Santa Fizzarotti Selvaggi (intervista): "Vi racconto la storia del Palazzo Fizzarotti, scrigno di conoscenza e della mia famiglia"
REDAZIONE - Lei scrive spesso sul nostro Giornale e sempre più notiamo che si parla di palazzo Fizzarotti e del suo splendore. Quale la Sua parentela con Emanuele Fizzarotti?
Mio nonno paterno di nome Raffaele ed Emanuele erano fratelli e mio padre è stato colui che ha curato e custodito le tradizioni familiari e ha tenuto fede agli esempi ricevuti in tutta la sua vita e in modo particolare come Amministratore pubblico. Ha conservato documenti e testimonianze. Non a caso ebbe a precisare in una lettera di chiarimento inviata al Direttore de “La Gazzetta del Mezzogiorno” il 7 febbraio del 1995: “Essendo rimasto l’unico nipote diretto di Emanuele Fizzarotti, desidero precisare che i miei cugini Alfonso e Vittorio furono costretti a cedere il palazzo, che ancora oggi è designato con il nome della nostra famiglia, per far fronte ai vari impegni derivanti dalla chiusura delle tre sedi della Banca. Esempio della serietà e del senso dell’onore di uomini di altri tempi”.
Certo: ho scritto sia pagine di divulgazione che articoli gentilmente ospitati da “La Gazzetta del Mezzogiorno“, oltre a un libro dedicato a mio padre (L’uomo delle mani magiche, Grafischena, 1999) e poi rieditato nel 2020, in occasione dei 25 anni dalla dipartita di mio padre, ovviamente aggiornato con il titolo “Mio padre. Angelo Fizzarotti, La passione per la politica e la musica” per i tipi di Schena,in cui sono pubblicate notizie certe e veritiere sia circa Emanuele Fizzarotti che intorno al Palazzo Fizzarotti che ben rappresenta il sentire della famiglia compreso quello di mio padre e mio. Ma anche nel libro pubblicato da Levante Editori dal titolo “ La mia anima“ (2016) ribadisco quanto sempre affermato perché ascoltato e vissuto in prima persona e letto nei documenti in mio possesso.
Altri hanno scritto di Suo zio e della sua famiglia paterna ?
Si. Sono state elaborate due tesi di laurea di cui una del giovane Antonio Desiati. Il dott. Desiati si è avvalso sia di quanto da me scrupolosamente custodito che di una seria ricerca d'archivio. E’ stata anche analizzata la storia della Banca Fizzarotti quale modello d’avanguarde in altro lavoro universitario
Perché i suoi antenati vollero edificare questa dimora in uno stile gotico veneziano e così sfarzosa?
I motivi sono tanti ma quelli che mi sembrano degni di nota sono i seguenti. Erano amici del re Nicola del Montenegro e poi di conseguenza ebbero rapporti con casa Savoia. Il nome dell’architetto Corradini deriva da queste frequentazioni e devo chiarire subito che la regina Elena in occasione dell’abiura non fu ospite a palazzo Fizzarotti ma, da quanto ascoltato in famiglia, in ben altre occasioni. Purtroppo forse durante una delle mie rare visite guidate i presenti avranno frainteso non essendo forse io stata esaustiva.
Uno dei figli di Emanuele sposò la contessa Adelina Mazzitelli, figli a di un generale di Corpo d’armata di Sua Maestà. Mio padre e mia madre in viaggio di nozze furono ospiti suoi e a casa di Adelina viveva anche la vedova di Emanuele, zia Mattia. E’ stato mio padre a curare poi la vendita della tomba di famiglia che fu acquistata dalla famiglia Resta. Io sono stata testimone di tutto ciò.
Il Corradini con il Bernich interpretò pienamente il pensiero e la stessa storia familiare in interazione con la storia della nostra terra e del Mediterraneo.
Emanuele Fizzarotti era davvero una persona geniale che amava la Puglia ed entrambe le città di Bari e di Lecce. La prima di adozione e la seconda di nascita. Questa la ragione dei due tondi sulla facciata insieme ad altri due tondi di cui il primo “Inter flammas vivit“ fa riferimento allo Spirito immortale dell’amore e il secondo assunto a stemma familiare (dispiace vederlo dovunque senza molto senso: certo fa parte della architettura ma non altro...) dice esattamente “Quamquam fractae vulnerant”. Si tratta di un monito molto serio. Le azioni dell‘essere umano, anche dopo la inevitabile morte, continuano a ferire: dunque un invito a comportamenti etici in ogni momento della esistenza.
