Comi e Bodini, per esempio?
R. "L’analisi della produzione di Russo ha permesso di collocarlo nel solco di una nobile tradizione letteraria, legando la sua figura sia all’ambiente letterario nazionale del secondo Novecento sia a quello Salentino.

Le tracce che ha lasciato nei suoi scritti e nella sua biblioteca personale, hanno permesso di mettere a fuoco una fitta rete di richiami con il panorama letterario contemporaneo e la presenza di specifiche tematiche ha anche permesso di poter rintracciare dei punti di contatto con quella che il professore Antonio Lucio Giannone, in un suo saggio, definisce la “linea meridionale nella poesia italiana del Novecento›”, una linea che è possibile tracciare a partire da grandi nomi di poeti che affondano le loro radici nel Sud Italia come Quasimodo, Sinisgalli, Bodini, Scotellaro e Alfonso Gatto e che condividono alcuni temi che permettono di accostare le loro produzioni in una linea che percorre il Novecento letterario.

Tra le varie tematiche che ricorrono tanto nella produzione del poeta, quanto nella linea meridionale ricordiamo: il Sud percepito come vero e proprio tema lirico-narrativo, la completa adesione e identificazione del poeta con i luoghi del vissuto, il legame con le leggende e le tradizioni della propria terra, il culto o la “religione” dei morti e la sacralità della famiglia, tematiche più precisamente riconducibili a una matrice antropologica caratteristica del sud Italia.

La ricerca si propone di ribadire la necessità di considerare Cosimo Russo un poeta che ben si inserisce nel panorama poetico nazionale del secondo Novecento e a maggior ragione in quello Salentino. La sua produzione, oltre a richiamare quella di vari autori europei ed extraeuropei, contemporanei e non, si lega a quella dei due grandi esponenti della tradizione salentina quali Comi e Bodini. che egli considera alla stregua di maestri e dai quali riprende motivi e temi che innervano la sua produzione, come il processo di immersione panica nella natura, il desiderio di comunione con il creato e il procedere per immagini analogiche e sinestetiche che condivide con Comi e la duplice interpretazione del Sud colto nella sua originaria bellezza, ma anche nella sua condizione di immobilità e arsura che, invece, permette di accostarlo a quel sud “inventato” da Vittorio Bodini".

D. A quale scuola poetica potremmo ascriverlo, magari con qualche inevitabile forzatura?
R. "Ricondurre i versi di un poeta che opera a cavallo tra la fine del Novecento e i primi due decenni del nuovo secolo a una precisa scuola poetica, diventa sempre più difficile in quanto a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, le profonde mutazioni che hanno investito la società, la cultura e, dunque, la letteratura italiana, hanno portato alla registrazione di un panorama letterario sempre più eterogeneo e pulviscolare, abitato una pluralità di voci e di stili che non per forza si richiamano a precise o uniche scuole poetiche. Il critico può però ricostruire le basi, i richiami e i rimandi sottesi che un autore intreccia con altri attraverso l’analisi dei versi, dello stile, dei temi ricorrenti e delle sue letture. Seguendo questa prospettiva è stato possibile comprendere meglio quella che è la personale concezione poetica di Russo, che deve molto a una folta schiera di autori assunti a veri e propri “maestri”, con i quali egli condivide visioni e aspetti profondi della propria poetica, come il già citato Comi e in particolare il suo rapporto con la natura e l’inquietudine religiosa, Montale, con la sua allegoria del muro del reale e l’impossibilità di oltrepassarlo, Ungaretti e la sua concezione di poesia come confessione e illuminazione, ma poi ancora Saba e la percezione del nesso tra poesia e verità, Pessoa che avverte lo stesso contrasto tra limitatezza della realtà e pienezza di senso, i poeti maudits, gli esponenti della tradizione simbolista francese che è derivata dalle opere di Baudelaire, alla quale lo stesso Russo non è immune e, infine, Leopardi che, seppur alla fine del proprio percorso filosofico e poetico, approda a conclusioni distanti da quelle di Russo, permette di registrare delle forti concordanze in alcuni tratti della loro ostinata ricerca personale".

D. Russo resisterà al tempo e alla sua usura, oppure la sua poesia finirà nell’oblio, come accade a tanti?
 
R.: "Credo fortemente nell’inesauribilità del messaggio poetico di Russo, i versi del poeta sono una preziosa testimonianza di un’indagine tutta umana basata su domande valide per l’uomo di ogni epoca, interrogativi e riflessioni persistenti, da sempre attuali e, dunque, in grado di resistere, come dice lei, all’usura del tempo.

La sua è una poesia in grado di leggere la realtà in modo profondo e che accetta una condizione permanente di vitale contraddizione. senza mai arrendersi all’inesprimibile, ma sfociando in immagini di stupore e speranza. Accettare le contraddizioni del reale senza sperdersi nel pessimismo è una sfida che travolge chi vive in tempi così incerti e mutevoli. La poesia di Russo è tanto onesta da confrontarsi con tutte le fratture interne all’uomo, ma allo stesso tempo ci sprona a non perdere di vista la luce che sta oltre le cose, ad appropriarci dell’inappropriabile attraverso immagini di disarmante semplicità che esaltano una natura in grado di offrire all’uomo momenti di straordinaria pienezza dell’essere che introducono nell’individuo le radici dell’infinito. Ciò che il poeta ci ha lasciato, è la preziosa testimonianza di un uomo che percepisce in modo sottile il mondo e le sue contraddizioni, se ne distacca con sofferta accettazione ma poi, tramite l’atto d’amore più grande di sempre, ritorna in esso: “Esco con il fiore dal / tempo del mondo e rientro / in esso non per magia, ma per amore”.

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