“Dissolute e maledette”: le donne dell’antichità nella macchina del fango


FRANCESCO GRECO -
Quella che si dice: la macchina del fango. Alimentata essenzialmente da due fattori: il maschilismo sottinteso, scontato, e la forma mentis cristiana che sostanzia “l’odio di genere”, il dito sistematicamente puntato sui “dissoluti costumi del mondo pagano”. Per cui, o sono lussuriose, o meretrici, peccatrici, assassine. O tutte queste facce insieme. E non bisogna fare sconti.

Adottassimo il format freudiano, dovremmo parlare di invidia del pene, paradigma rovesciato. Non potendo competere con le loro intelligenze, non restava che il fango etico, il moralismo da mercatino della suburra, a futura memoria.

Non se ne salva nessuna. Il sommo Dante sa bene che Semiramide fu una sovrana illuminata, una guerriera, che fondò Babilonia, cambiò il volto della Mesopotamia con parchi, sontuosi palazzi, i celebri giardini pensili, ma preferisce la declinazione moralistica, la marchia come lussuriosa, come un’influencer, una icona pop del nostro tempo.

Una donna giovane e bella rimasta vedova di Nino, avrebbe dovuto rinchiudersi in un monastero per farlo contento ed essere politicamente corretta per il poeta bigotto?

Altre visuali la danno teneramente innamorata di un principe di un regno confinante, sospirare per il suo sentimento, Ma la versione pulp è più commercializzabile, fa più effetto.

Così la regina diviene una archetipo, usato e abusato da secoli, sia nel tempo antico, ma anche in epoche successive, quando le avrebbero spinte sui roghi. Nel mosaico dei valori della cultura occidentale.

Vale anche per Cleopatra, non fine statista sulla scena del Mediterraneo con i grandi del suo tempo, che seduce, ma femmina sempre in calore. Forse neanche il tour sul Nilo con Cesare è vero. Quando mai ci si porta dietro un esercito, se bastano un paio di bodyguard? “Meretrix regina”, secondo la propaganda che traduce il pensiero di Ottaviano. La cui figlia, Giulia, è vittima anch’essa della macchina del fango: fu esiliata perché amava la vita o per il fatto che con i suoi amici vitelloni complottava?

Con la maestria impareggiabile che abbiamo imparato a conoscere, e apprezzare, la sconfinata bibliografia, i riferimenti storici e l’essenzialità dello stile, Lorenzo Braccesi rende giustizia alle donne di potere più infamate che si conoscono in “Dissolute e maledette” (Donne straordinarie del mondo antico), Salerno Editore, Roma 2022, pp. 156, euro 16,00, collana “I Mosaici”.

La gallery è nutrita e se ne potrebbe concludere che il maschilismo che addotta il format della virtù cristiana, non vuole confrontarsi con le sottili intelligenze di queste donne d’azione che hanno fatto la Storia, risolve tutto nel chiacchiericcio amplificato, nel gossip alla dagospia, nell’immortale darsi di gomito al mercatino rionale: “Da non credere, signora mia!”.

Braccesi le restituisce al loro ruolo di statiste acute e colte, energiche, amate dai loro popoli, modelli immortali per le donne che vogliono lasciare una traccia del loro passaggio. Non per partito preso, ma facendo parlare le oggettive dinamiche storiche.

Forse l’immagine sarebbe stata diversa se si fossero risolte a scrivere brevi manu le loro memorie, come fecero Cesare e lo stesso Ottaviano.