Ma ancora mi preme precisare che il fratello della madre di Emanuele e dei suoi fratelli compreso mio nonno Raffaele, mi riferisco alla mia diretta bisnonna Consiglia Corallo era il noto, a Lecce, Mons Luigi Corallo ritenuto sempre un benefattore dell’umanità sofferente.
Come vede le fole che talora si raccontano sono senza fondamento alcuno. Ricordo che mia madre, pur in tarda età ma lucidissima, fu costretta a redarguire per iscritto alcuni che raccontavano la storia in modo assolutamente distorto.
Tante cose si scrivono su questo meraviglioso palazzo con riferimenti a esoterismo e altro. Che cosa mi può dire?
Leggo, ahimè, tutto questo e non posso che dolermi nel vedere come si possa non comprendere il desiderio di conoscenza che sempre ha animato Emanuele come anche mio padre e me, e certamente altri familiari, confondendo i discorsi che divengono fuorvianti.
Ma guardiamo da vicino le cose: innanzitutto è d’uopo chiarire che il termine esoterismo non sta ad indicare nulla di occulto o altro se non proprio la ricerca di tutto ciò che di universale si cela nei simboli e metafore della nostra vita di esseri umani. C. Jung in questo è stato maestro. E’ evidente che il numero tre che ricorre nel Palazzo (in tre parti diviso l’ingresso, tre sono i piani d'abitazione, tre le sale di rappresentanza intercomunicanti, e così via, e’ associabile alla perfezione divina secondo la nostra cultura. Le parole di Virgilio incise nella Sala delle Arti e dei Mestieri invitano all’amore che vince ogni cosa (Amor vincit omnia); i riferimenti alla Divina Commedia di Padre Dante (non dimentichiamo che ancora si ricorda in quest’anno Dante) stanno a significare come l’essere umano per poter rivedere le stelle deve entrare dentro il suo intimo inferno e purificarsi. Una sorta di catarsi.
Dispiace davvero che si parli di questa meravigliosa opera architettonica come tempio di altre ottiche della vita. Certo capisco che in questa epoca tutto fa gioco ma solo l'affermazione della verità delle cose fa bene a tutti.
A volte devo dire con franchezza che mi amareggia tutto ciò. Lo zio Emanuele con tutta la famiglia (sorelle e fratelli) era cattolico liberale. Non a caso nella Chiesa di San Giuseppe vi è nella navata laterale destra una rappresentazione della Vergine con il Bambino e in preghiera il nucleo famigliare dello zio e sullo sfondo il palazzo di famiglia.
Chi erano gli artisti che hanno partecipato a decorare le sale?
Molti artisti. Fu anche istituito un Circolo per gli Artisti: Rega, Favia e spesso ho udito in famiglia il nome di Prayer ma anche di Montrone, il pittore delle candele. Le maestranze giunsero da Ravenna ma anche del Montenegro.
Perché lo stile gotico veneziano?
E’ una famiglia proveniente dalla Spagna con tutte le memorie moresche che evidentemente affiorano nella architettura, ma il legame di Bari con Venezia e’ stato enfatizzato dal Corradini tant’è che rappresenta in una tela da lui dipinta la liberazione di Bari dai Saraceni da parte del Doge Orseolo II. Una pittura decorativa che non intende assurgere ad opera d'arte e che trovasi nella sala centrale che era la sala delle danze, delle feste. Nella stessa sala vi è un altro dipinto dello stesso Corradini che raffigura il Corteo nuziale di Federico II e la giovanissima sposa Jolanda di Brienne, figlia del re di Gerusalemme. Ma non è tutto: lo zio Emanuele accettò e firmò la nomina di Agente generale per tutto il Mezzogiorno della Standard Oil Company durante un incontro presso l’Hotel Danieli a Venezia. Secondo i racconti di mio padre pare che fosse diventato una persona di fiducia Rockfeller.
E i simboli che ci sono che cosa significano in realtà?
