Teodosio Saluzzi ricorda Vincenzo Di Mattia in quel ‘Puglia Teatro’ regno di Rino Bizzarro
LIVALCA - Teodosio Saluzzi nasce a metà degli anni ’40 del secolo scorso in quella Potenza il cui nome è di evidente ispirazione latina ‘potentia’; il nostro Amico, però, non fa parte di quella schiera di potentini (doc) che sono convinti di aver forza e potenza; lui da sempre è nel plotone che parteggia per la virtù…mi fermo qui altrimenti il paziente direttore del «GIORNALE di PUGLIA» verrà tempestato di mail da parte di nativi di Potenza ‘forti’, grandi e grossi… vecchi amici di chi scrive…
Teodosio, giustamente, ritiene di aver avuto dalla vita meno di quello che ha seminato, ma è conscio anche che i suoi compagni di viaggio che considerano ‘misero’ il raccolto sono ‘uno, nessuno e centomila’ (Orazio nelle satire: «Nemo sua sorte contentus»). Questo farà esclamare al mai troppo talentuoso ed indimenticabile Vincenzo Di Mattia, che sta pascolando in quel regno in cui ‘ci si riconosce tutti comunque’, e che mi regalò, in maniera del tutto inaspettata e gratuita “épater le bourgeois” (far colpo sulla gente), aggiungendo che nessun ‘cavallo’ zoppica per il dolore di un altro: tradotto in livalcalese ‘Vincenzo aveva visto giusto’…fatta salva «L’ECCEZIONE» di cui il nostro amico comune Rino Bizzarro risulta custode-garante-tutore indefesso e perseverante.
Solo per la statistica - dicono non vale, ma ‘serve’ anche in Cielo - Vincenzo gli epigrammi di mio conio li tengo per me, a volte cito quelli dei grandi per sentirmi piccolo e per ricordare ai teatranti che ‘Tutto il mondo è teatro’ per cui: il marinaio parla delle tempeste; il contadino della sua terra; il giornalista delle parole e nessuno è depositario della saggezza sufficiente ad essere ‘felice e contento’.
Non a caso Saluzzi espone con grande partecipazione come il grande Eduardo De Filippo, in una Roma ancora vivibile e non tutta dedita ‘alla dolce vita’, gli avesse spiegato, illustrato, insegnato i ferri del mestiere della drammaturgia con pazienza filiale, ma con determinazione ruvida che solo i grandi sanno esternare e ‘possedere’. Probabilmente in casa De Filippo - si racconta che l’autore di «Napoli milionaria!», commedia scritta nello stesso anno in cui nasceva Teodosio, rimase favorevolmente impressionato da due opere giovanili di Teodosio: «Fesso chi muore» e «Non scherzerò mai più con il cuore» e decise di ‘convocarlo’ nella sua casa romana - il Nostro maturò l’idea di scrivere uno dei suoi testi più interessanti e drammatici: «I figli di Filumena Marturano».
Secondo un vecchio amico esperto di teatro, scomparso per cui non rivelerò il nome, l’opera era così gradevole che… sembrava scritta da un Saluzzi ‘in stato di grazia ricevuta’ (chiaramente si tratta di un complimento, intriso di sana ironia, quella che un Virgilio «Felix qui potuit rerum conoscere causas» odierno, stimerebbe volare alto).
Teodosio anni fa mi raccontò che da giovane amante del teatro, forse nel fatidico 1968, si trovava, in veste di apprendista-tirocinante, con la compagnia di Eduardo De Filippo che portava in scena “Natale in casa Cupiello” con un successo che, i cronisti dell’epoca, definirono ‘travolgente’. Al termine - questa era una prassi consolidata di Eduardo - a sipario chiuso il noto attore scambiava impressioni con il pubblico e recitava poesie. Se il pubblico dimostrava di gradire, l’autore-attore non si risparmiava. Saluzzi trovò il coraggio di chiedere al Maestro: «Lei pensa che un giorno anch’io potrò interpretare il personaggio di Luca Cupiello?», la risposta «Forse fra una cinquantina» non è dato sapere se fosse una speranza o una sentenza. Nel 2014, ad appena 46 anni dalla previsione del Maestro, un Teodosio smarrito e pur lusingato ha accettato la proposta del regista Alfredo Vasco di vestire i panni di Luca Cupiello. Chiaramente ha ritenuto opportuno mettere al corrente della profezia il regista e rimanere nel dubbio se Eduardo avesse fatto parlare il cuore, la matematica o soltanto il suo modo arcigno-severo di vivere il teatro. Chi ha visto il lavoro - andato in scena per 24 mesi - ha definito la prova: decente, soddisfacente, gratificante…ossia valida “sabato, domenica e lunedì”.
