ROMA - Si è conclusa al terzo giorno l'assemblea fiume del Movimento 5 Stelle. L'incontro, iniziato sabato scorso, proseguito domenica e riconvocato oggi a partire dalle 14, è stato l'occasione per un confronto a tutto campo tra le varie anime del Movimento: da un lato la componente contian e antigovernativa, dall'altro quelle che sono contrari a lasciare il governo.
Alla fine Giuseppe Conte ha tirato i fili e ha concluso così: "Ora la decisione non spetta a noi ma al presidente del Consiglio Draghi". E ancora: "l'atteggiamento di responsabilità ci impone di chiedere al presidente Draghi che le priorità che abbiamo indicato siano messe all'ordine del giorno del governo".
Nel corso del suo intervento conclusivo, il leader del M5S ha anche sottolineato la "coerenza" e la "chiarezza" della linea del Movimento come ha dimostrato l'assemblea.
Ma in realtà la frattura è più stretta. Per tutta la giornata, voci di un imminente documento che porterebbe all'uscita di una parte (chi dice 15, chi 30) dei deputati del gruppo e di alcuni senatori, a Palazzo Madama, come è noto, la maggioranza è sempre critica il governo Draghi. Chi conosce bene i pentastellati assicura che la scissione sarà annunciata domani. Insomma, la giunta che Giuseppe Conte aveva convocato per fermare il blitz alla Camera di Davide Crippa non ha prodotto il risultato sperato.
A Montecitorio il capogruppo sta organizzando la sua pattuglia di scissionisti che non si unirebbero al gruppo Insieme per il futuro di Luigi Di Maio e che potrebbe includere anche il ministro Federico D'Incà che ieri ha chiarito la sua posizione in Assemblea chiedendo una "tregua" per consentire al governo di concludere le riforme legate al PNR.
Insomma, l'operazione di "svuotamento" del M5s continua e a prescindere dai numeri permetterà a chi l'ha appoggiata, Pd e ministro degli Esteri, di sostenere che è solo il partito di Conte ad essere contro Draghi...