Sono i simboli universali dell’umanità. Null'altro. Il Mercurio che viene rappresentato sul pavimento dell'ingresso del primo piano ha una doppia valenza: l’astuzia e l’intelligenza ma anche il monito degli inganni che spesso si celano nel mondo economico e commerciale. Questo simbolo e’ stato frainteso e interpretato diversamente da alcuni. Nella Sala Rococò, la sala delle rose, per esempio dove il pavimento riproduce uno simile che è’ nella reggia di Versailles non sono mai stati consumati "amori platonici o altro", come a volte mi è parso di udire sperando di aver compreso male: era semplicemente un omaggio alla Francia con la quale Emanuele aveva rapporti di lavoro al punto che fu insignito della alta onorificenza della Legion d’onore. In quel salotto le zie, che in gran parte ho conosciuto come da documentazione personale fotografica, ricevevano le visite delle signore della città. Esiste un articolo emblematico di un tè organizzato a casa Fizzarotti. Non è casuale che il ricevimento in occasione della inaugurazione della Università ebbe luogo in quelle sale con la presenza del prof.Nicola Pende, il noto endocrinologo. Chi si era battuto, insieme ad altri, per ottenere l’Università a Bari fu proprio Emanuele. Della sala del Caminetto poi che dire? Nessun luogo da riunione segreta ma luogo di programmi e proposte, dibattiti e studi per la Città che guardava ad Oriente, cioè a Levante e non altro. Il pavimento in legno riproduce una ipotesi della storia della vita.
Lei è a conoscenza di una Fondazione che porta il suo nome?
Ho appreso dell'esistenza di tale Fondazione casualmente. Avevo udito superficialmente di una idea di fondare qualcosa, forse una associazione ma certo non di una Fondazione che portasse il cognome di zio Emanuele e anche il mio. Personalmente non ho mai dato alcun consenso né scritto né orale. D'altra parte come avrei potuto? Io lavoro in ambito anche artistico e culturale e mai avrei confuso con altri il mio lavoro creando possibili equivoci vari. Certo il tutto significa un riconoscere la valenza della famiglia, ma l’uso del cognome non associato per esempio al Palazzo mi lascia pensierosa. Mi riservo di verificare ogni presupposto che riguardi l‘uso del cognome. E ovviamente chiarisco anche in questa sede che prendo le distanze da tale “Fondazione“ che nulla ha a che vedere con me.
Solo Lei sente di verificare tutto questo?
Io sento di farlo perché e’stato proprio mio padre a seguire tutte le vicende delle zie e io custode di documenti e storia oltre che essere come già detto conosciuta da anni proprio in ambienti artisti e culturali.
Mio nonno paterno di nome Raffaele ed Emanuele erano fratelli e mio padre è stato colui che ha curato e custodito le tradizioni familiari e ha tenuto fede agli esempi ricevuti in tutta la sua vita e in modo particolare come Amministratore pubblico. Ha conservato documenti e testimonianze. Non a caso ebbe a precisare in una lettera di chiarimento inviata al Direttore de “La Gazzetta del Mezzogiorno” il 7 febbraio del 1995: “Essendo rimasto l’unico nipote diretto di Emanuele Fizzarotti, desidero precisare che i miei cugini Alfonso e Vittorio furono costretti a cedere il palazzo, che ancora oggi è designato con il nome della nostra famiglia, per far fronte ai vari impegni derivanti dalla chiusura delle tre sedi della Banca. Esempio della serietà e del senso dell’onore di uomini di altri tempi”.
(Emanuele Fizzarotti) |
Lei ha scritto su Suo zio Emanuele e il Palazzo che in fondo rappresenta gran parte della famiglia?
Certo: ho scritto sia pagine di divulgazione che articoli gentilmente ospitati da “La Gazzetta del Mezzogiorno“, oltre a un libro dedicato a mio padre (L’uomo delle mani magiche, Grafischena, 1999) e poi rieditato nel 2020, in occasione dei 25 anni dalla dipartita di mio padre, ovviamente aggiornato con il titolo “Mio padre. Angelo Fizzarotti, La passione per la politica e la musica” per i tipi di Schena,in cui sono pubblicate notizie certe e veritiere sia circa Emanuele Fizzarotti che intorno al Palazzo Fizzarotti che ben rappresenta il sentire della famiglia compreso quello di mio padre e mio. Ma anche nel libro pubblicato da Levante Editori dal titolo “ La mia anima“ (2016) ribadisco quanto sempre affermato perché ascoltato e vissuto in prima persona e letto nei documenti in mio possesso.
(Aldo Moro e Angelo Fizzarotti, amici da sempre, nel giorno della fondazione della Fuci a Bari) |
Altri hanno scritto di Suo zio e della sua famiglia paterna ?