Vincenzo Di Mattia nasceva nella prima metà del secolo scorso in quella Gravina in Puglia che è una cittadina collocata ad oltre trecento metri sul livello del mare sul ciglio di una forra (gravina in base alla locale terminologia) che altro non è che una gola o fossato, con pareti ripide, scavate dall’azione erosiva dell’acqua. Trasferitosi a Roma negli anni ‘60 vinse un concorso Rai - una volta le selezioni erano ‘selezionate’- per ‘Ideatori di programmi’ e curò il servizio Prosa della Rai per un tempo sufficiente a far conoscere agli spettatori dell’epoca la magia del teatro di De Filippo Eduardo, Goldoni, Pirandello, Cechov, Ibsen e Shakespeare. Ho conosciuto personalmente Di Mattia quando venne a Bari per la presentazione del libro di Bizzaro «Su il sipario», dal momento che era uno dei nove autori che diedero vita al volume con testi inediti che rappresentavano la drammaturgia pugliese del secondo Novecento (volume Levante, 2005 che vide impegnati Nicola Manzari, V.D., Vito Maurogiovanni, Nicola Saponaro, Rino Bizzarro, Maurizio Micheli, Maria Marcone, Antonio Rossano, Daniele Giancane con prefazione di Egidio Pani). Fu simpatia a prima vista e iniziammo un veloce scambio di ‘battute’ fino al giorno in cui gli chiesi due pagine per il libro di Rino Bizzarro «BARI così» (Levante, 2015) assegnandogli questo canovaccio: «Bizzarro e il teatro: amore o odio?». Di Mattia prima mi assestò una stoccata indolore che scopriva un ‘nervo’, ma occultava un ‘muscolo’ e poi scrisse una frase di 14 parole che faceva risultare riduttivo qualsiasi progetto o prospettiva di vita: «Pur se una vita è stata vissuta al massimo, l’intelligenza è sempre disillusa». Ero convinto che fosse mio quel concetto tanto è vero che manifestai a Di Mattia telefonicamente il mio pensiero e lui mi fece notare una ‘sottigliezza’ del tipo : “Tutti si lamentano di avere poca memoria, ma nessuno di aver poco intelletto”…che sembra un invito a quel ‘tutto il mondo è teatro’.
Il 30 aprile 2022 presso L’Eccezione-Cultura e Spettacolo di Puglia Teatro - la ‘creatura’ di Rino che è sempre in fasce perché in paradiso vai da neonato senza dubbio, ma da grande solo dopo mezzo secolo puoi affermare di sederti a tavola per provare a rimanerci un poco di tempo in più - è stata conclusa la 47° stagione artistica del ciclo di incontri denominato “Polvere di stelle” con un incontro-spettacolo dal titolo «Vincenzo Di Mattia-Tutto il mondo è teatro» un doveroso tributo curato proprio da Teodosio Saluzzi. Ritengo che Di Mattia, in compagnia della sua adorata consorte, sarà stato contento (magari ricordando nemo ante mortem beatus, nessuno può dirsi felice fin che vive) e più che ‘appagato’ nell’aver avuto l’intuizione di coinvolgere la figlia Francesca nelle esperienze vissute nel quotidiano a contatto di una malattia, l’alzheimer, che lo ha portato a pubblicare «Quando amore non mi riconoscerai», Piemme, Milano.
Hanno contribuito alla riuscita della serata le letture di Michele Roppo e Nicola Accettura, quest’ultimo fratello di quel Peppino che il secolo scorso era presenza abituale nella nostra azienda e che quest’anno ho incrociato più volte in quelle situazioni in cui non è possibile dire…’aspetta’.
Caro Di Mattia qualcuno ha detto che “non esiste una via facile dalla terra alle stelle” per cui noi procediamo, non certo a fari spenti, ma con l’andatura da ‘carrozza’, quella che alcuni considerano corazza, che ci consente di valutare che non siamo troppi anziani per imparare e poi Teodosio e Rino sanno da sempre che, in ambito teatrale, è difficile ottenere risultati senza un impegno totale.
Bizzarro e Saluzzi, parafrasando una frase abituale di Eduardo De Filippo «Sulla scena so come muovermi, ma nella vita sono sfollato», intendono rimanere ancora del tempo fra gli sfollati perché …’tutto il mondo è teatro’.