Si. Sono state elaborate due tesi di laurea di cui una del giovane Antonio Desiati. Il dott. Desiati si è avvalso sia di quanto da me scrupolosamente custodito che di una seria ricerca d'archivio. E’ stata anche analizzata la storia della Banca Fizzarotti quale modello d’avanguarde in altro lavoro universitario
(Angelo Fizzarotti e Carmelina in viaggio di nozze a Roma in compagnia di Zia Mattia, vedova di Emanuele Fizzarotti e della Contessa Mazzitelli e del consorte) |
I motivi sono tanti ma quelli che mi sembrano degni di nota sono i seguenti. Erano amici del re Nicola del Montenegro e poi di conseguenza ebbero rapporti con casa Savoia. Il nome dell’architetto Corradini deriva da queste frequentazioni e devo chiarire subito che la regina Elena in occasione dell’abiura non fu ospite a palazzo Fizzarotti ma, da quanto ascoltato in famiglia, in ben altre occasioni. Purtroppo forse durante una delle mie rare visite guidate i presenti avranno frainteso non essendo forse io stata esaustiva.
Uno dei figli di Emanuele sposò la contessa Adelina Mazzitelli, figli a di un generale di Corpo d’armata di Sua Maestà. Mio padre e mia madre in viaggio di nozze furono ospiti suoi e a casa di Adelina viveva anche la vedova di Emanuele, zia Mattia. E’ stato mio padre a curare poi la vendita della tomba di famiglia che fu acquistata dalla famiglia Resta. Io sono stata testimone di tutto ciò.
Il Corradini con il Bernich interpretò pienamente il pensiero e la stessa storia familiare in interazione con la storia della nostra terra e del Mediterraneo.
Emanuele Fizzarotti era davvero una persona geniale che amava la Puglia ed entrambe le città di Bari e di Lecce. La prima di adozione e la seconda di nascita. Questa la ragione dei due tondi sulla facciata insieme ad altri due tondi di cui il primo “Inter flammas vivit“ fa riferimento allo Spirito immortale dell’amore e il secondo assunto a stemma familiare (dispiace vederlo dovunque senza molto senso: certo fa parte della architettura ma non altro...) dice esattamente “Quamquam fractae vulnerant”. Si tratta di un monito molto serio. Le azioni dell‘essere umano, anche dopo la inevitabile morte, continuano a ferire: dunque un invito a comportamenti etici in ogni momento della esistenza.
Ma ancora mi preme precisare che il fratello della madre di Emanuele e dei suoi fratelli compreso mio nonno Raffaele, mi riferisco alla mia diretta bisnonna Consiglia Corallo era il noto, a Lecce, Mons Luigi Corallo ritenuto sempre un benefattore dell’umanità sofferente.
Come vede le fole che talora si raccontano sono senza fondamento alcuno. Ricordo che mia madre, pur in tarda età ma lucidissima, fu costretta a redarguire per iscritto alcuni che raccontavano la storia in modo assolutamente distorto.
(Palazzo Fizzarotti agli albori) |
Leggo, ahimè, tutto questo e non posso che dolermi nel vedere come si possa non comprendere il desiderio di conoscenza che sempre ha animato Emanuele come anche mio padre e me, e certamente altri familiari, confondendo i discorsi che divengono fuorvianti.
Ma guardiamo da vicino le cose: innanzitutto è d’uopo chiarire che il termine esoterismo non sta ad indicare nulla di occulto o altro se non proprio la ricerca di tutto ciò che di universale si cela nei simboli e metafore della nostra vita di esseri umani. C. Jung in questo è stato maestro. E’ evidente che il numero tre che ricorre nel Palazzo (in tre parti diviso l’ingresso, tre sono i piani d'abitazione, tre le sale di rappresentanza intercomunicanti, e così via, e’ associabile alla perfezione divina secondo la nostra cultura. Le parole di Virgilio incise nella Sala delle Arti e dei Mestieri invitano all’amore che vince ogni cosa (Amor vincit omnia); i riferimenti alla Divina Commedia di Padre Dante (non dimentichiamo che ancora si ricorda in quest’anno Dante) stanno a significare come l’essere umano per poter rivedere le stelle deve entrare dentro il suo intimo inferno e purificarsi. Una sorta di catarsi.
Dispiace davvero che si parli di questa meravigliosa opera architettonica come tempio di altre ottiche della vita. Certo capisco che in questa epoca tutto fa gioco ma solo l'affermazione della verità delle cose fa bene a tutti.
A volte devo dire con franchezza che mi amareggia tutto ciò. Lo zio Emanuele con tutta la famiglia (sorelle e fratelli) era cattolico liberale. Non a caso nella Chiesa di San Giuseppe vi è nella navata laterale destra una rappresentazione della Vergine con il Bambino e in preghiera il nucleo famigliare dello zio e sullo sfondo il palazzo di famiglia.
(Palazzo Fizzarotti) |
Chi erano gli artisti che hanno partecipato a decorare le sale?
Molti artisti. Fu anche istituito un Circolo per gli Artisti: Rega, Favia e spesso ho udito in famiglia il nome di Prayer ma anche di Montrone, il pittore delle candele. Le maestranze giunsero da Ravenna ma anche del Montenegro.
(Documento d'epoca) |
E’ una famiglia proveniente dalla Spagna con tutte le memorie moresche che evidentemente affiorano nella architettura, ma il legame di Bari con Venezia e’ stato enfatizzato dal Corradini tant’è che rappresenta in una tela da lui dipinta la liberazione di Bari dai Saraceni da parte del Doge Orseolo II. Una pittura decorativa che non intende assurgere ad opera d'arte e che trovasi nella sala centrale che era la sala delle danze, delle feste. Nella stessa sala vi è un altro dipinto dello stesso Corradini che raffigura il Corteo nuziale di Federico II e la giovanissima sposa Jolanda di Brienne, figlia del re di Gerusalemme. Ma non è tutto: lo zio Emanuele accettò e firmò la nomina di Agente generale per tutto il Mezzogiorno della Standard Oil Company durante un incontro presso l’Hotel Danieli a Venezia. Secondo i racconti di mio padre pare che fosse diventato una persona di fiducia Rockfeller.
(Il sigillo di famiglia di proprietà di Santa Fizzarotti Selvaggi) |
E i simboli che ci sono che cosa significano in realtà?
Sono i simboli universali dell’umanità. Null'altro. Il Mercurio che viene rappresentato sul pavimento dell'ingresso del primo piano ha una doppia valenza: l’astuzia e l’intelligenza ma anche il monito degli inganni che spesso si celano nel mondo economico e commerciale. Questo simbolo e’ stato frainteso e interpretato diversamente da alcuni. Nella Sala Rococò, la sala delle rose, per esempio dove il pavimento riproduce uno simile che è’ nella reggia di Versailles non sono mai stati consumati "amori platonici o altro", come a volte mi è parso di udire sperando di aver compreso male: era semplicemente un omaggio alla Francia con la quale Emanuele aveva rapporti di lavoro al punto che fu insignito della alta onorificenza della Legion d’onore. In quel salotto le zie, che in gran parte ho conosciuto come da documentazione personale fotografica, ricevevano le visite delle signore della città. Esiste un articolo emblematico di un tè organizzato a casa Fizzarotti. Non è casuale che il ricevimento in occasione della inaugurazione della Università ebbe luogo in quelle sale con la presenza del prof.Nicola Pende, il noto endocrinologo. Chi si era battuto, insieme ad altri, per ottenere l’Università a Bari fu proprio Emanuele. Della sala del Caminetto poi che dire? Nessun luogo da riunione segreta ma luogo di programmi e proposte, dibattiti e studi per la Città che guardava ad Oriente, cioè a Levante e non altro. Il pavimento in legno riproduce una ipotesi della storia della vita.
(La lettera citata nell'intervista) |
Lei è a conoscenza di una Fondazione che porta il suo nome?
Ho appreso dell'esistenza di tale Fondazione casualmente. Avevo udito superficialmente di una idea di fondare qualcosa, forse una associazione ma certo non di una Fondazione che portasse il cognome di zio Emanuele e anche il mio. Personalmente non ho mai dato alcun consenso né scritto né orale. D'altra parte come avrei potuto? Io lavoro in ambito anche artistico e culturale e mai avrei confuso con altri il mio lavoro creando possibili equivoci vari. Certo il tutto significa un riconoscere la valenza della famiglia, ma l’uso del cognome non associato per esempio al Palazzo mi lascia pensierosa. Mi riservo di verificare ogni presupposto che riguardi l‘uso del cognome. E ovviamente chiarisco anche in questa sede che prendo le distanze da tale “Fondazione“ che nulla ha a che vedere con me.
Solo Lei sente di verificare tutto questo?
Io sento di farlo perché e’stato proprio mio padre a seguire tutte le vicende delle zie e io custode di documenti e storia oltre che essere come già detto conosciuta da anni proprio in ambienti artisti e culturali.
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